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25 Aprile 2023: anno antifascista degli IMI (Internati Militari Italiani)

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25 aprile festa della liberazione

25 aprile festa della liberazione

di Maurizio Nocera

Il 25 Aprile 2023, festa della Liberazione e dell’orgoglio antifascista, è un anno cruciale per la Repubblica Italiana, nata dalla Resistenza al regime dittatoriale di Mussolini. Perché cruciale? Perché i neo-nazifascisti (così vanno definiti coloro che oggi professano idee razziste, violente e antidemocratiche), hanno occupato tutto quel che c’era da occupare in Italia. Nei decenni che ci separano dalla vittoria delle forze di Liberazione (1945), i neo-nazifascisti politicamente hanno rappresentato solo un residuale nostalgico, anche se poi a loro (Brigate Nere e Brigate rosso/nere) va fatto risalire ogni tipo di strage o di attentato politico. Per l’esattezza le stragi hanno un solo colore politico: il nero dei neo-nazifascisti.

È un momento pericolosissimo per le istituzioni, soprattutto per le sorti della Carta fondamentale dallo Stato, la Costituzione, che fu il risultato meraviglioso (si dice che sia la Costituzione più bella del mondo) di un ventennio di lotta dei partigiani e dalle partigiane, dai patrioti e dalle staffette delle brigate sui e nei luoghi che Calamandrei definì il terreno dentro al quale si era svolto uno scontro accanito tra due schieramenti: quelli che difendevano il fascismo mussoliniano e quelli che lo volevano abbattere, anche a costo di immani perdite umane. L’alleanza di Mussolini con il nazista Hitler fece traboccare il vaso, tanto da permettere, finalmente, l’abbattimento di entrambi quegli immondi regimi a suon di sberle a quei dittatori.

Il 25 Aprile 1945 è una data da ricordare sempre, almeno fino a quando in questo Paese resta vivo il ricordo della lotta partigiana e della Resistenza tutta. Certo, ed è pure vero, che nei 47 anni (1948-1994) di assoluto potere della Democrazia Cristiana, tutto è stato fatto per dimenticare quell’epica esperienza. Ci hanno pensato le forze più retrive della nostra società, appunto i neo-nazifascisti, assieme a interessi di oltreoceano, che non si sono tirate indietro a colpire il popolo italiano con attentati (emblematico quello a Palmiro Togliatti nel 1948), tentativi di colpi di Stato (emblematico quello del neo-nazifascista Borghese), stragi (Bologna, Brescia, Italicus, ecc.) e violenze varie.

Dal 1947 ad oggi, il popolo italiano è stato tenuto sempre sotto scacco. Le responsabilità di questo stato di cose non sono di tutti e non di tutte le forze politiche e sociali del Paese. Il tentativo di negare il contributo dato alla Democrazia italiana dalla lotta partigiana parte ancor prima dello stesso 1947. Esattamente dalla data della caduta del regime mussoliniano: 25 luglio 1943. I nazisti tedeschi, che in quel momento occupavano l’Italia, non accettarono il responso di 20 anni di lotta antifascista. Indimenticabile è il contributo di grandi salentini: Carlo Mauro di Galatina, Giuseppe Calasso di Copertino, la famiglia Povero di Lecce, la famiglia Foscarini di Gallipoli, Giuseppe Pisanelli di Tricase, altri ancora. Per cui, dopo la Liberazione delle Forze Alleate dell’Italia del Sud, nel Nord Italia i nazisti si inventarono la Repubblica Sociale Italiana (RSI, cosiddetta Repubblichetta di Salò), con una sorta di esercito ridicolo e inefficace. L’unica cosa di cui si sono potuti vantare i repubblichini della RSI è stata quella di avere indossato la divisa fornita loro dalle SS. Occorre sapere che in quel momento l’esercito italiano era composto da poco più di 800 mila soldati, di cui il 90% non accettò l’ordine nazista di aderire direttamente alla Wermacht o, in seconda battuta, alla RSI. Quel 90% di eroici soldati italiani sono ricordati oggi come IMI (Internati Militari Italiani).

Il loro olocausto ha significato 30.946 uccisi in combattimento, o giustiziati dalle SS o dalle milizie della RSI; 43.689 morti nei lager sotto diverse denominazioni; 7.690 nei territori occupati; 7.500 nei trasporti navali. Gli IMI della Puglia hanno pagato un prezzo altissimo. Questi i dati: Bari, 2.403 rientrati / deceduti 766; / totali 3.169; BAT, rientrati 855, deceduti 357, totali 1212; Brindisi, rientrati 10171, deceduti 228, totali 1299; Foggia, rientrati 2111, deceduti 651, totali 2762; Lecce, rientrati 1573, deceduti 654, totali 2227; Taranto, rientrati 918, deceduti 268, totali 1186. I totali complessivi della Puglia sono: rientrati 8931, deceduti 2924, totali 11855. Quest’ultimo dato è solo parziale perché riferito ad una parte degli IMI pugliesi che invece risulterebbe essere oltre 30.000.

Ecco alcune date che stanno alla base della vicenda degli IMI:

– 10 giugno 1940, l’Italia fascista mussoliniana entra in guerra al fianco dei nazisti tedeschi;

– 24-25 luglio 1943, crollo del fascismo mussoliniano;

– 8 settembre 1943, viene reso noto l’armistizio tra le Forze Alleate e il governo Badoglio;

– contestualmente nasce la Repubblichetta di Salò (RSI);

– contestualmente, al Nord Italia, nasce il Movimento partigiano; 

– contestualmente, i nazisti, con la collaborazione dei fascisti italiani, pretendono di imporre agli 800 mila soldati di leva italiani di aderire alla RSI. Si tratta di soldati che, dopo la figa di Vittorio Emanuele III e Badoglio a Brindisi e Maglie, si trovavano ormai allo sbando.

Dato di eccezionale importanza: 650 mila (il 90% di cui sopra) soldati si rifiutarono di aderire alla repubblichetta di Salò. La brutale conseguenza dei nazisti a quel rifiuto fu la rappresaglia e il loro internamento come “prigionieri di guerra” nei lager tedeschi. La condizione di IMI di fatto li privò delle garanzie per i prigionieri di guerra sancite dalla Convenzione di Ginevra trasformandoli in “lavoratori civili” nel periodo che va dall’autunno 1944 al maggio 1945. Alcuni soldati che non si fecero internare, aderirono subito alla lotta partigiana, scrivendo sul grande libro della Storia d’Italia, una delle pagine più belle e orgogliose.

La provincia di Lecce diede un contributo notevole alle vicende belliche: 1226 furono i combattenti della Libertà per la Democrazia (860 partigiani, 157 patrioti, il resto individuati in altre attività antinazifasciste), di cui 159 Caduti e 65 feriti; 465 antifascisti, di cui 11 uccisi da mano fascista; circa 1573 deportati IMI nei lager nazisti, di cui 654 deceduti e 24 dispersi in mare. Interessante è anche un altro dato: tra i combattenti salentini della Libertà per la Democrazia, ci sono stati 64 carabinieri e 11 musicanti. Il primo Caduto di tutta la lotta partigiana in Italia è Ludovico Patrizi, di Cursi, ucciso la notte dell’8 settembre 1943 dalla SS sul ponte Decimo (oggi ponte Ludovico Patrizi) a Genova. Sul Medagliere dell’ANPI di Lecce figurano conferite ai combattenti salentini (Lecce e provincia): 3 medaglie d’oro al valor militare; 19 medaglie d’argento; 17 medaglie di bronzo; 17 croci di guerra.

La Guerra di Liberazione e la Resistenza partigiana furono grandi movimenti di massa che coinvolsero l’intera penisola, con la specificità di vedere agire nel Meridione le Forse Alleate e nel Nord Italia i combattenti partigiani/e. Tra le centinaia di migliaia di combattenti, migliaia e migliaia furono le donne e gli uomini del Sud. Per tuto ciò noi, che oggi godiamo delle libertà democratiche, non  dobbiamo dimenticare mai che la Resistenza italiana all’oppressione fascista mussoliniana (1922-1943) e l’insurrezione popolare contro l’occupante nazista hitleriano (1943-45) sono state soprattutto una prerogativa degli antifascisti italiani, molti dei quali caddero sui vari fronti in Italia e all’estero affinché si affermassero i valori di giustizia sociale, libertà e democrazia. Anche la vittoria della forma repubblicana dell’Italia nel referendum del giugno 1946 e l’entrata in vigore (1 gennaio 1948) della Costituzione, sono anch’esse conquiste che portano la firma della Resistenza. Tutta l’Assemblea Costituente fu composta da antifascisti, molti dei quali erano stati partigiani, patrioti, staffette e collaboratori resistenziali. I dati parlano chiaro: sui campi di battaglia non ci furono solo uomini e donne del Nord, ma di tutta l’Italia in un afflato ideale che rese forte il nostro popolo e riscattò il Paese dal baratro in cui era stato gettato. È ormai noto a tutti che nelle formazioni del Corpo Volontari della Libertà, delle Brigate Verdi e di quelle Garibaldine c’erano siciliani, campani, abruzzesi, molisani, lucani, sardi, calabresi, pugliesi. A dircelo (1975) fu il martire della Democrazia italiana, Aldo Moro, trucidato da uno sprovveduto manipolo di avventurieri gestiti direttamente dai servizi segreti italiani e stranieri.

Onore al martire Aldo Moro.

Onore e Gloria agli IMI (Internati Militari Italiani)

* Tutti i dati numerici sono stati tratti dalla rivista dell’ANPI «Patria Indipendente»

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