A mo’ di prefazione: “Eracle, Ulisse, Achille, Omero e i Mirmidoni” Una storia quasi vera un libro di Pompeo Maritati

L'ultimo libro di Pompeo Maritati
di Pierfranco Bruni
Il mito si veste con gli abiti dei simboli e questi abitano gli archetipi che superano la storia pur dialogando spesso con la ragione. Ma la Ragione viene un passo dopo Omero pur in una grecità profonda che fa della poesia l’onirico che è un attraversamento tra gli orti della memoria e dell’ascolto.
Nella Grecia di Omero c’è l’Omero che non smette di accompagnarci in una visione di orizzonte e di ricordanza. Punti di riferimento che non sono scavi archeologici (soltanto) ma insiste proprio nel mito una archeologia della conoscenza (o del sapere come ebbe a dire Michel Foucault) che trova in questo immenso e straordinario libro di Pompeo Maritati una chiave di lettura dentro un palcoscenico che è fatto di narrazione, io narrante e viaggi.

Viaggiare nella terra del mito tra il ritorno e la presenza del “fatto” come elemento “eroico” costituisce l’inciso non solo fondamentale ma fondante. Un attraversamento tra gli eroi e i miti. Ovvero tra il furore e la nostalgia. Achille e Ulisse sono un transito? Itaca è il porto sicuro o la salvezza o resta un ungarettiano porto sepolto che si vorrebbe far venir fuori dalle acque dei Mediterranei? Su queste metafore si incentra il ricercare di Maritati.
Su questi incisi si focalizza l’incipit della parola e la continuità del linguaggio che sono dettati da segni e da immagini. Immagini immaginati e pensati prima di essere immaginati? Un interrogativo che si solleva proprio nel cerchio tra il mito e l’altro da sé del mito: la magia. Non siamo nel sacro. Anche questo è distante.

L’uomo è cronos. Il tempo plotinamente siamo noi o forse? Ma è il mito, in fondo, che ha la sua singolarità dell’essere. Un essere tempo. Ma non si ha poesia senza mito come ci ha insegnato Pavese. E siamo a questo libro che non ha nulla di geografico da cartina. È una geografia dell’esistenza che è grammatica del vissuto nel vivere e del vivere nel vissuto.
Si apre una finestra e appare la stanza e dopo la stanza – capitolo si entra in un labirinto dal quale è possibile uscire soltanto se abbiamo nel cuore il focolare domestico. Itaca è un porto ma anche un’isola.
Pompeo Maritati è un errante che cercandosi – ritrovandosi si ritrova non smette di cercarsi. È un libro tutto da leggere, da indagare, da sottolineare e da vivere come se fosse il mosaico che portiamo tra le nostre mani.

Tassello dopo tassello troviamo anche la nostra piccola nicchia o l’uscita di sicurezza come fece Ulisse nella grotta di Polifemo. La libertà è oltre e altrove, ma soprattutto dentro di noi ed è nella consapevolezza proprio di abitare fino in fondo quel nostos che il mito dichiara. Ma Omero si è sbagliato?
Rispondere sarebbe saggio? Ma non rispondere è una virtù che trova nella pazienza una religiosa attesa. Forse proprio per questo in “ERACLE, ULISSE, ACHILLE OMERO E I MIRMIDONI” (arricchito di immagini e di foto esplicative) pur ponendo al lettore una domanda, l’autore gira nel cerchio importante e imponente della Attesa.

Come per dar ragione a Pompeo Maritati nella sua chiusa: “Lasciando agli archeologi e a tutti gli addetti ai lavori di darci le opportune e necessarie certezze, questo non ci esime di continuare a cavalcare i nostri sogni e le nostre fantasie, sbarcare a Itaca, recarci al palazzo di Ulisse, sperando di poterlo incontrare insieme a Penelope e farci finalmente raccontare da lui la sua storia, la storia dell’uomo più conosciuto e invidiato da tutto il mondo in pantofole”.
Abbiamo ancora bisogno di chiederci e di chiedere una risposta? Non credo. Perché il mito è oltre la stessa archeologia.
