IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

A scuola di empatia di Elena Tempestini

Panorama-di-Firenze

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Nessuno lontano dalla verità, può dirsi felice.

Siamo ingabbiati in una società che elogia l’individualismo ai limiti dell’eccesso con la ricerca spasmodica di un benessere illimitato e finalizzato al proprio vantaggio personale. E’ una tragedia culturale, sociale, ed economica. Una società che apparentemente urla, ma nei fatti fluisce in un silenzio rassegnato, spesso complice di atteggiamenti negativi. Viviamo subendo crisi economiche, affettive, psicologiche, etiche come se fossero la normalità, lasciando che al posto nostro agisca la politica, l’amministrazione e la società in generale, come se fossimo alla ricerca disperata di un surrogato della felicità. Seneca nel primo secolo d.C. scriveva:

“Nessuno lontano dalla verità, può dirsi felice” 

La felicità è il benessere dell’essere umano, si forma sul concetto di empatia, la quale aiuta a costruire relazioni, a credere in se’ stessi, a prevenire il bullismo giovanile e a creare una buona resa sul lavoro. Con l’empatia si da’ vita all’appagamento della persona alimentando il motore interno dell’evoluzione, della crescita e della maturazione positiva, sia individuale che collettiva.

A scuola di empatia

Lo sanno bene in Danimarca, paese con un’ottima qualità di vita, dove l’empatia è divenuta una materia obbligatoria di studio fin dalle classi dei più piccoli. Lo studio dell’empatia è inserito in un’ora alla settimana nella “Klassens tid”, dove gli alunni imparano ad aiutare i compagni e a competere solo con se stessi, a condividere e agire in squadra, a comprendere che il Noi è molto più significativo e gratificante dell’Io. 

Sembra una scoperta quasi moderna, ma dimentichiamo che da millenni la nostra cultura ci ammonisce di avere la volontà di conoscere noi stessi per evolverci, migliorarci e imparare che siamo esseri viventi in risonanza gli uni con gli altri. 

L’uomo è da sempre alla ricerca di emozioni e sensazioni che creino uno stato di benessere  per il corpo e la mente, emozioni che insegue con il timore di non riuscire a provarle e al tempo stesso con l’ansia di perderle per sempre. Praticamente un ginepraio mentale che complica inevitabilmente il concetto di felicità. 

Epicuro, in una “Lettera sulla felicità” a Meneceo, sostiene che non c’è età per conoscere la felicità: non si è mai né troppo vecchi né troppo giovani per occuparsi del benessere dell’anima, e classificò i piaceri dividendoli in tre grandi categorie:

“Naturali e necessari”, come: l’amicizia, la libertà, l’Amore familiare e coniugale, un tetto come riparo, il cibo, il vestiario, la salute, le cure mediche ecc

“Naturali, ma non necessari” come: il lusso e la continua ricerca di abbondanza oltre il necessario.

“Non naturali e non necessari”, come il successo, il potere, la gloria, la fama e l’elogio dell’ego. 

La scienza ci aiuta a comprendere

La scienza di oggi spiega e dimostra che i concetti e le parole tramandate fin dall’antichità erano alla base di una buona conoscenza dell’essere umano: “Il cervello non è un vaso da riempire, ma una lampada da accendere” diceva Plutarco.

Negli anni novanta del XX secolo sono stati fatti passi da gigante nello studio della neurologia quale fondamento scientifico alle dinamiche dell’empatia. È stato dimostrato che noi tutti siamo determinati dalla nostra natura biologica e dalla cultura. Quindi tutto il nostro comportamento ha due radici che si uniscono formando una personalità. Poi se la società è organizzata bene, le cose positive legate alla nostra natura biologica riescono a svilupparsi, se è organizzata male non si sviluppano, anzi vengono recise. 

Quale parte del cervello attiva queste emozioni?

Anatomicamente questo avviene grazie all’attivazione dell’insula, una parte di corteccia cerebrale che si trova tra il lobo temporale e il lobo frontale, il punto mentale di raccolta dell’emotività, quello che ci permette di percepire gli stati emotivi degli altri. L’insula e’ il punto di confluenza del nostro essere, dove prendiamo coscienza del nostro corpo e della nostra mente. Se riusciamo a godere della bella musica o di un buon calice di vino, lo dobbiamo a questa area del cervello.

Un legame naturale che unisce gli esseri umani, e che ci spiega scientificamente il perché del concetto “ama il tuo prossimo come te stesso”. È un processo emozionale che si associa ai neuroni a specchio, la parte neurologica che come uno specchio ci riflette i nostri comportamenti in ciò che osserviamo. Se guardiamo un’altra persona con disgusto, rabbia o sentimenti negativi, si attiverà in lui esattamente la stessa zona del l’insula e le stesse percezioni emozionali creando un invisibile ma reale conflitto. Se provo all’incontrario, emozioni di amore, passione, gratitudine e positività riuscirò nello stesso intento. 

È attraverso questo punto del cervello che si collegano le esperienze del mondo esterno con la percezione delle nostre emozioni interne.

L’insula è il punto di massima beatitudine, quello che spesso sentiamo citare in inglese come “Bliss Point”, applicato a molti settori quali economia, psicologia, e ahimè alla base del cibo spazzatura, il junk food mondiale del settore alimentare. 

Se l’economia studia il punto massimo di beatitudine quale qualità di consumo, l’industria alimentare ci rende inconsapevolmente quotidiani fruitori di abitudini che neanche immaginiamo.

Il punto di beatitudine 

Il punto di beatitudine viene raggiunto dalla percezione di sapori che ci piacciono, ci appagano. Ai cibi conservati, vengono aggiunti degli aromi che sono un mix perfetto di : grassi zuccheri e sali. Sono aromi che danno soddisfazione quasi inconsapevole alle esigenze del consumatore, creando delle dipendenze simili in tutto a quelle delle droghe.

L’empatia era già ben conosciuta dagli antichi greci ed applicata all’arte per stimolare emozioni. Dopo la cultura egizia, progredita più lentamente, sono stati i greci e i romani a fomentare un’accelerazione evolutiva della società. Ce lo dimostrano degli esperimenti scientifici portati avanti dal team di Parma diretto dal Prof. Giacomo Rizzolati, neuro scienziato, scopritore dei neuroni a specchio, e di un team di neuro scienziati giapponesi, per evidenziare il rapporto tra neuroni a specchio e arte:

“Abbiamo preso delle opere d’arte classiche greche e con un algoritmo che ci hanno prestato alcuni ingegneri le abbiamo lievemente modificate allungando o accorciando le loro equilibrate misure. Le abbiamo poi fatte vedere ai soggetti presi in esame e abbiamo guardato che cosa succedeva nel loro cervello utilizzando la risonanza magnetica funzionale. Abbiamo dimostrato così che nel cervello umano esiste una sincronia fra azione e osservazione.
Innanzitutto le opere greche originarie attivano il cervello molto più di quelle modificate, ma la cosa più interessante è che attivano quelle aree emozionali dove ci sono i neuroni specchio dell’empatia (dal greco: sentire dentro). Quindi il meccanismo che hanno inventato questi scultori greci non è solo di attivare la corteccia cerebrale e di ‘incendiare’ i circuiti nervosi mettendo in moto migliaia di funzioni, ma anche di colpire i centri emozionali: cioè l’artista bravo riesce in qualche modo, con la sua opera d’arte, a muovere i centri emozionali. In definitiva l’arte rende più forte l’empatia di chi la guarda, può mettere in moto processi imitativi e quindi la bellezza genera altra bellezza.”

Possiamo comprendere quanto lo studio, la comprensione e la conoscenza dell’empatia e dei neuroni a specchio, possa essere stata l’esplosione della conoscenza culturale umana di millenni fa. 

Oggi, grazie alla solidità della base scientifica è stato dimostrato che l’antica conoscenza si fonda sulla saggezza dell’essere umano, attenuando le conflittualità che per troppo tempo hanno generato divisioni. La speranza è che sia l’inizio di un nuovo umanesimo, di un tempo  che possa accondiscendere al naturale bisogno di cambiamento che percepiamo nel nostro profondo.  

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