A tò Kalòn una serata dedicata a Tomaso Binga, l’artista performativa che scelse un nome da uomo.Con il critico d’arte Salvatore Luperto e le letture di Anna Stomeo

Martedì 8 Aprile alle ore 19.00, a Martano (Lecce), in via Marconi 28, presso il Centro Culturale tò Kalòn, condotto da Anna Stomeo e da Paolo Protopapa, si inaugurano gli “Incontri con l’Arte a tò Kalòn” con la consulenza del critico d’arte Salvatore Luperto e le poesie della grande performer verbo-visuale Tomaso Binga, raccolte nel libro edito da Milella (2024) “Le pene del Pene”. La serata riserverà una sorpresa: il saluto vocale e telefonico agli amici di tò Kalòn da parte della stessa Autrice, che reciterà due poesie tratte dalla raccolta.
Le letture personali ed evocative di Anna Stomeo, sollecitate da Salvatore Luperto, che ha curato il libro e che intrattiene con Binga uno scambio intellettuale attivo e proficuo, contribuiranno a sottolineare la priorità che la dimensione performativa riveste nell’opera di questa grande artista del nostro tempo che, dagli anni Sessanta ad oggi, ha prodotto esperienze intense di sperimentazione e di presa di coscienza civile e di genere. La sua battaglia per la liberazione e l’autonomia femminile comincia sin dal nome maschile, Tomaso Binga, che Bianca Pucciarelli Menna, nata a Salerno nel 1931, sceglie di adottare dagli anni Settanta come provocazione verso il patriarcato benpensante e come rivendicazione di una libertà del pensiero e del corpo intrisa di grande sapienza linguistica e di visioni autenticamente artistiche.
I suoi versi trasgressivi e poeticamente efficaci, nel gioco ironico e provocatorio delle metafore e delle asserzioni, focalizzano, con apparente leggerezza, ma con profonda acutezza, non solo alcuni luoghi comuni dell’immaginario collettivo borghese, appiattito sulla tradizione e incapace di uscire dagli schemi di un moderatismo persino letterario, ma anche i momenti di massima creatività artistica, a cui si può giungere tenendo insieme le ‘due corde’, quella del linguaggio e quella del dissenso.
Tomaso Binga, alias Bianca Pucciarelli Menga, è una poeta verbo-visuale di grande impatto performativo, legata ad una precisa storia artistica estetica e socio-antropologica che attraversa il secondo Novecento e che ha visto l’impegno di tanti artisti e intellettuali italiani, a partire dalle ricerche verbo-visive realizzate dal “Gruppo 63” e da tutto un pullulare di neoavanguardie critiche, diffusesi in Italia dalla fine degli anni Cinquanta del Novecento e determinate a cercare forme espressive nuove e alternative agli stereotipi dominanti nella produzione letteraria italiana, ancora legata al percorso che dai vociani conduce all’ermetismo e lì paradossalmente sembra fermarsi per…mancanza di ossigeno.
L’incontro di Bianca Pucciarelli con il pensiero femminista è dirompente, con l’adesione alle lotte civili di liberazione dalla subordinazione sessuale e la provocatoria assunzione di un nome maschile, Tomaso Binga, “per sposare se stessa”, come, paradossalmente, avviene nel gioco del doppio travestimento di una delle sue più famose performance.
Fondamentale anche la storica esclusione, e poi forzata introduzione, insieme ad altre artiste italiane, tra cui la poeta visiva Mirella Bentivoglio, all’inaugurazione della biennale di Venezia del 1978, dalla quale le donne erano state escluse. Un episodio che costituisce stituisce per Tomaso Binga l’incipit di una carriera artistica eccezionale, perché sempre legata al quotidiano delle donne e al senso storico, sociale ed etico delle loro discriminazioni e delle loro sofferenze.
Con un taglio ironico e sarcastico, volutamente in contrasto con la bellezza e la solarità mediterranea del suo corpo e del suo sguardo, Tomaso Binga scava profondamente nell’identità di genere, come mobile certezza rassicurante, mettendola continuamente in discussione con le parole delle sue poesie, che vengono sottoposte ad un processo di desemantizzazione che le priva del loro significato, ma non del loro senso, lasciando alla creatività poetica dell’autrice, e a quella logico cognitiva del lettore, un ampio spazio di relazione e di confronto creativo.
Il libro, diviso in tre sezioni (Corpo, A Dante, Divagando) si avvale delle presentazioni di Salvatore Luperto e di Carlo Alberto Augieri, che lo arricchiscono di due fondamentali saggi introduttivi, cui segue la preziosa testimonianza diretta dell’attrice e critica Rosa Galantino, che da qualche anno segue, da amica e collaboratrice, il percorso di Tomaso Binga, in tutte le sue manifestazioni pubbliche, valorizzandone i risvolti performativi e conoscitivi.
Le poesie di Tomaso Binga si susseguono nel testo a ritmo incalzante, secondo un criterio grafico di percezione, che allunga gli spazi bianchi e accentua gli aspetti timbrici e vocali delle frasi, in un gioco di suoni e di accentuazioni fonetiche estremamente significativo e simbolico.
Salvatore Luperto che converserà sull’opera di Binga, oltre ad essere direttore del Museo Cavoti di Galatina e ad aver diretto il MACMa, Museo d’arte contemporanea, di Matino, è tra i critici d’arte salentini più accreditati, per i contatti diretti e intensi con gli artisti di maggior rilievo in ambito sperimentale. Ha fondato, a Lecce, la Galleria Art Poetry, che da alcuni anni si presenta come uno dei rari luoghi che promuovono in Salento l’arte contemporanea di alta qualità e di spessore internazionale. Un merito di promozione culturale e divulgativa, che si aggiunge a quello professionale e che Luperto non ha mai smentito, rendendolo ancora più originale con l’interesse per gli artisti verbo-visivi dei quali è diventato un sottile analista.
Tra questi Tomaso Binga, della quale Luperto è tra gli i lettori più attenti sul piano dell’esegesi analitica e critica: dalle tecniche grafiche a quelle di scrittura, dagli strumenti tecnologici adottati, alla priorità del corpo che, attraverso la parola desemantizzata, si fa azione performativa. In questo senso, sottolinea Luperto, in riferimento a Binga, «Il medium del suo pensiero è il segno grafico attraverso cui la parola o frazione di essa, nel suo valore segnico e fonetico, assume altri significati che si pongono al di là del linguaggio lineare per affermare scomode verità»
Nel suo saggio introduttivo, ricco di richiami teorici, Carlo Alberto Augieri, già ordinario di Critica letteraria e di Letterature comparate nell’Università del Salento, tra gli intellettuali e gli accademici salentini più seguiti dalle giovani generazioni, per l’intensità dell’impegno etico e umanistico, oltre che teoretico, ci offre un esempio limpido e alto di analisi ermeneutica e semantico-espressiva dell’opera di Tomaso Bingo. Per Augieri la poesia di Bingo si alimenta della «voce entro la ‘fonia’ della scrittura come bio-logica umanistica di alterità», una sintesi complessa, ma efficace, per definire il senso di una poesia che tocca direttamente la crudeltà dell’umano nel manifestarsi violento del femminicidio, come nella poesia “San San Sangue” nella prima sessione. Il corpo gioca un ruolo fondamentale per dare voce ai pensieri e alle contaminazioni, ponendosi come «corpo bio-verbale» in cui l’Autrice si riconosce come donna liberata dalla parola.
Conoscere Tomaso Binga e la sua parola graffiante e spiazzante, ironica e coinvolgente, disperata e assertiva, sarà, per gli amici di tò Kalòn, il modo migliore per iniziare una serie di “Incontri con l’arte” che si prevedono densi di suggestioni e di proposte.
Sarà un percorso di grande apertura spirituale, strettamente connesso ad alcune tematiche di carattere esistenziale, artistico e filosofico, che affronteremo nei prossimi mesi con artisti e poeti di rara sensibilità e di profondo e articolato pensiero.
Un primo assaggio dunque di un mondo accattivante e articolato, nel quale abbiamo scelto di entrare facendoci guidare da un’artista eccezionale, come Tomaso Binga, icona del femminismo italiano e simbolo di emancipazione collettiva.
Una serata performativa e insolita, a cui è impossibile mancare.
Anna Stomeo