Acqua e Fuoco: cruciali oggi? Una lirica di Serena Raggi

Introduzione alla poesia di Serena Raggi “Noi eravamo, siamo, saremo”
La poesia di Serena Raggi si apre come una breccia lirica in una materia antica e insieme contemporanea, lasciando filtrare le immagini e i simboli che hanno accompagnato la storia dell’uomo sin dai suoi primordi. “Noi eravamo, siamo, saremo” è molto più di un titolo evocativo: è un’affermazione esistenziale che proietta l’identità umana oltre il tempo, fondandola su una memoria fluida e mutevole, quella dell’acqua, e su una realtà incandescente, quella del fuoco. In questi due elementi si raccoglie il senso profondo di un’intera civiltà, ma anche il cuore pulsante di un’identità individuale e collettiva che si fa racconto, radice, destino.
La poesia, non si accontenta di descrivere: evoca, scuote, trasforma. Ogni immagine è la traccia di un’esplorazione interiore che si svolge lungo le linee sinuose del tempo e della memoria. L’acqua è il simbolo dell’origine, della gestazione, della rinascita continua; è “il più impenetrabile segreto della vita”, e Serena Raggi ne coglie l’essenza più profonda, facendone custode di sapere, nutrice di significati, linfa che accompagna il ciclo umano “goccia dopo goccia”.
A fronte di questa visione, il fuoco diventa metafora della potenza trasformativa e della distruzione, energia incontrollabile, immagine viva del cataclisma, del trauma, ma anche dell’illuminazione. L’autrice ne descrive la corsa furiosa lungo tornanti infuocati, in un paesaggio quasi apocalittico, eppure lucidamente reale, che sembra strappato alla cronaca o alla memoria visiva di un bambino travolto dall’orrore. E proprio in questo gioco di contrapposizioni, acqua/fuoco, nascita/distruzione, memoria/storia, si fonda il ritmo profondo della composizione, che non teme di attraversare il dolore, ma sa cogliere nella parola poetica una forza rigeneratrice.
Nel testo si respira Firenze, non solo come sfondo fisico ma come entità culturale e simbolica. L’Arno diventa specchio dell’anima, testimone silente del tempo e delle sue tragedie, come l’alluvione che nel 1966 colpì il cuore della città, e da cui nacquero, nel fango e nella solidarietà, nuove forme di fratellanza e coscienza civile. L’acqua, qui, è sia distruzione che purificazione; è elemento battesimale e sacro, ma anche forza inarrestabile che travolge e richiama all’impegno. Il fuoco, nella sua dimensione rituale e festiva, si accende per il Solstizio d’Estate, simbolo di rinnovamento e luce, ma è anche il fuoco maledetto della guerra, quello che oggi continua a devastare l’innocenza e a ridurre in cenere le città.
Serena Raggi riesce con grande efficacia a far convivere nella sua poesia il lirismo intimo e il respiro civile. Ogni verso è un frammento di esistenza che si lega alla Storia, che dialoga con la tradizione artistica e culturale fiorentina, ma si apre al mondo, diventando voce universale. Le immagini della Cupola del Brunelleschi, del Battistero, dei marmi policromi di Carrara, Prato e Maremma si fondono con lo spirito cosmopolita di una Firenze moderna, che abbraccia la bellezza e l’accoglienza come valori fondativi.
La poesia è anche un inno alla speranza, alla possibilità che la cultura e l’arte — quella vera, come quella fiorentina, intrisa di secoli di bellezza e sapere — possano risuonare con la forza di un richiamo morale ed estetico. Un richiamo che, oggi più che mai, può e deve diventare ponte tra i popoli, strumento di salvezza interiore ed esteriore. In questo senso, “Noi eravamo, siamo, saremo” non è solo una dichiarazione poetica, ma una visione etica del mondo, un’affermazione di resilienza collettiva e spirituale, un sussurro che diventa grido, un sussulto lirico che si fa gesto universale di fratellanza.
Serena Raggi ci consegna una poesia che unisce con maestria l’elemento naturale, quello storico e quello simbolico. Con delicatezza e vigore, ci accompagna in un viaggio tra i sensi e la coscienza, lasciandoci infine con la sensazione che ogni verso sia una goccia d’acqua capace di spegnere un incendio, o una scintilla di fuoco in grado di sciogliere il ghiaccio della nostra indifferenza.
“ Noi eravamo, siamo, saremo
acqua, il più impenetrabile
segreto della vita
custode di una fonte del sapere
che rende ciclica la nostra ricerca,
goccia dopo goccia”
“ Poteva distinguere delle prominenti
colonne di fumo nero,
spie inesorabili del cataclisma scandito
da un susseguirsi incessante di boati,
creando alla fine un tortuoso
fiume di fuoco
che si sviluppava nel rincorrersi
dei tornanti”
Tratto dal mio libro
“Il bambino nel gioco di coraggio”
Acqua e fuoco, elementi centrali
di sussistenza primordiale, tanto
docili quanto maestosi, tanto
concentrazione di energia, tanto
indomabili beni capaci di tavolgere
la vita.
L’Arno ci lambisce, ci accarezza,
risplende sotto le luci dell’alba
purpurea tinta di rosso mattone
dalla cupola del Brunelleschi,
nei riflessi lucenti marmorei,
bianchi perlati di Carrara,
verdi venati di Prato,
rosa sfumati di Maremma,
del Battistero:
“Il mio bel San Giovanni”
così definito dal Sommo Poeta,
Dante Alighieri nel
XVIIII Canto Inferno
Divina Commedia,
battenzando, quale linfa battesimale
e di purificazione, la Cristianità,
ma anche divenendo onda impetuosa
capace di travolgere il cuore pulsante
di Firenze in memoria
degli Angeli del Fango,
perpetuando in eterno
un abbraccio di solidarietà
internazionale.
Giugno rigoglioso, disperde labili
pensieri di pioggia, incorniciando
l’inizio della luce estiva,
calore del fuoco solare,
con il giungere di un ospite
gradito, il Solstizio Estivo.
“Florenzia “ si veste di fiori,
come una bella e gaia
Nobildonna Fiorentina
risplendendo cultura antica
quale oggi mente cosmopolita,
capace di accogliere
nell’eleganza e sapere esibiti
milioni di visitatori.
Fuochi sono stati accesi,
bagliori di felicità dipinti
in un cielo limpido e sgombro
di ordigni, dispensando
quei valori comunitari
intrisi di libertà,
atti a promuovere
un messaggio di pace,
in una festa del Cattolicesimo,
intrisa di speranza.
Mentre il fuoco esploso
da una malefica Maga della guerra,
attanaglia bambini, civili
scolvongendo nazioni del mondo,
un sentimento univoco
attraversa quella lacrima
versata da mio padre adulto
nei ricordi di piccolo Ulisse,
intrisa della rugiada potenziata
di coraggio e sopravvivenza,
unendosi alle braci mai spente
in una “Calda Estate 2025”
della fratellanza tra popoli.
Oh Arte fiorentina come salvezza,
elevazione spirituale,
soggioga quegli spiriti
ribelli che non ascoltano,
risuona con la tua veste splendente
nel firmamento dei grandi artisti,
quale armonia universale
per salvare l’umanità!