ALDO GIUFFRÈ. UNA VITA PER LO SPETTACOLO
Di Maurizio Nocera
Sono sicuro che se Aldo Giuffrè (Napoli, 10 aprile 1924 – Roma, 26 giugno 2010) fosse ancora in vita, senz’altro mi avrebbe dedicato anche questa bella biografia – Aldo Giuffrè. Una vita per lo spettacolo (Paolo Emilio Persani, Bologna 2025, pp. 224) – a firma di Domenico Livigni e Roberta Verde. E sì, perché Aldo, assieme ai suoi parenti più cari (la moglie Elena Pranzo Zaccaria Giuffrè e il cognato Giovanni Pranzo), mi ha e mi hanno donato con dedica tutti i suoi volumi. Ad iniziare da:
Amici come prima (Alfredo Guida Editore, Napoli 2003, pp. 316), dove Aldo scrive: «Caro Maurizio, ancora grazie./ Sono sicuro che in seguito sarà sempre così, perciò ti dico ancora grazie e a buon rendere. Affettuosamente con Ada, Aldo Giuffrè/ 2004».
Un viaggio con amore (EditriceErmes, Potenza 2003, pp. 160. Questo primo romanzo di Giuffrè era stato già editato nel 1985 con la Prefazione di Dacia Maraini), dove scrive: «A Maurizio Nocera,/ per amichevole ricordo di Aldo Giuffrè./ 2003». A questo libro Aldo allega la seguente lettera: «Caro Maurizio, ti ringrazio di cuore per la critica al mio romanzo, per l’intensa partecipazione con cui l’hai scritto, per l’intelligenza con cui hai approfondito – paradossalmente – anche quello che non ho scritto./ [Aldo si riferisce ad una mia lunga recensione (Lecce, 26-27 gennaio 2004) scritta su «Paese Nuovo», diretto da Mauro Marino]. Sono felice e lusingato./ Da qualche giorno ho messo mano al terzo romanzo. Storia di un viaggio lungo, faticoso, disagiato, drammatico… Un camion scassatissimo, ai tempi della Repubblica di Salò, trasporta una scalcinata compagnia di guitti dell’Italia del Nord-Est all’Italia del Sud. Il titolo (I Coviello, protagonisti in provincia) dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) contenere la tematica, cara a Pirandello, secondo cui la “provincia” non si riferisce a una posizione geografica ma ad una forma mentis./ Ancora grazie di cuore./ Un abbraccio con tua moglie, anche da parte di Elena, tuo Aldo. Roma Fiumicino, 05. 02. 2004».
I Coviello, protagonisti in provincia (Alfredo Guida Editore, Napoli 2007, pp. 128), dove la dedica di suo cognato Giovanni Pranzo dice: «A Maurizio, per completare il suo poker d’assi./ Giovanni./ 27. 3. 2013».
La meravigliosa storia di Antonio Maraviglia (Alfredo Guida Editore, Napoli 2009, pp. 144), dove, sua moglie Elena Pranzo Zaccaria Giuffrè e suo cognato Giovanni Pranzo scrivono: «A Maurizio, un ringraziamento per la sensibilità con cui ha evidenziato la personalità di Aldo. Con l’amicizia di sempre./ Giovanni – Elena,/ 25. 01. 2011».
Ecco. Questi sono i quattro romanzi che Aldo Giuffrè ha scritto nel corso degli anni ’90 e che fanno bella mostra nella mia biblioteca. Tuttavia, dopo la sua lettera del 2004, mi permisi di chiedergli una poesia per la pace. A quel tempo io facevo parte della redazione di una rivista («Pace e Costituzione») e su di essa pubblicavamo anche poesie. Tuttavia la poesia di Aldo non fu pubblicata, perché la rivista venne chiusa. Era il 22 gennaio 2005 quando Aldo me la inviò. Eccone il testo: «La pace// La pace in un mondo devastato dall’odio./ La pace in un campo dove cresce solo gramigna./ In un cielo attraversato da avvoltoi./ In un mare infuriato di tempesta./ Uno sparuto gruppo di gente si muove e va a cercare la pace./ Ma dove?/ Nelle pozzanghere?/ In un terreno riarso, cosparso di bossoli?/ In una piccola bara bianca?/ Nel groviglio babelico di religiosi che sparano anziché pregare?/ Nei cuori induriti da lutti?/ Nella lama di un coltello?/ In un dito che s’accinge a tirare il grilletto?/ Dove andiamo a cercare la pace?/ In uno striscione sbiadito su cui la parola “pace” si legge a stento,/ tanto è stata calpestata da un manipolo di forsennati/ che inneggiano alla pace in ottusa obbedienza alle direttive/ di un partito politico?/ Marciamo verso la pace./ Marciano verso la vita./ Non allontaniamoci, però, dai luoghi dove si semina la morte./ Perché è lì che dobbiamo parlare di pace./ È lì che dobbiamo santificare la vita./ Siamo, l’abbiamo detto, uno sparuto gruppo di gente./ Siamo pochi. Siamo la maggioranza./ Ma non siamo ancora indeboliti nella ferma volontà/ di andare a stanare la pace./ Forse non dobbiamo andare lontano./ La pace – se c’è – è dentro di noi./ E dunque è da qui che dobbiamo partire.// Napoli, 22 gennaio 2005.// Aldo Giuffrè». Ecco, se leggiamo bene, questa poesia Aldo la scrisse 20 anni fa. Ma, riflettendo, essa ha tanta attualità. Infuriano le guerre nel mondo (circa 60 su tutto il pianeta, senza contare i contrasti tribali), per cui la pace, quella invocata da Giuffrè, tarda ad essere acquisita dal cuore degli umani.

Tuttavia egli non scrisse solo questa poesia, di carattere universale, per noi salentini scrisse anche altro. Il Salento ci legava. Il Presidente della Provincia di Lecce gli aveva scritto una lettera con la richiesta di avere indicato un nome di un personaggio della nostra terra meritevole del Premio Salento. Ed Aldo gli aveva risposto così: «Al Presidente della Provincia di Leece/ dott. Lorenzo Ria.// In risposta alla sua del 3 gennaio u. s. non nascondo che sulle prime ero convinto di non poterla accontentare nel segnalarle un nome degno di essere inserito nella rosa della prossima edizione del Premio Salento. Ma poi l’occhio mi è caduto su un volume di On board, numero zero del 1990 – che conservo fra i miei ricordi più preziosi e cari – e nel mio ricordo è esploso il nome di Antonio Verri.
L’ho conosciuto e sùbito ammirato totalmente./ Non si esibiva, non ostentava il suo indiscutibile valore, quasi si nascondeva. Ma più si ritraeva e più mi dava modo di conoscerlo perché era proprio quella ritrosia che lo svelava./ Ho collaborato con lui una sola volta con un modestissimo scritto per quel giornale – On Board appunto – che era una specie di “legione straniera”: ricco di firme illustri ma anche di personaggi pressoché sconosciuti, ugualmente dotati di uno straordinario, personalissimo, bagaglio culturale./ Antonio Verri di Caprarica./ Di aristocratica origine contadina./ Poeta. Apostolo e dispensatore di quella cultura che migliora la vita./ Amico, fratello di Umberto Eco e di Georges Astalos, ma anche di tipi originali, eccentrici, fuori dalla norma, come Edoardo De Candia./ Ha tentato, con bel successo, di esportare la ricchezza oggettiva del Salento./ In un’epoca in cui la comunicazione del pensiero veniva affidata alla lettera, Antonio Verri ha intrattenuto fitta corrispondenza con personaggi della cultura di varie parti di Europa. E molti di questi hanno conosciuto il Salento, hanno apprezzato il Salento, hanno amato il Salento (come Astalos per esempio) grazie al fervore con cui Antonio Verri gliel’ha raccontato./ Forse con la segnalazione del nome di Antonio Verri, arrivo per ultimo, perché suppongo che a molti di voi, a cominciare da Lei, sarà emerso alla mente la figura fulgidissima di questo straordinario figlio della terra salentina, che ha fatto in tempo a farcela amare con le sue luci e le sue ombre.// Cordiali saluti./ 28 febbraio 2000./ Aldo Giuffrè» (la pubblicazione di questa lettera si trova nella quarta di copertina della collezione completa di «On Board», a firma di Fernando Bevilacqua, Maurizio Nocera, Giovanni Pranzo).
Dopo di ciò, Aldo scrisse una lode al grande poeta di Caprarica di Lecce e la inviò al Presidente della Provincia. Si intitola «Per Verri// C’è nella Puglia meridionale, una striscia di terra ricca di doviziosa storia e di rossi tramonti. È il Salento./ E c’è Antonio Verri che del Salento è l’elegiaco aedo./ Vivo, presente, appassionato, fibrillante, con l’abnegazione di sempre, continua a trasmettere il suo anelito. Fervido e meticoloso cronista e religioso missionario di questo lembo di terra – che è magia, è luce, è imponenza, è fantasia, è magnificenza, è preistoria che incanta – Antonio continua a prodigarsi nel dividere con gli altri il suo prezioso bagaglio di conoscenze, a trasmettere agli altri questo universo affinché ne diventino figli e amanti./ In tanti, da tante parti, lo seguono sempre affascinati, sedotti e grati per il preziosissimo arricchimento. E tutti vogliono incontrarlo per sentire ancora i benefici effetti della grande lezione./ E quindi ci corre l’obbligo morale – oltre che sentimentale, umano, sociale, culturale – di tenere sempre accesa la sua fiamma per tenere desta la memoria della sua gigantesca figura e tramandarla alle nuove generazioni, anche con la speranza di scovare, di individuare qualche suo potenziale discepolo e inculcargli quell’amore, quella fede, quella liberalità. Aldo Giuffrè».
Adesso però è ora di riflettere sulla bella biografia, scritta a quattro mani da Domenico Livigni e Roberta Verde. È un bel volume formato A4 piccolo con, in copertina, un bellissimo ritratto di Giuffrè «dei primi anni Ottanta». Non viene menzionato l’autore dello scatto. Per conto dell’editore Paolo Emilio Persiani, la redazione del libro è stata affidata a Loris Di Bella e Elena Raimondi. Un indice di tutto rispetto, che vale la pena di citare: «Prefazione di Renato Zero; Premessa degli autori; Cap. I – Aldo racconta sé stesso. I.I Si nasce, si cresce. Un tentativo di autobiografia con ricordi un po’ sfumati… un po’ inventati; Cap. II – La carriera. II.I. Gli esordi e le prime affermazioni, II.II. Aldo Giuffrè, un nome sulla via del successo. II.III. Aldo conduttore e regista teatrale, l’inizio del sodalizio con Carlo. II.IV. Compagnia “I Giuffrè”, il poliziesco e il cinema “made in Naples”, II.V. Aldo Giuffrè e il Teatro delle Muse. II.VI. Il ritorno con Carlo. “La fortuna con la effe maiuscola”. II.VII. Gli ultimi lavori. Cap. III – L’Aldo privato. III.I. Aldo, mio padre. Il ricordo di Jessica Giuffrè, III.II. Il mio Aldo. Il ricordo di Elena Pranzo Zaccaria. Cap. IV – Approfondimenti. IV.I. Tutti quei bravi attori napoletani. Eduardo e Aldo Giuffrè, di Francesco Cotticelli. IV.II. Aldo Giuffrè, la, spalla nobile di Totò, di Ennio Bispuri. Omaggi ad Aldo Giuffrè. Galleria iconografica. Elenco cronologico dei lavori. Bibliografia».
Come è facile desumere dall’indice, si tratta di una biografia completa di quella che è stata la vita privata e quella dello spettacolo (teatro e cinema) di Aldo Giuffrè con l’aggiunta di due straordinari ricordi di chi lo ha conosciuto da molto vicino, e mi riferisco al ricordo della figlia Jessica e della moglie Elena. Importanti anche gli approfondimenti di Cotticelli e Bispuri.
Belli gli eserghi dello stesso Giuffrè di p. 9. Mi permetto di citarne uno, perché per me molto significativo. Il primo: «Ho vissuto da teatrante senza credere ai luoghi comuni né alle superstizioni. Non ho mai battuto il copione quando è caduto e ho sempre lasciato indossare il viola alle mie attrici». Apparentemente questo scritto di Aldo può sembrare alquanto enigmatico, io però lo leggo così: nella vita di attore Aldo è stato sempre un signore al di sopra degli accadimenti, i luoghi comuni e le superstizioni non facevano parte del suo bagaglio culturale. Tant’è che non si è mai preoccupato se, durante la recitazione su un palcoscenico di un teatro (spesso il San Ferdinando di Napoli con Eduardo De Filippo) oppure su un set cinematografico, gli capitasse qualcosa di storto. Il viola delle sue «attrici» si riferisce al colore che molto spesso, soprattutto al Sud, viene usato dai preti durante le funzioni funerarie. Una delle massime di Aldo era: «Mi piace conoscere la gente… vivo per conoscere la gente» (v. p. 15).
Bella e profonda la Prefazione di Renato Zero: «quello che lui [Aldo Giuffrè] ha rappresentato per il nostro paese è merce preziosa per l’anima! E voglio raccomandare, a voi che lo andrete a conoscere solo oggi, di approfondirlo. Scoprirete così che certi talenti sono come il buon vino; più invecchiano e più convincono!» (p. 11).
Nella Premessa degli autori, mi piace citare ciò che essi hanno dovuto approfondire per dare corpo e vita alla biografia. Scrivono: «Il nostro lavoro esamina la prolifica carriera dell’attore, partendo dall’inedita autobiografia che egli aveva iniziato a scrivere poco tempo prima della morte, sopraggiunta nel giugno del 2010. Il volume si propone come la prosecuzione ideale di questo personale racconto (che costituisce il primo capitolo) in quanto, muovendo le fila del concorso radiofonico a cui l’attore partecipò appena ventenne, porta avanti la narrazione della sua carriera cercando, però, di mantenere sempre in primo piano il suo pensiero. In nostro intento è stato infatti quello di creare una connessione, un dialogo tra le nostre ricerche e le parole di Aldo, che sono state volutamente inserite in corsivo al fine di renderle maggiormente visibili. La carriera di Giuffrè assume, fin dai primi anni, dei contorni frenetici: la sua irrefrenabile voglia di assaporare i più svariati contesti artistici lo porta a realizzare una carriera professionale in cui si intrecciano oltre cento lavori teatrali, numerosi impegni cinematografici (vissuti come attore sia come doppiatore) e una più consistenza esperienza radiofonica e televisiva. La sua appare come una parabola ascendente, sorretta da una grande forza di volontà e da un affetto sconfinato da parte del pubblico che riconobbe in Aldo umanità e serietà rare da trovare nel mondo dello spettacolo. L’umanità dell’attore traspare in maniera evidente dagli emozionanti ricordi della moglie e della figlia che hanno aperto con grande sensibilità le porte del loro cuore. […] Questo viaggio nella carriera di Aldo Giuffrè è stata una ricerca lunga e minuziosa che ci ha lasciati stupiti per la quantità di lavori a cui l’attore ha preso parte» (v. pp. 14-15 e p. 16).
La Galleria iconografica è di notevole valore.
