Auto Eutanasia: Il Tabù Millenario che Sfida il Valore della Vita e la Libertà di Morire
di Zonas Greco
L’auto eutanasia rappresenta uno dei temi più controversi e dibattuti nella storia dell’umanità, toccando profondamente questioni etiche, filosofiche, religiose, mediche e legali. Il concetto di prendere in mano la propria vita e decidere il momento e il modo della propria morte è una riflessione che ha accompagnato l’uomo per millenni, sollevando domande complesse sul valore della vita, sulla sofferenza, sulla dignità e sull’autonomia individuale.
Nella maggior parte delle società, la vita umana è stata considerata sacra, qualcosa che deve essere preservata a tutti i costi, ma l’idea che una persona possa decidere di porre fine alla propria esistenza ha sempre rappresentato una sfida a questo valore. La parola eutanasia deriva dal greco e significa “buona morte”, un termine che, nella sua essenza, suggerisce l’idea di una morte priva di sofferenza. Tuttavia, l’auto eutanasia, che implica la decisione consapevole e volontaria di una persona di terminare la propria vita, ha sollevato tensioni che vanno oltre il semplice concetto di alleviare il dolore.
La questione diventa una riflessione profonda sul diritto di un individuo di determinare il proprio destino e, allo stesso tempo, sul ruolo della società, dello Stato e delle istituzioni nel regolare o impedire tali scelte. Già nell’antichità, filosofi come Socrate, Platone e Aristotele si confrontarono con il tema del suicidio e dell’auto eutanasia. Per Platone, la vita apparteneva agli dèi e l’atto del suicidio veniva considerato una violazione del destino stabilito da essi. Aristotele, invece, vedeva il suicidio come un atto di codardia, una fuga dalle difficoltà della vita, piuttosto che una soluzione. D’altro canto, nella cultura stoica, vi era un’apertura maggiore nei confronti dell’auto eutanasia, considerata accettabile in determinate circostanze, come nel caso di una sofferenza estrema o di una perdita irrimediabile della dignità.
Un esempio emblematico è quello del filosofo stoico Seneca, che, costretto da Nerone a togliersi la vita, lo fece con una calma e una determinazione che riflettono l’etica stoica. Se guardiamo alle religioni, troviamo una netta opposizione all’auto eutanasia nella maggior parte delle grandi tradizioni religiose. Nel cristianesimo, il suicidio è visto come un peccato grave, poiché la vita è un dono di Dio e solo Lui può decidere quando porvi fine. Il concetto del corpo come tempio dello Spirito Santo rafforza l’idea che distruggere la propria vita sia una violazione del piano divino. La Chiesa cattolica, in particolare, ha sempre condannato sia il suicidio sia qualsiasi forma di eutanasia, considerando la vita come inviolabile. Anche nel giudaismo e nell’islam, il suicidio è generalmente considerato un atto proibito, con argomentazioni simili a quelle cristiane, che vedono la vita come un dono di Dio e il suicidio come una ribellione contro la volontà divina.
Tuttavia, nel corso della storia, vi sono state eccezioni a queste rigide posizioni. Nel Giappone feudale, ad esempio, il suicidio rituale del “seppuku” era visto come un atto di onore, una scelta consapevole e coraggiosa di fronte alla vergogna o alla sconfitta. In questo contesto, l’auto eutanasia assumeva una connotazione completamente diversa, legata non solo alla sofferenza fisica, ma anche a valori sociali e culturali di dignità e rispetto. Nella modernità, il dibattito sull’auto eutanasia è stato rinnovato dalle sfide poste dalla medicina avanzata e dalle nuove tecnologie che permettono di prolungare la vita in modi impensabili fino a pochi decenni fa.
Con l’aumento dell’aspettativa di vita e il progresso delle cure mediche, molte persone si trovano oggi a vivere più a lungo, ma spesso in condizioni di sofferenza cronica, malattie terminali o gravi disabilità. Di fronte a queste situazioni, alcuni sostengono che il prolungamento artificiale della vita non sempre rispetti la dignità umana, e che dovrebbe essere riconosciuto il diritto dell’individuo di porre fine a una vita che, a suo giudizio, non ha più qualità. In diversi paesi del mondo, l’auto eutanasia e l’eutanasia assistita sono diventate argomenti di leggi e regolamentazioni.
I Paesi Bassi, il Belgio e il Lussemburgo sono tra i primi paesi ad aver legalizzato l’eutanasia attiva volontaria, con una serie di regolamentazioni rigorose per garantire che la decisione sia completamente informata e volontaria. In Svizzera, l’assistenza al suicidio è legale, e il paese è noto per le sue cliniche specializzate che offrono servizi a pazienti provenienti da tutto il mondo. Tuttavia, questi sviluppi hanno sollevato interrogativi profondi: fino a che punto una persona ha il diritto di decidere sulla propria morte? E quale ruolo deve giocare lo Stato nel garantire che tale decisione sia presa in maniera consapevole e senza coercizione? In molti altri paesi, l’argomento rimane estremamente divisivo.
Negli Stati Uniti, l’eutanasia attiva è illegale in tutti gli stati, ma il suicidio assistito è consentito in alcuni stati come Oregon, Washington e California, con leggi simili a quelle in vigore nei Paesi Bassi. Tuttavia, vi è una forte opposizione da parte di gruppi religiosi e conservatori, che vedono in queste pratiche una minaccia ai valori tradizionali della vita e della famiglia. In Italia, la questione è stata oggetto di dibattito per decenni, con casi legali che hanno scosso l’opinione pubblica, come quello di Piergiorgio Welby e di Dj Fabo, portando infine alla legalizzazione del suicidio assistito in determinate circostanze, anche se l’eutanasia attiva rimane vietata.
Un argomento spesso sollevato dai critici dell’auto eutanasia è il rischio di “scivolamento” verso una società in cui la vita delle persone vulnerabili, come gli anziani, i disabili o i malati cronici, possa essere considerata meno degna di essere vissuta. Esiste il timore che, una volta legalizzata l’auto eutanasia, si possa creare una cultura in cui la morte venga vista come una soluzione accettabile, o persino incoraggiata, per coloro che richiedono cure a lungo termine o assistenza costante. Questo “slippery slope” (pensio scivoloso) è uno degli argomenti principali utilizzati da coloro che si oppongono all’eutanasia, sostenendo che la società ha il dovere di proteggere i suoi membri più deboli e di garantire che la vita umana sia sempre considerata preziosa, indipendentemente dalle circostanze.
Al contrario, i sostenitori dell’auto eutanasia argomentano che la questione non riguarda solo il valore della vita, ma anche la qualità della vita. In altre parole, la semplice esistenza fisica non è sufficiente se è accompagnata da sofferenze incommensurabili o da una totale perdita di autonomia e dignità. Molti pazienti affetti da malattie terminali o degenerative affermano che preferirebbero porre fine alla propria vita piuttosto che vivere per anni in uno stato di agonia fisica o mentale, privati di qualsiasi controllo sul proprio corpo o sulla propria mente. In questo senso, l’auto eutanasia può essere vista come un atto di autodeterminazione, un’espressione estrema del diritto dell’individuo di scegliere il proprio destino. Da un punto di vista medico, la questione dell’auto eutanasia solleva anche importanti riflessioni sulla deontologia professionale.
I medici, che hanno giurato di proteggere e salvare vite, si trovano di fronte a un dilemma etico quando vengono chiamati ad assistere un paziente che desidera morire. Alcuni professionisti della salute sostengono che il loro compito non è solo quello di prolungare la vita a tutti i costi, ma anche di alleviare la sofferenza, e che, in determinate circostanze, assistere una persona nel porre fine alla propria vita potrebbe essere l’atto più compassionevole possibile. Tuttavia, molti altri si oppongono fermamente a questa idea, sottolineando che il ruolo del medico è di curare e guarire, non di uccidere, e che vi sono sempre alternative, come le cure palliative, che possono aiutare a gestire il dolore e la sofferenza senza ricorrere all’eutanasia.
Un altro aspetto fondamentale del dibattito sull’auto eutanasia riguarda la questione del consenso. Per poter parlare di auto eutanasia in termini etici, è necessario che la decisione di porre fine alla propria vita sia completamente libera e informata. Tuttavia, in molti casi, le persone che richiedono l’eutanasia si trovano in condizioni di estrema sofferenza, che possono influenzare la loro capacità di prendere decisioni razionali. Inoltre, vi è il rischio che alcune persone possano sentirsi “costrette” a scegliere l’eutanasia a causa di pressioni esterne, come la paura di essere un peso per la famiglia o per la società.
Questo solleva la domanda: come possiamo essere sicuri che la decisione di un individuo di terminare la propria vita sia veramente libera e autonoma? Le risposte a queste domande variano ampiamente da cultura a cultura e da individuo a individuo, rendendo estremamente difficile trovare una soluzione univoca che possa soddisfare tutte le sensibilità. Infine, non si può ignorare il ruolo che il progresso tecnologico giocherà in questo dibattito nei prossimi decenni. Con l’avvento delle intelligenze artificiali, delle biotecnologie e della medicina rigenerativa, potrebbe emergere la possibilità di prolungare la vita umana in modo indefinito, ponendo nuove sfide etiche. Se fosse possibile vivere per sempre, la questione dell’auto eutanasia potrebbe diventare ancora più complessa: chi deciderebbe quando è il momento di morire, e sulla base di quali criteri?