IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Barbara Colapietro, Nell’insenatura del mio vivere (tra le lacrime di un fiore cullato dal vento), Bertoni Editore, Perugia, 2025.

Libro di Barbara Colapietro

Recensione di Lorenzo Spurio

È lungo e quasi discorsivo il titolo (con relativo sottotitolo tra incisi) della nuova raccolta poetica della pesarese Barbara Colapietro che contrasta, invece, con la brevità e la profonda musicalità dei versi in essi contenuti.

Nell’elegante veste grafica della Collana Aurora/VERBLU della Bertoni Editore il titolo in bianco, in direzione verticale, si staglia su un fondo color rosso che ricopre l’intera cover stesa. Si apprezzano i versi di una poesia riportati nella prima di copertina nei quali è ben evidenziabile una parola che è concetto-chiave nella produzione lirica della Nostra, ovvero “Musica”. Della musica parla nella poesia “Ad occhi chiusi”, riconoscendone la grande potenza e suggestione, oltre alla forte capacità comunicativa, infatti la descrive come un qualcosa (oggettivato o no, non ha importanza) “che apre tutte le frontiere” (33).

Dopo una pregevole considerazione critica del curatore di collana il poeta e critico letterario Bruno Mohorovich che, tra i vari elementi degni di menzione dell’opera in oggetto parla dell’opera nei termini di “viaggio interiore” ma anche (come recita il titolo) di “riparo”, le poesie della Colapietro seguono leggere e piacevoli l’un l’altra. Com’era avvenuto per la sua produzione precedente è ben visibile la predilezione della Nostra per forme tendenzialmente brevi la cui compattezza del verso fa sì che i motivi ispiratori e le formule creative e l’elaborazione vi trovino la loro dimensione più congeniale.

La poetessa, già autrice di Semplicemente, la mia storia (2018) e Tra le sbarre incandescenti (2021), parla con franchezza e una leggera malinconia di ricordi fissi nella sua memoria personale – con particolare riguardo alla cara figura della madre – e, più spesso, fa riferimento alla bellezza e varietà della natura che descrive con particolarità.

La sua è una poesia che risulta fresca e gradevole; anche laddove si riflette in maniera più assorta e appassionata sulle questioni esistenziali e sui dilemmi insondabili come l’inesorabile scorrere del tempo, l’approccio risulta essere sempre positivo e partecipativo.

Sorretta da una grande spiritualità che accompagna quel sentimento panico che si realizza in alcuni componimenti, la Colapietro è occhio vigile su quel che la circonda ma è anche auscultatrice attenta delle pieghe esistenziali.

Ecco perché, come mette ben in luce Mohorovich sin dall’introduzione, ci troviamo dinanzi a un’opera che è in sé stessa dichiarazione e segreto intimo, enunciato e mistero, svelamento e riserbo. In quell’insenatura, che non solo è spazio circostanziato quale fenditura o fascia intermedia di ricovero, ma anche una sorta di riparo dal tempo, dalla sua incessante mutabilità ed evoluzione, che può essere individuato il point of view della Colapietro. Da antro ricercato di segretezza e di lontananza, in cui preservare con tenacia un isolamento in qualche modo utile perché salvifico, la Nostra ci narra in versi la sua esistenza tra riflessioni che hanno quasi del filosofico e rievoca momenti che hanno in lei traccia inscalfibile. Mohorovich parla, a riguardo, di una silloge che ha la sembianza di un reale “rifugio nelle parole”. Il termine “rifugio”, caro ai crepuscolari, ha una sua presenza e importanza in tanta poesia del Secolo scorso che, indirettamente, la Colapietro in parte richiama con questo suo nuovo lavoro poetico per il quale sono a complimentarmi.

Raccolta / nell’insenatura del mio vivere / senza limiti / ascolto / lo spazio vuoto / che racconta il tuo dolente corpo / lanciato all’impazzata / nell’infinito” (46).

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