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Capire l’Intelligenza Artificiale 1/8 – Cos’è davvero l’intelligenza artificiale? Origini, miti e realtà


di Pompeo Maritati

L’IA tra fantascienza e realtà quotidiana

Quando sentiamo parlare di intelligenza artificiale (IA), la mente corre subito a scenari di fantascienza: robot umanoidi che prendono il controllo del mondo, computer senzienti, futuri distopici. Il cinema, da 2001: Odissea nello spazio a Ex Machina, ha alimentato visioni tanto affascinanti quanto inquietanti. Ma la realtà dell’IA è molto più concreta, e già oggi permea la nostra quotidianità: ci suggerisce cosa ascoltare su Spotify, completa le nostre frasi nelle email, ci guida nei percorsi stradali, migliora diagnosi mediche, automatizza fabbriche. È una tecnologia silenziosa ma onnipresente, che plasma le nostre abitudini spesso senza che ce ne accorgiamo.

Comprendere cosa sia realmente l’intelligenza artificiale è essenziale per affrontare con consapevolezza il presente e prepararci a un futuro in cui il confine tra umano e artificiale sarà sempre più sottile. Ma da dove nasce questa idea?


Le origini storiche del concetto di IA: da Turing ad oggi

Il concetto di “intelligenza artificiale” non è nato nei laboratori di Google o nei data center di Amazon, ma molto prima, nel secondo dopoguerra. Il matematico britannico Alan Turing, nel 1950, scrisse un celebre articolo intitolato “Computing Machinery and Intelligence”, in cui si chiedeva: “Le macchine possono pensare?” Introdusse il famoso Test di Turing, pensato per valutare se una macchina fosse in grado di simulare una conversazione tanto bene da non essere distinguibile da un essere umano.

Ma è nel 1956 che nasce ufficialmente il termine Artificial Intelligence, durante una conferenza al Dartmouth College (USA), grazie a ricercatori come John McCarthy, Marvin Minsky e Herbert Simon. L’idea iniziale era ambiziosa: creare macchine capaci di ragionare, apprendere, risolvere problemi. Tuttavia, il cammino è stato irregolare, con fasi di entusiasmo e fasi di stallo, i cosiddetti “inverni dell’IA”, periodi in cui i progressi tecnologici non erano in grado di mantenere le promesse teoriche.

Solo con l’avvento di computer più potenti, grandi quantità di dati disponibili (Big Data) e nuovi algoritmi di apprendimento, a partire dagli anni 2000, l’IA ha iniziato a fare veri e propri balzi in avanti, passando da ipotesi teoriche a risultati concreti e tangibili.


IA debole e IA forte: due visioni opposte

Per orientarsi nel mondo dell’intelligenza artificiale, è utile conoscere una distinzione fondamentale:

  • IA debole (narrow AI): è quella attuale, specializzata in compiti specifici. Può riconoscere volti, tradurre testi, giocare a scacchi o guidare un’auto, ma non ha consapevolezza, emozioni o comprensione del contesto. È potentissima, ma “limitata”. ChatGPT, per esempio, è un esempio di IA debole.
  • IA forte (general AI): è l’idea di una macchina che possiede una vera intelligenza generale, simile (o superiore) a quella umana, capace di apprendere in modo autonomo, ragionare su qualsiasi argomento, adattarsi a situazioni nuove. Non esiste ancora, e molti scienziati ritengono che siamo ancora molto lontani dal poterla costruire.

Capire questa differenza aiuta a ridimensionare paure e aspettative. Nessuna IA oggi “pensa” davvero: esegue calcoli avanzati, riconosce schemi, ma non è cosciente.


Cos’è – e cosa non è – l’intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale non è magia e non è pensiero umano replicato. È, nella sua essenza, un insieme di tecniche e strumenti matematici e informatici che permettono a una macchina di eseguire compiti che, fino a poco tempo fa, richiedevano l’intelligenza umana.

È IA un sistema che riconosce le immagini dei gatti tra migliaia di foto.
Non è IA un semplice software che segue istruzioni rigide senza apprendere.

È IA un traduttore automatico che migliora man mano che viene usato.
Non è IA un programma che traduce parola per parola senza adattarsi.

In sostanza, l’IA imita alcune capacità umane, ma lo fa in modo profondamente diverso. Non ha emozioni, coscienza, intenzioni. Non sa perché fa qualcosa: semplicemente funziona, e spesso molto bene, ma solo nei compiti per cui è stata addestrata.


IA, algoritmi e apprendimento automatico: parole chiave da conoscere

Per comprendere come funziona l’IA, bisogna familiarizzare con tre concetti chiave:

  • Algoritmo: è una sequenza di istruzioni logiche, un po’ come una ricetta. In IA, gli algoritmi gestiscono grandi quantità di dati e cercano schemi o regole al loro interno.
  • Machine Learning (apprendimento automatico): è una branca dell’IA in cui la macchina “impara” da esempi. Non viene programmata per ogni singolo compito, ma si adatta in base all’esperienza. Se le si mostrano migliaia di immagini di fiori, imparerà a riconoscerli senza che nessuno debba scrivere una regola per ogni petalo.
  • Reti neurali artificiali: ispirate al cervello umano, sono modelli matematici che cercano di “simulare” il funzionamento dei neuroni. Le più complesse, dette deep learning, sono alla base dei progressi recenti: traduzioni automatiche sempre più fluide, immagini create da zero, assistenti vocali, diagnosi mediche con precisione da esperti.

Perché oggi tutti ne parlano?

Negli ultimi anni l’intelligenza artificiale ha fatto un salto di qualità: è diventata più veloce, più potente, più accessibile. Grandi aziende la usano per aumentare la produttività, i governi cercano di regolamentarla, le scuole iniziano a insegnarla, le persone la usano senza accorgersene.

Il motivo per cui oggi se ne parla tanto è il suo impatto crescente. Non è solo una questione tecnologica: l’IA sta trasformando il lavoro, l’istruzione, la salute, il modo in cui comunichiamo e perfino il nostro modo di pensare.

Ma insieme alle opportunità, emergono domande difficili: è giusto lasciarle prendere decisioni importanti? Ci ruberà il lavoro? Ci sorveglierà? Sapremo controllarla? Queste domande aprono la strada ai prossimi articoli della nostra serie, in cui cercheremo di rispondere, passo dopo passo, con chiarezza e spirito critico.

Perché capire l’IA non è un lusso per esperti, ma una responsabilità collettiva. Solo conoscendola davvero potremo decidere come usarla – e non essere usati da essa.


immagine rappresentativa dell'intelligenza artificiale