‘Cascignanu (Castrignano) vecchia’ e nuova
Le pozzelle di Castrignano dei Greci
“Dove mi hai portato, ‘sutta alle Puzze de Cascignanu vecchia’ “?
Dino sbarrò gli occhi, neri e brillanti e “Davvero ti sembra così, come anche a me pare? Cascignanu de sutta alle Pozzelle, sì. Ci vengo non solo per il Milan Club, ma perché mi sento a casa da quando sto a Milano”. Tanti anni fa, disse.
Vedi, caro amico, che io conosco i Castrignanesi più dei martanesi. Proprio ieri, per certi motivi particolari, ne parlavo con antichi amici di scuola. Essi sono un po’ diversi da altre tipologie e comunità antropologiche. C’entra molto, in queste peculiarità sociali, un loro antico ebraismo, pur se metabolizzato e assai positivamente ‘meta-nojzzato’. A vari livelli, ma raramente il castrignanese, specie se acculturato o addirittura colto o specialista di alcunché, tende a perdere tempo. Non ne ho trovato uno, anche tra professori umanisti e classicisti a filosofeggiare oziosamente. Se sono filosofi, costoro lo sono del concreto. Per concreto intendono sia le merci che inter-scambiano per robusta tradizione e costume, sia per prestazioni di qualunque genere.
In campo culturale sanno e producono cose, reti di rapporti, libri, occasioni materiali di cooperazione. Hanno del denaro non un tabù o feticcio dissimulato, bensì la normale misura del riconoscimento di ciò che si impegnano a fare come mestiere e professione con serietà e impegno. Non hanno paura del compenso e della remunerazione, perché nel lavoro non scorporano l’astratto e teorico dal concreto e pratico. Se dovessi assimilarli, lo farei con i Greci, dall’adolescente venditore di pettini, aghi e mollette di 70 anni fa nel mercato martanese del martedì, sino all’importatore di tessuti e trine da San Gallo o da Amsterdam (e che attraversa l’intera Europa), all’organizzatore di Cinematografi operanti contemporaneamente in tre paesi (Martano, Castrignano e Cursi), come tra gli anni 50 e 80.
Non sto esagerando. Al di là delle singole personalità, i Castrignanesi sono stati interessati e coinvolti in un tessuto operativo, anche intensamente migrante, esperienza di gente pragmatica, volitiva, laica e senza soggezione pregiudiziale contro il denaro. E – soprattutto da tenere bene in mente – raramente mostrano invidia. Sicché quando incontrano e collaborano con gli altri, cercano di sfruttare le loro doti migliori, perché capiscono che in questo modo è più utile per tutti. Non lo fanno per bontà d’animo o generosità innata. Quasi mai. Lo fanno per socievolezza ‘dialettale’. Noi – e io in particolare – li etichetto affettuosamente con la locuzione “Cascignanu vecchia”. Significa richiamarsi, con complicità psicologica condivisa, alle loro origini prevalenti di ‘Pezze e capiddhi’ (cenciaioli), che li rendono semplici e, per la più parte, affidabili e molto legati alla loro terra. Che, tuttavia, spesso e da sempre lasciano per oltrepassare gli angusti confini e ritornare. Appunto. E non vanno né delusi, né temuti, né esorcizzati. Sono belle persone, per come li conosco da oltre 70 anni. Meno tra di loro, probabilmente, come accade nelle comunità vive e dinamiche.