di Maurizio Mazzotta
Inizio una serie di articoli che trattano del “cinema povero”. Questa definizione è il titolo di un mio libro nel quale ho raccolto la mia esperienza di filmaker, mettendo in risalto le differenze tra questo cinema e quello delle grandi produzioni, anche recensendo alcuni film di questi decenni presentati nelle sale. Qui invece parlando del cinema povero, presento la mia produzione proprio per mostrare i limiti di questo cinema e spiegare come e perché sia povero, e se c’è qualche pregio potrebbe essere dovuto -quasi un paradosso- proprio dalla povertà dei mezzi. Dunque al termine di ogni articolo ci sarà una breve presentazione di un cortometraggio e il LINK per vederlo su ONE DRIVE. Gli articoli sono 14 ma i film sono 13 e a partire dal secondo articolo. In questo primo articolo – come si vede sotto dal titolo – si accenna ai festival per cortometraggi, che da qualche decennio sono una realtà nel panorama della cinematografia mondiale.
Numero 1– I festival per il cinema
Che esistano festival di cinema importanti come quello di Venezia, Torino, Milano, Roma lo sanno tutti, ma che in tutto il territorio nazionale ce ne siano centinaia di festival, senz’altro meno importanti, lo sanno in pochi. Perché molti festival sono sorti proprio per dare spazio e visibilità a un “altro” cinema, quello che si può definire povero, e il cinema povero lo vedono in pochi perché -almeno per ora- non viene presentato nelle sale. La funzione di molti festival è di promuovere questo cinema e di far conoscere i registi esordienti. Adesso in verità hanno un altro scopo, quello di mercato.
Sono passati decenni dalla nascita dei primi festival del cortometraggio, tipica durata del cinema che ha poche risorse -da 5 minuti a trenta-. Allora erano pochi e iniziavano una via in salita soprattutto per i costi della strumentazione. Alla lunga il cortometraggio ha svegliato l’attenzione e da qualche anno la via da percorrere è diventata agevole se si pensa che ormai tutti i grandi festival internazionali, e nazionali, danno spazio ai corti e alle produzioni indipendenti. Le conseguenze? La prima: molti giovani si fanno conoscere e cominciano a lavorare. La seconda: la nascita di un mercato, per ora timido, prudente, che dovrebbe essere a vantaggio dei giovani. E il mercato si sveglia anche per il fatto che esistono emittenti televisive favorevoli a ospitare cortometraggi.
Ci sono festival, quanto a importanza e frequentazione, grandi, medi, piccoli. Vuol dire che al MilanoFilmFestival, per esempio, vengono iscritti tremila film tra italiani e stranieri; mentre un festival agli esordi raccoglie poche centinaia di iscrizioni. Le selezioni durano mesi in genere; al termine dei lavori di selezione solo un dieci per cento degli iscritti concorrono. Essere selezionati è già un successo perché il filmmaker raggiunge un obiettivo importante, quello di dare al suo film visibilità. Solo i film selezionati infatti vengono proiettati durante le giornate del festival. In queste giornate tra gli spettatori c’è una categoria di persone invisibili, gli osservatori, che hanno criteri di valutazione differenti da quelli delle giurie e che, tramite gli organizzatori dei festival, contattano e contrattano con i registi dei film che hanno svegliato la loro attenzione. Arrivare nella rosa dei finalisti, addirittura vincere, è certamente un successo. E se il corto è veramente valido è un successo anche per la giuria del festival. Premiare un artista sconosciuto significa avere il coraggio di dire “per noi questo attore è veramente bravo”, significa quindi proporlo, farsi garanti per il fatto che lo si sostiene con il premio.
Recentemente ho assistito a premiazioni assai “timide”. In un festival tra i film finalisti c’erano corti straordinari, eppure il premio massimo è stato dato a un film, dignitoso nella fattura, la cui storia era un contenuto “di moda”, come potrebbe essere per esempio il bullismo a scuola, l’integrazione sociale eccetera. Per un altro corto il premio come migliore attore è stato elargito a un attore già affermato, all’apice della carriera, eppure c’erano alcuni interpreti, sconosciuti, bravissimi, ai quali il premio sarebbe stato un riconoscimento e uno stimolo a proseguire. Invito tutti i giovani filmmaker nel loro interesse a seguire i festival, cominciando col considerare i film selezionati. Spesso la grande selezione è a opera degli stessi organizzatori, e si comprende, non potrebbe essere diversamente, se i film da visionare sono parecchie centinaia o qualche migliaia. Li invito a osservare attentamente ciò che succede durante le premiazioni, a scoprire le tendenze di un festival. Tranne alcune eccezioni, gli organizzatori, per la fase finale, scelgono giudici che hanno schemi di riferimento simili ai loro e si muovono all’interno di una stessa visione del cinema e del linguaggio filmico.
I corti che propongo -a partire del prossimo articolo- sono degli esempi di cinema povero, che hanno poca attinenza con il contenuto degli articoli tranne che per i problemi che ogni fase di lavoro presenta nella realizzazione di un cortometraggio.
