IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Come il Welfare è stato eroso negli ultimi decenni

Sicurezza sul lavoro

Sicurezza sul lavoro

Pompeo Maritati

Il welfare, inteso come il sistema di protezione sociale che garantisce diritti fondamentali e un livello minimo di benessere per tutti i cittadini, ha subito una trasformazione significativa negli ultimi decenni. Le politiche di welfare in molti paesi, inclusa l’Italia, sono state progressivamente erose da una serie di fattori politici, economici e ideologici. Questo processo di erosione ha avuto un impatto diretto sulla qualità della vita delle persone, sulle disuguaglianze sociali e sull’accesso ai servizi pubblici fondamentali. In queste pagine, analizzerò le principali cause e conseguenze della riduzione del welfare negli ultimi decenni, cercando di comprendere come e perché questo sistema di protezione sociale abbia subito un progressivo smantellamento e quali siano le possibili soluzioni per invertire la tendenza.

1. L’Erosione del Welfare: Cause Economiche e Politiche

Le Politiche di Austerità

Uno degli elementi centrali che ha contribuito all’erodere del welfare negli ultimi decenni è stata l’introduzione di politiche di austerità, soprattutto dopo la crisi economica globale del 2008. I governi, spinti dalla necessità di ridurre il debito pubblico e rispettare gli impegni presi con le istituzioni internazionali (come l’Unione Europea e il Fondo Monetario Internazionale), hanno avviato un lungo periodo di riduzione della spesa pubblica. In questo contesto, il welfare è stato visto da molti come una voce di spesa “superflua”, da tagliare per liberare risorse destinate al pagamento del debito. Le politiche di austerità hanno quindi avuto un impulso diretto alla contrazione del welfare, con conseguenze devastanti per le categorie più vulnerabili. Le misure di austerità, come il taglio della spesa pubblica in settori cruciali come sanità, istruzione e assistenza sociale, hanno ridotto progressivamente i benefici del welfare, aumentato il precariato lavorativo e abbassato il livello di protezione per le fasce sociali più deboli. Inoltre, la crescente privatizzazione dei servizi ha reso più difficile l’accesso a servizi essenziali per coloro che non hanno risorse economiche sufficienti, portando a un aumento delle disuguaglianze sociali.

L’Ideologia Neoliberista

Nel contesto della globalizzazione e dell’affermazione dell’ideologia neoliberista, che ha prevalso a partire dagli anni ’80, la privatizzazione dei servizi e il ridimensionamento del ruolo dello stato sono diventati obiettivi centrali. Secondo i principi neoliberisti, lo stato avrebbe dovuto ridurre il suo intervento nell’economia, favorendo invece l’iniziativa privata e lasciando che il mercato determinasse le condizioni di vita delle persone. In questa visione, il welfare viene spesso considerato un onere eccessivo per le finanze pubbliche, e si propugna la necessità di ridurre le risorse destinate a pensioni, sanità, istruzione e altri servizi sociali. L’approccio neoliberista ha promosso la flessibilità del lavoro e il mercato competitivo, con l’idea che la concorrenza avrebbe migliorato l’efficienza economica. Tuttavia, ciò ha portato a un progressivo indebolimento della protezione sociale, con conseguenze negative per i lavoratori precari e le famiglie a basso reddito, che si sono ritrovate ad affrontare la crescente insicurezza economica senza adeguate reti di protezione.

L’Invecchiamento Della Popolazione e Le Sfide Demografiche

Un altro fattore che ha contribuito all’erodere del welfare è rappresentato dal processo di invecchiamento della popolazione. Con l’aumento dell’aspettativa di vita e la diminuzione del tasso di natalità, molte nazioni si sono trovate a fare i conti con una crescente domanda di pensioni e cure sanitarie. Questo ha messo sotto pressione i sistemi di welfare, in particolare quelli basati sul sistema di ripartizione, dove i contributi dei lavoratori attivi finanziano le prestazioni per i pensionati. L’aumento dei pensionati e la diminuzione dei giovani lavoratori ha aumentato il rischio di insostenibilità dei sistemi pensionistici, portando ad un progressivo taglio delle prestazioni.

Il sistema pensionistico, basato su un flusso continuo di contributi, ha iniziato a mostrare segni di stress, poiché non c’erano abbastanza giovani lavoratori per finanziare le pensioni di una popolazione sempre più anziana. I governi, quindi, sono intervenuti introducendo riforme pensionistiche, che hanno ridotto gli importi delle pensioni, innalzato l’età pensionabile e introdotto nuovi criteri per l’accesso ai benefici, ma queste riforme non sono state sufficienti a mantenere il welfare come un sistema equo e sostenibile.

2. Le Conseguenze Dell’Erosione del Welfare

Aumento delle Disuguaglianze Sociali

Uno degli effetti più evidenti della riduzione del welfare è stato l’aumento delle disuguaglianze sociali. La contrazione della spesa pubblica ha colpito principalmente le fasce più deboli della popolazione: i pensionati, i disoccupati, i malati, le famiglie a basso reddito. La crescita del gap sociale ha alimentato un fenomeno di polarizzazione sociale, in cui le classi alte hanno visto aumentare i propri redditi e la loro capacità di accedere a servizi privati, mentre le classi basse hanno visto ridursi le possibilità di accesso a sanità, educazione, servizi di welfare e, in molti casi, anche a un reddito sufficiente per una vita dignitosa. Questo processo ha creato sacche di povertà cronica e ha aumentato l’esclusione sociale di grandi gruppi di cittadini.

In Italia, ad esempio, la riduzione del welfare ha avuto un impatto negativo soprattutto nelle regioni meridionali, dove i servizi pubblici sono già storicamente meno sviluppati. In queste aree, il taglio ai servizi sociali ha aggravato la disparità tra nord e sud, esacerbando le condizioni di disagio economico e sociale delle famiglie più povere.

Declino della qalità dei Servizi Pubblici

Un’altra conseguenza diretta della riduzione del welfare è stato il declino della qualità dei servizi pubblici. La sanità, l’istruzione, i trasporti, le politiche sociali hanno risentito in maniera significativa della diminuzione dei fondi pubblici. Mentre il settore privato ha potuto espandersi e migliorare, le classi meno abbienti si sono trovate di fronte a servizi pubblici inadeguati. In particolare, nel settore sanitario, si è assistito a un aumento delle liste d’attesa, a un abbassamento della qualità dell’assistenza e a una riduzione dei servizi disponibili per le persone più vulnerabili. La privatizzazione dei servizi ha reso più difficile l’accesso a chi non ha risorse economiche sufficienti.

La scuola, a sua volta, ha visto un aumento delle differenze qualitative tra le istituzioni pubbliche e private. La scarsità di investimenti pubblici ha portato a una degradazione dei servizi educativi, con strutture scolastiche inadeguate, programmi poco aggiornati e una formazione che non risponde alle esigenze del mercato del lavoro.

Precarizzazione del Lavoro

Il processo di erosione del welfare ha avuto come correlato un significativo aumento della precarizzazione del lavoro. Con l’introduzione di contratti a tempo determinato, a progetto e part-time, le persone si sono trovate a dover fare i conti con una crescente insicurezza economica. In molti casi, i lavoratori precari non hanno potuto accedere a benefici sociali adeguati, come le indennità di disoccupazione, la pensione pubblica o l’assistenza sanitaria universale. Questa precarizzazione ha indebolito ulteriormente il welfare, poiché un sistema di protezione sociale efficace dipende anche dalla stabilità occupazionale.

Le riforme del mercato del lavoro hanno favorito la flessibilità, ma hanno ridotto le tutele legate al lavoro stabile, creando un mercato del lavoro segmentato, in cui alcune persone godono di ampie protezioni sociali, mentre altre, soprattutto i giovani e le donne, si trovano ad affrontare situazioni di instabilità lavorativa.

3. La Riforma del Welfare: Possibili Soluzioni e Prospettive Future

Rafforzamento del Sistema Universale di Welfare

Per invertire la tendenza all’erodere del welfare, è fondamentale riqualificare il sistema di protezione sociale, puntando su un modello universale che garantisca a tutti i cittadini un accesso equo ai servizi. Un sistema di welfare universalistico, che non dipenda dalla capacità contributiva individuale, ma che sia finanziato dalla collettività, può essere un modo per ridurre le disuguaglianze e favorire l’inclusione sociale. Inoltre, è necessario che le politiche di welfare siano integrate e non settoriali, in modo da rispondere efficacemente ai bisogni delle persone in modo globale, e non solo su base contingente.

Investire in politiche universali di welfare significa fornire un’istruzione di qualità a tutti, assistenza sanitaria universale, e reti di protezione sociale che non dipendano dallo stato economico dei cittadini, ma che siano in grado di rispondere ai bisogni più urgenti di ogni individuo, indipendentemente dal suo reddito.

Riforma della Previdenza Sociale

La riforma della previdenza sociale è un altro ambito fondamentale in cui è necessario intervenire. Le pensioni vanno riformate per garantire un reddito dignitoso a tutti i cittadini anziani, ma anche per non gravare eccessivamente sui lavoratori attivi. È essenziale passare da un sistema pensionistico basato sulla ripartizione a uno basato su un mix di ripartizione e capitalizzazione, dove i giovani lavoratori possano vedere riconosciuti i loro contributi in maniera adeguata. Le pensioni universali sono un modo per garantire che ogni cittadino, indipendentemente dal proprio passato lavorativo, possa godere di una pensione minima che gli permetta di vivere una vita dignitosa. Questo approccio potrebbe ridurre la crescente povertà tra gli anziani, che è un problema particolarmente grave in molti paesi occidentali.

Investire nella Formazione e nell’Occupazione

Infine, per garantire un welfare sostenibile nel lungo periodo, è necessario investire in politiche attive del lavoro, in particolare nella formazione professionale. Un sistema di welfare che possa davvero includere tutti deve fornire anche strumenti per l’inserimento lavorativo, attraverso politiche di retraining[1] e upskilling[2] per i lavoratori che rischiano di essere esclusi dal mercato del lavoro, specialmente in un contesto di crescente automazione e digitalizzazione.

Conclusioni

Il welfare negli ultimi decenni è stato eroso da una combinazione di politiche di austerità, ideologia neoliberista, sfide demografiche e precarizzazione del lavoro. Questi fattori hanno portato ad un aumento delle disuguaglianze sociali, alla riduzione della qualità dei servizi pubblici e a una crescente esclusione sociale. Tuttavia, la riforma del welfare è possibile, ed è necessario adottare politiche che rispondano ai bisogni di tutti i cittadini, rafforzando i sistemi di protezione sociale, riformando la previdenza e investendo nell’occupazione e nella formazione. Se l’Italia e altri paesi vogliono garantire un futuro più equo e sostenibile, è indispensabile un impegno serio e concreto per rinnovare il welfare in modo che possa rispondere alle sfide del presente e del futuro.


[1] Il retraining è un processo di formazione che ha come obiettivo il riadattamento delle competenze di una persona per rispondere a nuove esigenze del mercato del lavoro. Questo tipo di formazione è particolarmente utile per i lavoratori che desiderano acquisire nuove competenze o aggiornare quelle esistenti, specialmente quando si trovano a fronteggiare cambiamenti nelle tecnologie, nelle industrie o nelle dinamiche economiche. Ad esempio, un lavoratore che è stato impiegato in un settore che sta subendo una contrazione, come quello manifatturiero, potrebbe aver bisogno di riqualificarsi per lavorare in un ambito come quello dell’informatica o dei servizi digitali. Il retraining mira quindi a favorire il passaggio da un’occupazione a un’altra, mantenendo il lavoratore competitivo nel mercato del lavoro. Questo concetto si lega anche alla necessità di sviluppare upskilling, ovvero il miglioramento delle competenze esistenti, in modo che i lavoratori possano adattarsi a ruoli più complessi all’interno della stessa industria o professione. Entrambi i processi sono sempre più rilevanti in un contesto di rapido cambiamento tecnologico e in un mercato del lavoro che richiede una continua evoluzione delle competenze professionali.

[2] L’upskilling è il processo di miglioramento o potenziamento delle competenze e delle capacità di un individuo, in modo che possa affrontare sfide professionali più complesse, accedere a opportunità di carriera più avanzate o adattarsi alle nuove esigenze del mercato del lavoro. In sostanza, si tratta di un aggiornamento delle competenze esistenti, piuttosto che l’acquisizione di competenze completamente nuove come nel caso del retraining.

Rivista online Il Pensiero Mediterraneo - Redazioni all'estero: Atene - Parigi - America Latina. Redazioni in Italia: Ancona - BAT - Catania - Cuneo - Firenze - Genova - Lecce - Marsala - Milano - Palermo - Roma - Trieste. Copyright © All rights reserved. | Newsphere by AF themes.