Cosa può insegnarci la democrazia di un Referendum?

immaturità politica
La politica è lotta pratica, ma anche battaglia teorica. Ti fa capire cosa e perché è accaduto qualcosa, non certo esauribile nella mera ricognizione conoscitiva del ‘fatto’, Dunque essa è, insieme, critica e autocritica sul ‘dover fare’. Senonché il fare politico è altra cosa rispetto al fare di qualunque altro campo umano dell’agire. Esso è sempre ‘dover essere’, non già perché fantastica sul futuro, bensì perché immagina il futuro sulla base del presente.
il presupposto realistico di questo ragionamento riposa sul convincimento che il mondo è come è, e che gli uomini sono come sono. Per entrambi vale l’intuito machiavelliano, appunto, che (mondo e uomini) “sono come sono, non come vorremmo che essi fussero”. Perciò i realisti alla Machiavelli o alla Hobbes o alla Hegel, oppure affini al pensiero conservatore, si limitano (ma qui il limite è condizione di profonda conoscenza!) a lasciare il mondo com’è, senza passione per travolgerne i fondamenti.
Per i progressisti, invece, la conoscenza è radicale e tende a “comprendere per trasformare” (Marx). Chi trasforma, ma non conosce bene il mondo e la mente degli uomini, cambia le cose ‘in pejus’. Sente, naturalmente, le campane, ma “non sa dove suonano”. Pensiamo a quanta intelligenza occorra per capire e, addirittura, per utilizzarla al fine di costruire un mondo sociale a misura delle masse popolari ‘istituite’ in una democrazia, cioè organizzate civicamente secondo diritto e rappresentanza.
Questo obbiettivo non può essere della destra politica o, tantomeno, dei populisti di qualunque radice e suggestione. Cosa li accomuna?
Sicuramente l’incapacità tecnica, cioè teoreticamente compiuta, di capire il senso dinamico della realtà storica. Chi accetta un mondo già tutto fatto è un conservatore. Chi lo rifiuta perché tutto sbagliato è un massimalista. Chi lo interpreta nella sua ‘Dünamys’ storica, ma col sospetto critico di doverlo cogliere ‘in progress’ è un rivoluzionario. Questi non guarda contemplativamente; non giudica arcignamente.
Al contrario, egli analizza ‘praticamente’. Congiunge, dunque, il pensiero all’azione e rischiara costantemente l’azione con la luce indagatrice del pensiero. Pensiero e azione, teoria e prassi vanno collaudati entrambi sul concreto-concreto della prassi, quindi nella verifica della loro provvisorietà umana correggibile.
Che cosa altro può, allora, essere la politica se non questo reale che si fa concetto e questo concetto che si fa progetto? In ogni dove in cui gli uomini associati vogliono stare bene, amandosi e edificando insieme un mondo sempre più a misura dei loro bisogni e dei loro ideali. Reciprocamente riconoscibili e riconosciuti.