IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Da Poemetto: Liriche “Memorie di Sicilia” – Parte quarta

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Carretto siciliano

carretto siciliano (fonte: wikipedia)

di Vincenzo Fiaschitello

Perduta, non trovo più traccia

Perduta, non trovo più traccia

di te, solo pallida memoria

delle tue orme lasciate per il tempo

di un sospiro sulla battigia

del mare di Marzamemi,

che vide salpare età e sogni

come bianchi aironi dispersi

all’orizzonte nella fioca

luce del mattino.  

Il solicello di marzo

Che pena inesplicata sotto

il solicello di marzo che

mi vede errare per queste vie.

Quanti fiori recisi nel campo

dove solennemente troneggia

il marmoreo eroe deturpato

da cumuli di disfatte verze.

Questo tardo e uggioso inverno

tramonta e già si spera nel gioioso

tempo di fiorita primavera

che si fa strada tra giorni freddi

e bui, come l’acqua che i monti

rilasciano tra le aspre rocce

e correndo s’apre varchi verso

campi e ombrosi parchi.

Fuggevole immagine di madre

colpì la mia vista e repentinamente

fuggì, lasciandomi la pena

di non poter carezzare il suo volto

né di sapere neppure se angoscia

l’opprimeva al pari di me.

Geme il vento della sera

Geme il vento della sera,

sulla gronda scorre l’acqua

di un giorno di burrasca,

un passero dorme tra l’umida

frasca della cima di un cipresso.

Là dove restiamo, ciascuno

nel suo luogo di destino,

illesi e tristemente illusi

che la ruota si fermi senza

ulteriore rovina né lacrime

a un angolo di strada.

Ma tu vita che te ne fuggi

silenziosamente come

in un sogno di anarchica ragione,

ricordi ancora il tempo

della fioritura dell’amore?

Un vento attivo e gelido

Un vento attivo e gelido

sbuca tra i vicoli, s’alza furente

tra le cime degli alberi,

scende sulle strade danzando

tra lacerate carte e macerate foglie,

lascia nel cuore vaga nostalgia,

dilegua nell’ombra di sere

inesorabilmente mute e scure.

Non resta spazio alla coscienza

se non per qualche indizio vicino

a parole che richiamano pietà e perdono.

Ora l’anima, spoglia ormai

d’ogni illusione, fatta lieve, libera

da vanità, percorre vie assolate

lontane dall’ombra cupa della selva.

Sulla marina sabbia affondavano

Sulla marina sabbia affondavano

i tralci carichi di grappoli d’uva,

con aspri gridi stridevano i gabbiani

volteggianti nel cielo gravido di fuoco,

piccoli passeri becchettavano briciole

attorno alla fonte canterina della piazza.

Finché la brocca d’acqua si empiva

un sorriso alla tua bocca rubavo

poi fuggivo, rosso in viso, tra i platani

del viale. Avvizziti ricordi sepolti

nelle ceneri del tempo trascorso!

Come in sogno raduno suoni e immagini

nel fosso dell’oblio dove non c’è più

posto per lacrime e sospiri.

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