“Dal Telex all’HPC6”: viaggio di un tecnico tra le meraviglie del progresso digitale

di Antonio Pistillo
Chi, come me, ha cominciato il proprio cammino nei servizi tecnologici nell’era del Telex, quando i messaggi viaggiavano a colpi di “clac” su nastri perforati e le connessioni erano lente ma rivoluzionarie, oggi vive un senso di meraviglia e vertigine di fronte al balzo epocale compiuto dalla tecnologia. Eravamo gli artigiani dell’analogico, pionieri delle prime reti, custodi delle centrali telefoniche a relè e dei ponti radio. Oggi assistiamo, spesso con occhi sognanti e un po’ increduli, alla nascita di colossi digitali come l’HPC6, il supercomputer di Eni tra i più potenti al mondo.
Dalla carta al silicio un tempo si parlava di baud, ora di petaflop.
Si scriveva a mano su registri tecnici, ora i dati fluiscono in tempo reale nei data center iperconnessi, con intelligenze artificiali che analizzano e prendono decisioni. Il nuovo supercomputer HPC6, operativo dal novembre 2024 presso il Green Data Center di Ferrera Erbognone, ha una potenza di 606 PFlops. Per capirci: può compiere oltre 600 milioni di miliardi di operazioni matematiche complesse al secondo. Ai miei tempi, un calcolo così ci avrebbe richiesto mesi, carta millimetrata e tanta pazienza.
Il fascino della potenza silenziosa
HPC6 non è solo potenza bruta.
È bellezza tecnologica, efficienza energetica, intelligenza distribuita.
Con i suoi 3.400 nodi di calcolo e quasi 14.000 GPU, lavora per simulare giacimenti petroliferi, ottimizzare la fusione nucleare, progettare nuove batterie e materiali avanzati. È come se avessimo preso tutte le nostre centrali telegrafiche, le centrali telefoniche e i laboratori chimici, e li avessimo fusi in un unico cervello pensante, silenzioso e verde.
La memoria del passato per affrontare il futuro.
Noi veterani portiamo con noi il senso del limite, della manutenzione manuale, del guasto risolto con un colpo di saldatore e tanta esperienza. Ma proprio questa memoria ci aiuta a comprendere meglio la rivoluzione in atto: non siamo spettatori, ma testimoni e interpreti di un’epoca che collega il sapere analogico alla potenza del digitale.
Guardare avanti con orgoglio
La strada che ci ha portato dall’impulso elettrico del Telex ai sistemi quantistici di domani è un racconto epico. Oggi, ogni volta che un giovane tecnico entra in un data center e controlla i flussi con un’app, io sorrido: perché so da dove veniamo, e quanto lontano siamo arrivati.
E forse è proprio questo il messaggio: il futuro non cancella il passato, lo potenzia. E chi ha vissuto entrambe le ere, ha il privilegio e la responsabilità di raccontarlo.