IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Dall’Antologia poetica “Tramonti di parole” uno scrittore al giorno: Anna Maria Nuzzo

Antologia poetica Tramonti di parole

di Pompeo Maritati

Con l’Antologia Poetica Tramonti di Parole abbiamo dato voce a un coro di sensibilità, visioni ed emozioni che meritano di essere ascoltate una per una, con attenzione e gratitudine. Proponiamo una recensione dedicata a uno dei componimenti pubblicati, non come esercizio critico, ma come gesto di riconoscenza verso chi ha donato la propria parola a questo progetto collettivo. Ogni poesia è un tramonto diverso, un frammento di luce che si posa sul cuore e sulla mente. Rileggerle, commentarle, farle risuonare è il nostro modo di dire grazie a tutti gli autori e le autrici che hanno reso possibile questa iniziativa, trasformando un’idea in un orizzonte condiviso.

ANNA MARIA NUZZO

Quel che vidi al tramonto

Ti vedo sai

tra panni stesi al sole

che gocciolano come rosari.

Quest’acqua che cola

silenziosa cade

nelle braccia della terra.

Non è forse bellezza questa,

nascosta, persa dai nostri sguardi?

Alla fine, rimane un sole,

dei panni, dell’acqua e il viso della terra

che si commuove.

E io lascio che ogni goccia

tocchi il mio cuore.

*****

Antiche memorie

Terra fertile e bella

nei pomeriggi soleggiati

come polvere di cacao

mi apparivi. Immergevo

mani e piedi

per sentire il tuo tepore.

I miei sorrisi volavano nel vento

e si perdevano nei solchi arati,

aspettando l’arrivo del tramonto.

Cantava la terra,

volava la polvere,

mentre il sole scivolava,

si allontanava.

Un altro sole

tornerà domani.

Il sole.


Quel che vidi al tramonto
Questa poesia è un atto di contemplazione, un sussurro lirico che si posa sulle cose semplici per rivelarne la sacralità. L’incipit “Ti vedo sai” è una confidenza che rompe il silenzio, come se la voce poetica si rivolgesse a un interlocutore invisibile, forse la terra stessa, forse un ricordo, forse Dio. I panni stesi al sole, che gocciolano “come rosari”, sono immagine domestica e spirituale insieme: il quotidiano si trasfigura in rito, in preghiera silenziosa. L’acqua che cola diventa voce muta, lacrima, offerta. E la terra, che riceve queste gocce, si commuove: è una personificazione che amplifica il senso di empatia cosmica, dove ogni elemento partecipa al sentimento.

La bellezza evocata non è quella appariscente, ma quella “nascosta, persa dai nostri sguardi”, una bellezza che chiede attenzione, ascolto, presenza. Il sole, i panni, l’acqua e il viso della terra compongono un quadro che vibra di luce e umanità. Il soggetto lirico non osserva soltanto: si lascia toccare, si lascia attraversare. “E io lascio che ogni goccia / tocchi il mio cuore” è il gesto finale, quello che suggella la fusione tra esterno e interno, tra natura e sentimento. Il ritmo è spezzato, meditativo, come se ogni verso fosse una pausa di respiro. Il linguaggio è semplice, ma intriso di tenerezza e profondità. Nuzzo ci invita a vedere con occhi nuovi, a sentire con il cuore, a riconoscere il divino nel gesto più umile.


Antiche memorie
In questa poesia, Anna Maria Nuzzo ci conduce nel territorio della memoria, dove la terra non è solo paesaggio, ma madre, compagna, voce. “Terra fertile e bella” è l’evocazione iniziale, ma subito la visione si fa sensoriale: “come polvere di cacao / mi apparivi”, immagine dolce, tattile, gustativa, che trasforma il suolo in carezza, in cibo dell’anima. Il soggetto lirico immerge mani e piedi, si sporca, si fonde con la terra, in un gesto di appartenenza profonda. È l’infanzia, forse, o un tempo perduto, ma ancora vivo nel corpo e nel cuore.

I sorrisi che volano nel vento e si perdono nei solchi arati sono metafora di gioia semplice, di libertà, di gioco. Ma anche di attesa: “aspettando l’arrivo del tramonto” è il momento della sospensione, del passaggio, della fine che prepara un nuovo inizio. La terra canta, la polvere vola, il sole scivola: tutto è movimento, tutto è voce. Il tramonto non è solo fine del giorno, ma rito di passaggio, dissolvenza che prepara il ritorno. “Un altro sole / tornerà domani” è promessa, è speranza, è certezza che il ciclo continua.

La chiusa “Il sole.”, isolata, solenne, è come un sigillo. Non serve altro: il sole è presenza, è testimone, è dio silenzioso che veglia e ritorna. Il tono è elegiaco, ma mai malinconico: c’è nostalgia, sì, ma anche gratitudine. Il ritmo è più disteso rispetto alla prima poesia, con una progressione temporale che accompagna il fluire della memoria. Il linguaggio è evocativo, sensoriale, e la terra diventa interlocutrice, complice, anima. Nuzzo canta la memoria come canto della terra, e ci invita a ritrovare il nostro corpo nel corpo del mondo.


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