IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Dialogo con Paolo Bolpagni, curatore della mostra ”Pierre-Auguste Renoir. L’alba di un nuovo classicismo”.

Pierre-Auguste Renoir, Le Moulin de la Galette (studio), 1875-1876. Ordrupgaard, Charlottenlund

Pierre-Auguste Renoir, Le Moulin de la Galette (studio), 1875-1876. Ordrupgaard, Charlottenlund

di Antonella Buttazzo

Pierre-Auguste Renoir, Autoritratto, 1876, Fogg Art Museum, Cambridge, Massachusetts
Pierre-Auguste Renoir, Autoritratto, 1876, Fogg Art Museum, Cambridge, Massachusetts

Era il 25 febbraio 1841 quando, Pierre-Auguste Renoir salutò, per la prima volta, il mondo che, più avanti, lo avrebbe reso il celebre pittore della joie de vivre.

E sarà proprio quella frenetica allegrezza diffusa, a fare della pittura di Renoir, il suo tratto stilistico distintivo. Esattamente come la luce dei suoi dipinti, che sfiora delicata, i profili dei cappelli dei giovani aristocratici o le rosee gote delle eteree fanciulle della Francia bohemien di fine Ottocento.

Pierre-Auguste Renoir secondo Paolo Bolpagni: una nuova chiave di lettura

Nonostante la vicinanza alla corrente impressionista, l’artista di Limogese, al contrario dei suoi colleghi, non si dimostra totalmente sprezzante nei confronti della tradizione accademica. Infatti, tale atteggiamento lo porterà a una ricerca artistica volta allo studio in parallelo di diversi metodi espressivi e figurativi.

Questo continuo viaggio tra le forme, i colori e le tecniche condusse Renoir in Italia nel 1881. Un punto di svolta, cruciale e retrospettivo, che lo stesso artista definì importante per la propria maturità artistica, dove le istanze rinascimentali, veriste e classiche si tradussero in una eco di riflessioni monumentali coniugate al paesaggio raffigurato. Ne è un esempio la serie delle bagnanti.

Ed è proprio in questo frangente di sperimentazione ”classicheggiante” del pittore che si inserisce la mostra Renoir. L’alba di un nuovo classicismo, esposta a Rovigo presso gli spazi del Palazzo Roverella, da oggi al 25 giugno 2023.

Ma scopriamo di più su questa mostra, assieme a chi ha avuto modo di ripercorrere i miti, i luoghi e i personaggi cardini dell’artista francese, vale a dire, il curatore Paolo Bolpagni.

La mostra Pierre-Auguste Renoir. L’alba di un nuovo classicismo.

1) Qual è stata la Sua idea curatoriale per la mostra di un grande della Storia dell’arte?

P.B.: Per me l’obiettivo è sempre di fare mostre di ricerca, che accrescano la conoscenza e offrano uno sguardo nuovo anche su artisti e temi già molto indagati, com’è nel caso di Renoir. Accostare le sue opere a quelle dei grandi maestri del passato cui s’ispirò (Vittore Carpaccio, Tiziano, Peter Paul Rubens, Giambattista Tiepolo, Jean-Auguste-Dominique Ingres…) e ragionare sulla fase centrale e tarda della carriera del pittore, evidenziandone il carattere tutt’altro che involutivo, è l’idea curatoriale di fondo che mi ha animato.

Pierre-Auguste Renoir, Nu au fauteuil, 1900. Kunsthaus, Zurigo
Pierre-Auguste Renoir, Nu au fauteuil, 1900. Kunsthaus, Zurigo

2) Come si inserisce questa mostra nella vicenda critica di Pierre-Auguste Renoir?

P.B.: Questo dovranno dirlo i lettori del catalogo, i visitatori della mostra, i colleghi storici dell’arte. Spero di essere riuscito a comunicare quel che volevo esprimere dal punto di vista curatoriale, e a contribuire a guardare Renoir con occhi un po’ diversi.

3) Quali sono stati i contributi originali apportati da Renoir alla storia della pittura o comunque, cosa è rimasto di Pierre-Auguste Renoir, quale è stata la sua influenza sugli artisti successivi?

P.B.: Un impatto enorme e un po’ sottovalutato. E questo è un altro tema centrale della mostra: evidenziare come Renoir abbia anticipato, guardando alla tradizione, vari aspetti del “ritorno all’ordine” che sarebbe esploso verso la fine degli anni Dieci del Novecento in reazione alle avanguardie, ponendo in risalto l’originalità di una produzione che non fu per nulla attardata, ma che costituì uno dei primi casi di quella “moderna classicità” che sarebbe stata perseguita da molti pittori e scultori, in maniera speciale in Italia.

Pensiamo a un nome su tutti: il De Chirico della stagione post-metafisica, a cavallo tra la fine degli anni Venti e l’inizio del Trenta.

Che cosa significa essere curatori oggi secondo Paolo Bolpagni.

Quando si parla dell’organizzazione di mostre, in special modo di grandi nomi dell’arte, come quella di Pierre-Auguste Renoir appunto, ci si domanda sempre quale sia la mente creatrice del percorso che abbiamo scelto di visitare.

Ecco che appare la figura del curatore, ossia, quella professione che si occupa di ideare, progettare e organizzare in maniera dettagliata gli eventi espositivi.

Ma cosa significa essere curatori al giorno d’oggi? Ecco l’opinione in merito di Paolo Bolpagni.

1) Quali sono le ispirazioni autoriali ed extra artistico-visive di cui si nutre nello svolgimento della sua attività scientifica?

P.B.: Non ho particolari fonti d’ispirazione, ma ovviamente leggo molto, osservando anche gli sviluppi più recenti delle discipline storico-artistiche (che non sempre apprezzo). Ho elaborato, sulla base dell’insegnamento dei miei maestri e dei grandi studiosi che ammiro, un mio particolare modo di lavorare, fare ricerca, scrivere e ideare mostre. Non appartengo a nessuna “scuola”, e lo rivendico.

Pierre-Auguste Renoir, Das Hutanstecken, 1898. The ALBERTINA Museum, Vienna
Pierre-Auguste Renoir, Das Hutanstecken, 1898. The ALBERTINA Museum, Vienna

2) Qual è la sua definizione di curatore? E a suo avviso, quali peculiarità deve possedere chi svolge tale professione?

P.B.: Il curatore per me è uno studioso che fa ricerca attraverso le mostre (scelta dei temi, selezione delle opere, modalità espositive, testi di sala – che scrivo sempre io personalmente dalla prima all’ultima riga) e i cataloghi che le accompagnano. Troppo spesso, soprattutto nell’àmbito del contemporaneo, il curatore si trasforma in una specie di “arredatore” modaiolo che fa da “mediatore” tra artista e pubblico: ecco, questo è un atteggiamento che aborro. Il curatore dev’essere uno studioso e al contempo deve saper comunicare.

Ma è vero che io sono uno storico dell’arte, non un critico d’arte: distinzione per me fondamentale.

3) Consci del fatto che tentare una proiezione sull’andamento di un settore tanto delicato come quello dell’arte sia piuttosto imprudente, secondo Lei, quali caratteristiche rappresenteranno il panorama artistico italiano e mondiale dei prossimi decenni?

P.B.: Non ne ho idea. Il mondo cambia velocissimamente (anche troppo): impossibile fare previsioni. Il generale impoverimento culturale cui assistiamo non lascia ben sperare, e le tecnologie spesso istupidiscono, invece che potenziare le nostre facoltà. Tuttavia credo che chi persegue la qualità sarà sempre premiato. I fenomeni puramente mediatici presto o tardi si sgonfiano o svaniscono come bolle di sapone.

Informazioni

Per tutte le informazioni sulla mostra, potete consultare il seguente link: https://www.palazzoroverella.com/renoir-alba-di-un-nuovo-classicismo/

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