di Filippo Rispini
Nel panorama sanitario contemporaneo, la disponibilità immediata e capillare di informazioni sanitarie attraverso internet, unita all’avvento dell’intelligenza artificiale (IA), sta profondamente trasformando il rapporto tra cittadini e farmaci. Se da un lato queste innovazioni rappresentano opportunità straordinarie per l’accesso alla conoscenza, dall’altro sollevano preoccupazioni serie riguardo l’automedicazione, la cattiva interpretazione delle informazioni e l’uso improprio o pericoloso dei medicinali. In questo contesto, diventa urgente e necessario elaborare e diffondere una serie di indicazioni chiare, basate sull’evidenza scientifica, che possano aiutare la popolazione a orientarsi responsabilmente nel complesso mondo della farmacologia, senza cedere all’illusione di poter sostituire i professionisti della salute con una ricerca su Google o una conversazione con un chatbot.
L’assunzione dei farmaci è un atto delicato, che implica una comprensione profonda dei meccanismi fisiopatologici, delle caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche delle sostanze, delle possibili interazioni tra farmaci e tra farmaci e cibi, nonché delle condizioni specifiche del paziente. La prescrizione medica non è solo un atto formale, ma rappresenta un momento cruciale di sintesi tra la scienza medica e la biografia del paziente. Ogni corpo risponde ai farmaci in modo diverso e solo il medico o il farmacista può valutare correttamente quale principio attivo sia necessario, in quale dosaggio, per quanto tempo e in quali condizioni.
Tuttavia, la crescente tendenza al “fai da te sanitario” si alimenta dell’accesso facile a siti internet, forum, blog, video su YouTube e piattaforme social, in cui si moltiplicano consigli non verificati, testimonianze personali, e promozioni aggressive di prodotti “miracolosi”. L’intelligenza artificiale, in particolare nelle sue versioni generative, ha reso ancora più sofisticato l’approccio al problema, fornendo risposte spesso plausibili ma non necessariamente corrette, né contestualizzate clinicamente. Se un paziente pone una domanda a un assistente virtuale su sintomi generici, potrebbe ricevere una lista di possibili cause e relativi trattamenti, ma nessuna di queste informazioni può o deve sostituire una diagnosi.
Uno dei pericoli principali è rappresentato dall’autoprescrizione. L’individuo che legge su internet che un certo farmaco ha risolto il problema di un altro utente, si sente legittimato ad assumerlo senza consultare un professionista. Questo fenomeno, noto come “cybercondria”, oltre a produrre effetti psicosomatici amplifica il rischio di errori terapeutici. Farmaci come antibiotici, ansiolitici, antidepressivi, antipertensivi o antinfiammatori, se assunti in maniera errata, possono causare danni seri, reazioni avverse gravi, dipendenza, o, nel caso degli antibiotici, contribuire allo sviluppo di resistenze batteriche, un problema di salute pubblica globale.
Un secondo livello di criticità riguarda la fiducia mal riposta nelle fonti di informazione. L’utente medio non è in grado di distinguere un sito istituzionale affidabile, come quello dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), dell’OMS o del Ministero della Salute, da un sito commerciale che promuove integratori o pseudoterapie. Anche le app di monitoraggio della salute, per quanto utili, non sostituiscono una visita medica, perché si basano su dati immessi dall’utente e non su parametri oggettivi raccolti con strumenti diagnostici certificati. L’effetto di questa confusione è l’abbassamento della soglia di prudenza nell’assunzione dei medicinali.
Inoltre, con l’arrivo dell’IA nelle case, come assistenti vocali, app sanitarie, chatbot o sistemi diagnostici, molti si affidano a questi strumenti per ottenere indicazioni su sintomi, trattamenti e farmaci. Anche se alcune IA sono state addestrate su vasti corpora medici, la loro funzione resta di supporto e non può in alcun modo sostituire il ragionamento clinico di un medico. L’IA può aiutare a organizzare i dati, suggerire opzioni, segnalare errori potenziali, ma non può valutare l’insieme delle condizioni cliniche, psicologiche, ambientali e familiari del paziente. La medicina non è solo un calcolo, ma anche relazione, intuizione, etica.
Alla luce di questi sviluppi, è necessario promuovere un’educazione sanitaria diffusa, che parta già dalla scuola, prosegua nei media e trovi nei professionisti sanitari dei protagonisti attivi della comunicazione. Ecco alcune indicazioni fondamentali da diffondere a un pubblico vasto, per un uso corretto e consapevole dei farmaci:
- Mai assumere farmaci senza il parere di un medico o farmacista. Anche se si tratta di medicinali da banco, l’uso continuato, l’associazione con altri farmaci o una patologia preesistente possono renderli pericolosi. Non esistono farmaci “sicuri” in assoluto, ma solo terapie appropriate a seconda della condizione.
- Evitare il fai-da-te terapeutico basandosi su internet. I motori di ricerca non sostituiscono una visita medica. Un sintomo può essere comune a decine di patologie diverse, alcune lievi, altre gravi. Solo il medico può contestualizzare correttamente il quadro clinico.
- Diffidare dei consigli online non verificati, specialmente da fonti non ufficiali. Forum, influencer, blog e video non possono sostituire la competenza di un professionista della salute. È importante imparare a riconoscere le fonti autorevoli e privilegiare sempre le informazioni provenienti da enti istituzionali.
- Non condividere né suggerire farmaci ad altri, anche se hanno avuto effetto su di sé. Ogni individuo ha una storia clinica diversa. Un farmaco utile per uno può essere pericoloso per un altro.
- Leggere sempre il foglietto illustrativo, ma interpretarlo con prudenza. L’elenco degli effetti collaterali può spaventare, ma non significa che si manifesteranno tutti. Allo stesso modo, alcune informazioni devono essere interpretate nel contesto medico specifico.
- Informare sempre il medico di tutti i farmaci assunti, inclusi integratori, fitoterapici o prodotti omeopatici. Anche questi possono interagire con i medicinali o alterare i parametri biologici.
- Non sospendere mai una terapia senza il parere del medico. Anche se i sintomi scompaiono, il ciclo terapeutico deve essere completato. In caso di effetti collaterali, è necessario consultare il professionista per una eventuale modifica.
- Non usare l’intelligenza artificiale per ottenere diagnosi o prescrizioni. L’IA può essere un supporto nella raccolta di informazioni o nella gestione delle agende sanitarie, ma non ha la capacità di sostituire la valutazione clinica umana.
- Educare all’autonomia consapevole. Il cittadino deve sentirsi parte attiva del proprio percorso di cura, ma in collaborazione con i professionisti. Chiedere spiegazioni, comprendere i farmaci prescritti, saperli gestire correttamente è un diritto e un dovere.
- Promuovere campagne pubbliche di alfabetizzazione sanitaria. Il Servizio Sanitario Nazionale, le scuole, le farmacie, le università e i media devono collaborare per diffondere una cultura della salute aggiornata, critica e responsabile, che sappia integrare le tecnologie senza mitizzarle.
Il futuro della medicina sarà sempre più digitale, ma l’essere umano, con le sue complessità fisiche, psicologiche e sociali, non potrà mai essere ridotto a un algoritmo. Per questo, la formazione del cittadino alla gestione corretta dei farmaci deve andare di pari passo con l’evoluzione tecnologica. L’intelligenza artificiale può diventare una preziosa alleata nella lotta contro le malattie, ma solo se utilizzata con spirito critico, sotto la guida di chi ha fatto della medicina una professione e non un campo di improvvisazione.
Infine, occorre una riflessione etica. L’automedicazione e l’autodiagnosi spesso nascono non solo da superficialità, ma anche da un senso di sfiducia nelle istituzioni sanitarie, dalla difficoltà di accesso alle cure, dai tempi lunghi delle visite o dai costi elevati. In questo senso, garantire un servizio sanitario efficiente, accessibile e capace di ascoltare il paziente rappresenta la prima vera prevenzione contro l’uso scorretto dei farmaci. Non basta dire ai cittadini cosa non fare; bisogna metterli nelle condizioni di potersi curare con fiducia, ascolto, continuità. Solo così il farmaco tornerà ad essere ciò che è: uno strumento potente nelle mani giuste, un alleato della salute, non un rischio per l’imprudenza.