IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Federico II: un imperatore ai raggi X

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Federico II

di Gianvito Pipitone

Mi riallaccio all’articolo (vedi: Caccia all’uomo)  di qualche settimana fa che tracciava per larghe linee il disegno persecutorio degli invasori normanni ai danni degli aborigeni musulmani, una volta subentrati nel Regno di Sicilia a metà del XII sec.

La ricerca di oggi ci porterà più specificatamente sulle tracce di Federico II e indugerà sull’atteggiamento tenuto dall’imperatore nei confronti delle (allora) ancora cospicue sacche di minoranze arabo-musulmane di Sicilia costrette ad abiurare la propria fede oppure ad abbandonare l’isola per avere salva la propria pelle. Per quanti invece non avessero ceduto al vile ricatto, a loro non restava che fuggire riparando sulle montagne a sud di Palermo, in quel vasto territorio che Ruggero II (nonno di Federico per parte di madre) aveva assegnato all’arcivescovato di Monreale: una sorta di bantustan dove vigeva a tutti gli effetti una sorta di segregazione razziale ante litteram. Queste le coordinate ereditate dalla precedente amministrazione normanna da parte del quattordicenne Federico quando, con la maggiore età, prese pieno possesso del Regno di Sicilia.

Ma Federico II, colui che in seguito sarebbe stato definito “stupor mundi”, imperatore del Sacro Romano Impero, grande mecenate, fine letterato e saggista, intriso di quella cultura universale che si respirava all’interno della propria corte, avrebbe invece agito diversamente dai suoi avi normanni? la risposta secca è no. E vedremo di articolare nelle prossime pagine quali furono le tappe che portarono, nel giro di qualche decennio, alla totale estinzione del ceppo di etnia araba sul suolo siciliano.

Di certo si può ben dire che Federico non fosse felice di aver ereditato un problema di questa portata dai suoi congiunti normanni. È però assai probabile che nella realpolitik di allora, non avesse molta scelta e che, messo con le spalle al muro, non potesse permettersi di accettare di tenere sotto il proprio trono delle sacche di turbolenze che creavano instabilità prima nel regno e poi in tutto l’impero. Per tali ragioni, legate forse ad un certo imbarazzo che gli causarono questi cocciuti ribelli, Federico fu costretto a prendere, come si suole dire, il toro per le corna. Ed è quasi certo che le azioni che seguirono furono adottate nel più stretto riserbo, con la speranza che non solo non offuscassero la serenità del suo impero già messa a dura prova su diversi e ben più importanti versanti, ma che la “soluzione finale” adottata contro i saraceni di Sicilia non sollevasse troppa polvere, tale da mettere in cattiva luce la gestione del suo Regno di Sicilia, fiore all’occhiello del Sacro Romano Impero

Nella situazione politica di allora, insomma, non stupisce nessuno se, ad azioni decise e cruente intraprese dalle forze del regno, fossero seguite comunicazioni ufficiali di basso profilo che tendessero a derubricare la “questione dei saraceni” a problema di ordine pubblico. Cosa che evidentemente non era: proprio perché non ci può essere un problema di “mero” ordine pubblico quando alla base della “violenza di stato” vi è l’esigenza di sopprimere un intero ceppo etnico ben determinato, insieme alle sue usanze, alla sua cultura, lingua e religione.

Quello che è certo è che Federico non aveva fatto bene i conti con la forza, la dedizione, il senso di appartenenza e l’orgoglio dei saraceni di Sicilia se, solo dopo una prolungata e sfiancante guerriglia durata diversi decenni sembrò finalmente venire a capo di quella che, a ben guardare, era diventata a tutti gli effetti la sua bestia nera: la gente del Corano. Ma prima di raccontare le tappe intraprese da Federico II è quanto mai opportuno delineare un suo rapido ritratto, per inquadrare gli scenari in cui si muoveva e riassumere per sommi capi il pensiero della critica storica che, allora come oggi, ne ha spesso accompagnato le sue gesta.

Molto di quanto conosciamo sul regno dello svevo in Sicilia è certamente frutto della prosopopea che in ogni tempo ha circondato la sua figura, tanto da accostare il suo nome all’olimpo dei più grandi di ogni tempo: da Alessandro Magno a Giulio Cesare, da Carlo Magno a Napoleone Bonaparte. E non poca rilevanza ha assunto nel corso dei secoli il Mito costruito attorno al personaggio che di per sé appariva quasi una sorta di predestinato: normanno per parte di madre (Costanza d’Altavilla) e svevo per parte di padre (Enrico VI di Hohenstaufen), nipote di due grandi personaggi del XII secolo: Ruggero II d’Altavilla e Federico Barbarossa. Un pedigree da Mito davvero niente male! che in ogni tempo non ha mancato di generare nuove e spesso strampalate congetture sul suo conto.

Orfano di entrambi i genitori in tenera età ed erede al trono sotto tutela di papa Innocenzo III, solo alla maggior età di 14 anni poté insediarsi sul trono del Regno di Sicilia e da lì a pochi anni, con l’incoronazione a imperatore del Sacro Romano Impero, sarebbe divenuto la figura più imponente e potente del suo tempo; fino alla sua morte, avvenuta nel 1250 alla prematura età di 57 anni.

Della sensibilità artistica e letteraria e del ruolo di grande mecenate che Federico giocò per artisti poeti e architetti del tempo, sono piene le cronache e non è certo questa la sede per tesserne le lodi. È tanto più facile, trovandosi davanti alla poliedrica figura dello svevo, nonché alla straordinaria mole di fatti e accadimenti storici di cui è stato attore principale (scomuniche papali, crociate in Terrasanta, incoronazione a Gerusalemme, etc.) indugiare sui tanti aspetti positivi del Regno di Sicilia e dell’Impero di quel tempo. Del tutto comprensibile come la critica storica sia stata da sempre attratta dalle luci del suo personaggio. Giusto. Ma a patto però che quella sorta di soggezione psicologica nei confronti del mito, non ci impedisca di fare luce anche su altri aspetti meno edificanti che lo videro protagonista.

In realtà, non tutti i suoi contemporanei giudicarono l’azione di Federico II di buon grado. Ecco ad esempio le parole di Salimbene de Adam, monaco parmigiano: “Fu uomo pestifero, maledetto, scismatico, eretico, epicureo, corruttore di tutto il mondo, perché seminò nelle città italiane tanto seme di divisione e di discordia, che dura tuttora”. Nelle sue Croniche, Salimbene riprende anche il giudizio negativo di un altro monaco del tempo, Gioacchino da Fiore, che pare avesse già messo in guardia il padre di Federico con queste parole: “Il figlio tuo sarà perverso, iniquo, sarà il figlio tuo ed erede, o principe. Perocché, diventato padrone, metterà sossopra il mondo, e calpesterà i santi dell’altissimo. Penserà nel cuor suo di distruggere e di sterminare genti non poche”. Erano tempi di grande polarizzazione del pensiero, allora, è giusto sottolinearlo: e la propaganda guelfa non gli risparmiava certo feroci critiche definendolo come “un ateo, o un eretico epicureo, o addirittura come un convertito all’Islam”, perché aveva manifestato vicinanza al sultano d’Egitto Malik al-Kamil con il quale strinse un vero e proprio sodalizio politico e culturale. Basti pensare che lo stesso Dante lo citò nel girone degli eretici vicino a Farinata degli Uberti.

Addirittura Federico II finì per essere definito l’anticristo da papa Gregorio IX (che per ben due volte lo scomunicò), anche in virtù di una leggenda medievale che sosteneva che sarebbe nato dall’unione fra una vecchia monaca e un frate. Leggenda che pare collegata al personaggio di Fra Pacifico, che fu “cavalier servente” della madre di Federico, Costanza (gia’ quarantenne/vecchia quando diede alla luce lo stupor mundi) alla quale sembra fosse legato da un amore segreto il cui frutto potrebbe essere stato proprio Federico.

Le leggende non riguardarono solo l’aspetto folcloristico collegato alla sua supposta figura di anticristo ma investirono anche la sua stessa formazione e la sua infanzia. Secondo il celebre ritratto di Kantorowicz, Federico fu il tipico “non-scolaro”, che non deve nulla a nessuno e che ha tratto profitto solo dalle durezze cui lo mise davanti la vita. Una visione quasi agiografica quello dello storico polacco, secondo cui i suoi maestri furono: il mercato e i vicoli di Palermo e in definitiva la vita stessa. Scrive Kantorowicz: “Nel castello, nessuno sembrò più occuparsi del bambino; i beni reali furono anzi così male amministrati, che egli si trovò letteralmente alla fame. I Palermitani, mossi a pietà, si presero cura di lui e lo nutrirono, chi per una settimana, chi per un mese, a seconda delle possibilità loro. La gente vedeva volentieri accanto a sé il bel fanciullo di nove anni, colpita dagli occhi sereni e raggianti.

Ma la tesi secondo la quale Federico II si sarebbe aggirato per i vicoli e i mercati di Palermo, che gli avrebbero offerto molteplici stimoli in una sorta di autoformazione, secondo la più recente critica storiografica sarebbe solo frutto della fantasia di autori moderni; così come non sarebbe neanche attendibile la notizia secondo la quale il giovane re avrebbe in quel periodo addirittura “sofferto la fame, avrebbe vagato per le strade di Palermo ricevendo il sostentamento dai sudditi”.

Fra i suoi detrattori, se così possiamo dire, troviamo invece lo storico contemporaneo inglese David Abulafia, che definisce sopravvalutata l’aurea di progressismo con cui viene spesso ammantata la figura di Federico, troppo idealizzata e in sostanza frutto di una serie di fraintendimenti, tanto da definirlo:  un conservatore incallito, un uomo che guardò più indietro che avanti”. Un profilo diametralmente opposto dunque che stride parecchio con la figura mitizzata da una certa vulgata romantica capeggiata dalla “scuola germanica” con a capo Jakob Burckhardt, spesso incline alla celebrazione dei fini, giustificandone quasi sempre i mezzi.

Questo è solo un piccolo saggio degli eccessi della critica che la figura di Federico II ha suscitato ed ancora oggi suscita fra gli storici e gli appassionati del Medioevo grazie o a causa della sua prepotente attività politica, militare e culturale. Difficile barcamenarsi fra il mito e realtà quando si tratta di lui. Dobbiamo tenere a mente tutte queste componenti, di personaggio scomodo, divisivo, a volte altero e arrogante, sicuramente curioso nei confronti della vita e di tutte le manifestazioni artistiche e culturali, affascinante e in un certo senso magnetico, quando ci accostiamo alle fonti che ci parlano di Federico II.

Il suo non può che risultare dunque un ritratto in chiaroscuro, di certo intrigante, ma che non può omettere a bilancio le sue azioni più cruente e le sue decisioni più discutibili. La Storia, sappiamo bene, è scritta dai vincitori ed è anche molto probabile che della violenza diffusa, delle deportazioni, dei campi di detenzione creati per i ribelli saraceni, siano filtrati ben pochi documenti coevi, magari messi a tacere nel corso dei secoli. Un capitolo che, vista l’ampiezza e la delicatezza della trattazione, mi curero’ di affrontare nel prossimo episodio.

14 dicembre 2021

Bibliografia essenziale

F. MAURICI, L’Emirato sulle Montagne 1987. Ediz- Centro Documentazione e ricerca per la Siciliana Antica “Paolo Orsi”. J. JOHNS, The Muslims of Norman Sicily I. PERI, Uomini, città e campagne in Sicilia. Dall’XI al XIII secolo. Ed Laterza 1978 I. PERI, Città e campagna in Sicilia. Dominazione Normanna, A. METCALF,The Norman conquest of Muslim Sicily, Alex Metcalf, Lancaster University A. METCALF The Society of Norman Italy Publisher: BrillEditors: G. A. Loud, Alex Metcalfe 2002 E. KANTOROWICZ, Federico II imperatore, Milano 1940, 1976 M. AMARI Storia dei musulmani di Sicilia Ed. Lemonnier 1854 S. TRAMONTANA Il Regno di Sicilia. Uomo e natura dall’XI al XIII Giulio Einaudi 2015 FEDERICO II L’arte di cacciare con gli uccelli. Edizione e traduzione italiana del ms. lat. 717 della Biblioteca Universitaria di Bologna D. ABULAFIA Federico II. Un imperatore Medievale Ed. Giulio Einaudi 1993 J.J.NORWICH The Normans in Sicily, London: Penguin, 1992 S. TRAMONTANA L’isola di Allāh Luoghi, uomini e cose di Sicilia nei secoli IX-XI Einaudi ED. 2014 AHMED SOMAI, I Musulmani di Lucera: dalla deportazione allo sterminio (1220-1300) da “Dialoghi Mediterranei”, Periodico bimestrale dell’Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo https://www.istitutoeuroarabo.it/ R. LICINIO Lucera [e la deportazione dei musulmani di Sicilia in Puglia da parte di Federico II], di Raffaele Licinio.

Fonte: www.barrylyndon75.it

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