Fonti storiografiche Bizantine sull’Italia meridionale peninsulare – Parte 3/3

di Gennaro Tedesco
Una Guerra infinita
Il luogo era particolarmente sicuro e ben fortificato, dal momento che era situato sulla cima di una ripida collina, con una serie di massi che si allungavano in tutte le direzioni e che sorgevano a picco sulla cima, che lo rendeva inaccessibile all’assalto nemico.
Una volta che quei Goti si erano riuniti insieme in questo luogo, si credettero al sicuro e non avevano la minima intenzione di capitolare di fronte ai Romani. Anzi essi erano determinati a combattere con tutte le loro forze chiunque li attaccasse. L’uomo che li spingeva e incitava ad adottare quella via era un barbaro chiamato Ragnari, che tuttavia non essendo né parente né un compatriota era loro capo. Egli apparteneva, infatti, a una tribù unna chiamata i Bitgors. Egli raggiunse la sua preminente posizione per la sua destrezza e astuzia e capacità nell’acquistare personale influenza con tutti i mezzi insieme leciti e illeciti. Ora egli stava progettando di riprendere le ostilità nella speranza di accrescere il suo prestigio. Narsete, nel frattempo, marciava contro di essi con tutte le sue forze. Ma dal momento che era impossibile arrivare vicino al forte per lanciare un brusco attacco e non c’era motivo di combattere fuori su terreno svantaggiato, egli si sistemò per un regolare assedio, sorvegliando ogni possibile punto di rifornimento, allo scopo di fare in modo che niente fosse trasportato agli uomini dentro e fossero scoraggiati dall’arrischiarsi fuori a piacimento. I barbari comunque non soffrirono alcun reale danno come risultato di questa politica, essendo infatti in possesso di una abbondanza di rifornimenti, dal momento che tutti i loro rifornimenti e gli oggetti più preziosi erano stati precedentemente portati a questo forte, che essi credevano fosse inespugnabile. Tuttavia il fatto di essere assediati dai Romani era fonte di noia per essi e credevano che sarebbe stata una grande indegnità se essi continuavano ad essere relegati e rinchiusi in uno spazio circoscritto per un periodo indefinito. Così essi fecero frequenti sortite contro il nemico, sperando di poter riuscire ad allontanarli dal posto, ma il combattimento era confuso e inconcludente. Dopo che un inverno era passato in queste operazioni Ragnari decise di chiedere di discutere di accordi con Narsete. Essendo stato accordato il permesso per un colloquio, egli apparve scortato da pochi uomini e i due si incontrarono in un posto nella terra di nessuno ed ebbero una prolissa discussione. Ma lo spettacolo di Ragnariinsuperbito dalla presunzione, che si vantava eccessivamente, facendo oltraggiose richieste e generalmente adottando un elevato e forte atteggiamento, decise Narsete ad interrompere l’incontro incondizionatamente e lo mandò via senza alcuna fatica. Ma, quando egli era già arrivato sulla cima della collina e non era lontano dalle mura del forte, furtivamente e senza fare un rumore tirò il suo arco e, furioso per il fallimento dei suoi piani, girò intorno e tirò una freccia diritta a Narsete. Egli mancò il colpo. La freccia volò lontano dal bersaglio e cadde a terra senza far male ad alcuno. Ma il barbaro fu rapidamente punito per la sua slealtà. Irritata per la sua insolenza, la guardia del corpo di Narsete lo colpì. Il disgraziato fu ferito mortalmente, la sua inevitabile ricompensa per aver perpetrato un tale sporco tipo di slealtà. Con difficoltà la sua scorta lo trasportò nella fortezza. Egli giacque lì moribondo per due giorni e alla fine morì di una ignominiosa morte, che era la giusta conclusione della sua insana perfidia. Dopo la sua morte i Goti, pensando che non erano in grado per lungo tempo di sostenere l’assedio, richiesero a Narsete di fornir loro l’assicurazione che egli non li avrebbe privati della vita. Appena essi ricevettero un impegno giurato, a quel risultato essi e il forte immediatamente si arresero. Narsete non mise a morte nessuno di essi , a parte il fatto che egli aveva dato la sua parola di non farlo, sarebbe stato impensabile uccidere a sangue freddo un nemico sconfitto. Per prevenirli dal provocare qualche altro guaio, comunque, egli li mandò tutti dallo imperatore a Costantinopoli.” (89)
MENANDRO PROTETTORE (VI)
“Il papa chiede aiuto contro i barbari senza ottenerlo.” (90)
Appartiene invece alla storiografia ecclesiastica Evagrio Scolastico, ma siccome è uno dei pochi che abbiamo incontrato attinenti a questo genere storiografico, lo riportiamo lo stesso qui , senza separarlo dalla storiografia aulica.
EVAGRIO SCOLASTICO (VI)
“Passo ora a parlare degli avvenimenti in Italia, che lo stesso retore Procopio spiegò completamente fino ai suoi tempi. Dopo che Teodorico, di cui precedentemente abbiamo parlato, ebbe preso Roma, sconfitto Odoacre che portò in essa la tirannide, e avendo amministrato l’impero romano fino alla fine della vita, dopo la sua morte Amalasunta, che era stata sua moglie, ebbe la tutela del figlio comune Atalarico e l’amministrazione di tutto il regno , subentrando al potere del marito , e in questo modo stando attenta alla situazione. Questi avvenimenti spinsero Giustiniano a desiderare la guerra gotica, dopo aver mandato ambasciatori da quello, essendo state tese insidie contro di lui. Quindi, essendo Atalarico morto in ancora tenera età, Teodato, congiunto di Teodorico, ottenne l’amministrazione dell’impero occidentale. Ma , Giustiniano avendo mandato Belisario in Occidente, abdicò, dato che, più portato per gli studi liberali, era non abbastanza pratico di cose belliche: frattanto Vitige, uomo bellicosissimo , fu posto a capo delle truppe occidentali. Dalla Storia dello stesso Procopio apprendiamo anche questo, che Vitige, avendo udito dell’arrivo in Italia di Belisario, si era ritirato a Roma; Belisario con le sue truppe si avvicinò alla città; i Romani, aperte le porte, lo ricevettero molto calorosamente, facendo ciò soprattutto Silverio, vescovo di Roma, che per quella azione aveva mandato Fidelio, che era stato una volta consigliere di Atalarico. Così i Romani, senza combattere , consegnarono la città a Belisario: e nuovamente la città di Roma cadde nelle mani dei Romani, dopo soltanto 60 anni, nel mese di Apele, che i Romani chiamano Dicembre , nell’undicesimo anno dell’impero di Giustiniano. Lo stesso Procopio scrive pure che, Belisario, essendo assediata Roma dai Goti, deportò in Acaia Silverio, pontefice della stessa città, che egli considerava sospetto di tradimento e sostituì Vigilio al suo posto.” (91)
“Narra quindi lo stesso Procopio del ritorno di Belisario a Costantinopoli, e come avesse condotto con se Vitige insieme con il bottino che aveva preso nella città di Roma: e come Totila avesse rivendicato a se l’impero romano e la città di Roma fosse ripiombata nuovamente sotto il dominio dei Goti. Come pure Belisario, essendo venuto in Italia un’altra volta, avesse ripreso Roma.” (92)
“(Procopio) inoltre narra le imprese di Narsete, che Giustiniano aveva mandato in Italia: e come egli avesse sconfitto Totila e quindi Teia, e come la città di Roma sia stata presa per la quinta volta. Quindi quelli che furono in buoni rapporti con Narsete dicono che egli onorava con suppliche e altri onori la potenza divina a tal punto, e riservava onori dovuti a uno pari a un dio con tanta passione, che esso gli rivelava la occasione in cui bisognava combattere: che Narsete non iniziasse il combattimento prima che avesse ricevuto il segnale da esso . Anche molte altre imprese furono compiute dallo stesso Narsete , degne della massima lode: come colui che aveva debellato Butilino e Sindualdo e molte regioni fino all’Oceano aveva aggiunto al domino romano. Tutto ciò il retore Agatia stese per iscritto: tuttavia non l’abbiamo ancora potuto ottenere.” (93)
TEOFILATTO SIMOCATTA (VII)
“L’antica Roma respinse vigorosamente le invasioni dei Longobardi.” (94)
NOTE
(1) Procopio di Cesarea, La guerra gotica, a cura di D. Comparetti, vol. I, Roma 1895, I, I, p.10, (Fonti per la storia d’Italia).
(2) idem I, III, p.21
(3) idem I,V, p.37
(4) idem I, VIII, p.54
(5) idem I, VIII, p.59
(6) idem I, VIII, p.59
(7) idem I, VIII, p.63
(8) idem I, X, p.70
(9) idem I, X, p.77
(10) idem I, XIV, p.109
(11) idem I, XIV, p.111
(12) idem I, XV, p.113
(13) idem I, XV, p.114
(14) idem I, XVIII, p.139
(15) idem I, XIX, p.141
(16) idem I, XIX, p.143
(17) idem I, XIX, p.144
(18) idem I, XX, p.147
(19) idem I, XX, p.148
(20) idem I, XX, p.149
(21) idem I, XXIV, p.175
(22) idem I, XXV, p.182
(23) idem I, XXV, p.183
(24) idem I, XXIV, p.177
(25) Procopio, La guerra gotica, a cura di F.M. Pontani, Roma 1974, I, 27, p. 107
(26) idem II, 3, pp. 122-123
(27) idem II, 3, p. 125
(28) idem II, 4, pp. 127-128
(29) idem II, 6, pp. 131-133
(30) idem II, 20, pp. 167-168
(31) idem II, 22, pp. 173-174
(32) idem II, 24, p.179
(33) idem III, 1, pp. 203-204
(34) idem III, 4, p. 34
(35) idem III, 6, pp. 214-215
(36) idem III, 6, p. 216
(37) idem III, 7, pp. 217-218
(38) idem III, 8, pp. 219-220
(39) idem III, 8, p. 220
(40) idem III, 9, p. 222
(41) idem III, 9, p. 224
(42) idem III, 10, pp. 224-225
(43) idem III, 11, pp. 229-230
(44) idem III, 13, p. 232
(45) idem III, 15, p. 239
(46) idem III, 16, p. 240
(47) idem III, 17, pp. 244-245
(48) idem III, 18, pp. 246-249
(49) idem III, 20, pp. 254-255
(50) idem III, 22, pp. 258-260
(51) idem III, 23, pp. 261-262
(52) idem III, 26, pp. 268-269
(53) idem III, 27, pp. 270-271
(54) idem III, 28, pp. 272-273
(55) idem III, 29, p. 276
(56) idem III, 30, pp. 276-277
(57) idem III, 35, p. 292
(58) idem III, 35, p. 293
(59) idem III, 36, p. 295
(60) idem III, 37, p. 298
(61) idem III, 37, p. 299
(62) idem III , 39 , pp..302-303
(63) idem IV, 22, pp. 380-381
(64) idem IV, 25, p. 395
(65) idem IV, 26, pp. 395-396
(66) idem IV, 33, p. 416
(67) idem IV, 33, pp. 417-418
(68) idem IV, 34, pp. 418-419
(69) idem IV, 34, p. 420
(70) idem IV, 35, pp. 420-424
(71) Procopio di Cesarea, Le Inedite, Libro nono delle Istorie, a cura di D. Comparetti, ediz. post. licenziata da D. Bassi, Roma 1928, V, p. 33 (Fonti per la storia d’Italia)
(72) idem V, p. 34
(73) idem XVIII, p. 121
(74) idem XXIV, p. 157
(75) Agathiae Myrinaei Historiarum libri quinque, recensuit S. Costanza, Messina 1969, Praefatio, 30, 31. pp. 7-8
(76) idem I, 1, p. 9
(77) idem I, 7, p. 10
(78) idem I, 2,3,4,5,6,9,2,3,4,5,10,2,3,4,5,6,7,8,9,II, pp. 16-18
(79) idem I, 5, p. 19
(80) idem I, 7, 8 9, 10, pp. 24-25
(81) idem I, 3, p. 27
(82) idem I, 20, 2, 3, 4, 5, 6, 7, p. 28
(83) idem II, 1,2,3,5,6,7,8,7,10,11,2,23, pp. 32-33
(84) idem II, 4,2,3,4,5,6,7,8,9,5,2,3, pp. 35-37
(85) idem II, 6, 2, p. 37
(86) idem II, 3, p. 41
(87) idem II, 11, p. 42
(88) idem II, 7, 8, 9, 11, p. 43
(89) idem II, 13, 2, 3, 4, 5, 6, 14, 2,3,4,5,6,7, pp. 45-47
(90) Menandro ‘Protettore’, Historia, in Histoire de Costantinople, traduite par M. Cousin, Tome III, Paris MDCLXXII, XVIII, 7, p. 92
(91) Evagrius Scholasticus, Historiae Ecclesiasticae, in Patrologiae Cursus Completus, Series Graeca, accurante J. P. Migne, Tomus LXXXVI, Pars posterior, Leontius Byzantinus S. Ephraimus Antiochenus Patriarcha Paulus Silentiarius S. Eutychius Cp. Evagrius S. Eulogius Alex. S. Symeon Junior Alii, Paris 1860. IV, XIX, pp. 2736-2737.
(92) idem IV, XXI, p. 2739
(93) idem IV, XXIV, p 2741
(94) Teofilatto Simocatta, Historia universalis, in Theophylactus Simocatta Genesius, e recognitione C. Lachmanni, Bonnae MDCCCXXXIV, III, IV, p. 212 (Corpus Fontium Historiae Byzantinae)
Vedi anche :
Procopio , Storie segrete , a c. di F. Conca e P. Cesaretti , Milano 1996
Agathiae Myrinaei Historiarum Libri Quinque , ed. B. G. Niebuhr , Bonnae 1828
[CSHB] ; Nuova Edizione Agathiae Myrinaei Historiarum Libri Quinque , ed. R.
Keydell , Berlin 1967 [CFHB] che presenta solo il testo greco su cui è stata condotta la traduzione in inglese Agathias The Histories , by J. D. Frendo , Berlin – New York 1975 [CFHB]
Menandri Protectoris Excerpta , in Dexippi , Eunapii , Petri Patricci , Prisci , Menandri Historiarum Quae supersunt , edd. I. Bekker , B. G. Niebuhr , Bonnae 1829 [CSHB]
Theophylacti Simocattae Historiarum Libri Octo , ed . I. Bekker , Bonnae 1834 [CSHB] ; oppure ed. C. de Boor , Leipzig 1876 ;
Theophylacti Simocattae , Historiae , ed. P. Wirth , Stuttgart 1972