I giovani sono sempre colpevoli. L’eterna ipocrisia degli adulti, incapaci di tramandare conoscenza

di Riccardo Rescio
Da millenni, gli adulti accusano le nuove generazioni di essere superficiali, irrispettose, presuntuose. Ma c’è una verità imbarazzante che nessuno vuole ammettere, i giovani non sono un’anomalia della natura, ma lo specchio di chi li ha educati o non educati. La retorica incombente è di fatta di frasi fatte, di luoghi comuni e gratuite banalità, perché lo si voglia o no, lo si sappia o meno, si sia consapevoli o del tutto ignari, la lamentela è un classico purtroppo inalienabile che costituisce un vero e proprio alibi all’incapacità di formare le nuove generazioni. Alcune delle frasi che sentiamo spesso ripetere sono un classico, tipo “Questa gioventù è insopportabile, irriguardosa e saputa”, “I figli non hanno rispetto per i padri”, sanno solo “sperperare i soldi”. Ma si da il caso, poco conosciuto o volutamente ignorato, che le affermazioni sopra elencate non sono frutto dell’osservazione comportamentale della gioventù del terzo millennio, ma citazioni di filosofi vissuti migliaia di anni fa.
Infatti già nel VIII secolo a.C., Esiodo scriveva: “Questa gioventù è insopportabile, irriguardosa e saputa” (Le opere e i giorni). Platone, nel IV secolo a.C., rincarava, “I figli non hanno rispetto per i padri” (La Repubblica). Orazio, nell’antica Roma, li accusava di sperperare i soldi (Odi). Aristotele, nella “Retorica”, descrive i giovani come, “Magnanimi, perché credono di sapere tutto e osano l’impossibile”. Oggi diremmo “Sono arroganti e impulsivi”. Esiodo (VIII-VII sec. a.C.) scriveva “Non nutro più alcuna speranza per il futuro del nostro popolo, se deve dipendere dalla gioventù superficiale di oggi, perché questa gioventù è senza dubbio insopportabile, irriguardosa e saputa”. (Dal poema “Le opere e i giorni”, uno dei primi esempi di critica generazionale nella letteratura occidentale). Platone (IV sec. a.C.) asseriva “Oggi il padre teme i figli. I figli si credono uguali al padre e non hanno né rispetto né stima per i genitori…
Gli anziani, per non apparire retrogradi, acconsentono a tale cedimento”. (Da “La Repubblica”, Libro VIII, dove analizza il declino dei valori nelle generazioni successive. Orazio (I sec. a.C.) considerava “Questa gioventù di sbarbati… non prevede ciò che è utile, sperperando i suoi soldi”. (Dalle “Odi”, critica alla mancanza di 0 sempre di tutto e di più, ma è proprio per la diversità con le generazioni precedenti, per l’audacia assopita nei padri, per l’incapacità degli stessi di cambiare prospettiva che spinge in avanti le rivoluzioni scientifiche, sociali, artistiche. Chi ha cambiato il mondo da Galileo Galilei a Malala Yousafzai, la giovane attivista pakistana,
Premio Nobel per la pace a soli 17 anni per la sua coraggiosa battaglia per il diritto all’istruzione femminile, sfidando l’oppressione talebana nella valle dello Swat. Sono sempre e comunque le nuove generazioni a fare e quelli citati non sono che due emblematici esempi di giovani audaci. La domanda che nasce spontanea è perché in ogni epoca si ripete lo stesso ritornello, sicuramente perché nessuno vuole notare che i comportamenti dei giovani sono gli stessi da 3000 anni e la risposta non può che essere scomoda per gli adulti che usano i giovani come capri espiatori per nascondere le proprie responsabilità e incapacità. Il paradosso educativo è che non servono atteggiamenti estremi (autoritarismo o lassismo), ma strumenti per stimolare curiosità e partecipazione. I comportamenti giovanili non sono patologie, ma sintomi di fallimenti educativi.
Tralasciando ovviamente le patologie congenite, si può affermare che qualsiasi comportamento giovanile è prova evidente del fallimento educativo. Accusare i giovani serve unicamente ad assolvere se stessi con affermazioi come “Noi eravamo migliori”, oppure per evitare di fare meglio affermando “Tanto le nuove generazioni sono perdute”, o ancora peggio anuncuando “Dovete adeguarvi ai nostri standard”. La sfida per le generazioni adulte è quella di smettere di mentire a sé stessi. I giovani non sono “peggiorati”, sono semplicemente diversi, perché il mondo in cui crescono è diverso. Se mancano di rispetto, chiediamoci chi gliel’ha insegnato, se sono pigri, ricordiamo chi ha reso il futuro un incubo (crisi climatiche, precariato), se osano troppo, festeggiamoli sono l’unica speranza per rompere cicli tossici.
La prossima volta che sentirete un adulto dire “Ai miei tempi…”, ricordategli che “Ai suoi tempi” c’erano Esiodo e Platone che si lamentavano esattamente come lui. I giovani non sono un problema da risolvere, ma una conseguenza da accettare. L’unica cosa peggiore di un giovane “irresponsabile” è un adulto che rinuncia a educare e poi punta il dito.
Riccardo Rescio