IL PENSIERO MEDITERRANEO

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I tranelli della comunicazione verbale Vicende delle parole e delle frasi. Riflessioni non peregrine di ferragosto

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come-il-cervello-interpreta-il-significato-delle-frasi

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di Maurizio Mazzotta

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“Una vecchia porta la sbarra”. Se si legge questa frase senza soffermarsi su nessuna delle parole, può accadere che due persone intendano due “cose” differenti, e cioè

1: che una donna anziana porta una sbarra di ferro;

2: che una vecchia porta, cioè un infisso di legno deteriorato, sbarra la strada per uscire o per entrare in una stanza.

Se si vuole evitare l’equivoco si può vigilare sul nostro messaggio e precisarlo mediante i tratti prosodici, che sono l’accentuazione, l’intonazione, la durata, con cui esprimiamo la parola, cioè il segmento della frase che ci interessa. Si chiamano appunto “tratti soprasegmentali”. Noi comunichiamo utilizzando, quando è il caso, questo ulteriore linguaggio che ha lo scopo proprio di evitare equivoci. Gli attori a teatro o al cinema lo utilizzano per emozionare; anche noi a volte, meno consapevolmente, per comunicare le nostre emozioni, più spesso per farci capire.

Si vuole precisare che una donna anziana porta la sbarra, e dunque ci si sofferma sulla parola “vecchia”, che è un segmento della frase.

I significati possono essere tanti quante sono le parole, basta soffermarsi un tantino, o modulare la voce su quella parola, oppure porvi un accento. Se voglio precisare che parlo di una vecchia e non di due, per sottolineare quanto questa vecchia sia forte, mi soffermo su “una”. E così via. “Vecchia”: attenzione! Si tratta di una vecchia, non di una giovane; “porta”: caso mai qualcuno stia pensando che la sbarra venga trascinata; “sbarra”: porca miseria, una sbarra di ferro non una piccola trave di legno! E così se dico la stessa frase a quattro persone diverse facendo emergere ogni volta una delle quattro parole, coloro che ascoltano percepiscono differenti sfumature di significato.

In conclusione se vedete una vecchia che porta una sbarra e volete riferirlo parlando al cellulare a qualcuno, state attenti a come vi esprimete. Se sono ansiosi potrebbero fraintendere e pensare che siete prigioniero da qualche parte, perché una porta vi sbarra la strada e quindi precipitarsi ad allertare pompieri, polizia, carabinieri.

Si tratta dunque di un altro linguaggio che si aggiunge al linguaggio verbale, spesso sostenuto pure dalla mimica e dalla gestualità. Un linguaggio che utilizziamo tutti magari inconsapevolmente. Ma facciamo peggio, leggete il seguito.

Tra gente che appena si conosce, ad un ricevimento, si parla di incidenti stradali. Uno, petto in fuori, espressione compiaciuta racconta: 

“L’altra sera sull’autostrada una tragedia! Non ricordo se stavo con la BMW o con l’AUDI di mia moglie… sono stato costretto a fermarmi, polizia, pompieri, autoambulanze. Una carambola impressionante, quattro o cinque automobili, un ferito e per terra un lenzuolo bianco e una scarpa.”conclude, accennando una mimica di afflizione. 

Questo è un esempio di messaggio celato ossia di comunicazione “non trasparente”. Il nostro personaggio molto probabilmente si è posto l’obiettivo di far conoscere, appena possibile, il suo status e ha atteso pazientemente una opportunità offerta dalla serata. Si parla di incidenti stradali e coglie l’occasione. Richiama l’attenzione usando parole che allarmano: “una tragedia” e mette per inciso il contenuto che gli interessa veicolare: “… non ricordo se stavo con…”. Ed è proprio questo il messaggio reale che significa: “Io ho due automobili di grande cilindrata. Adesso sapete chi sono e quanto posso”. Quindi riprende il fatto sottolineando con una certa efficacia narrativa particolari agghiaccianti: “lenzuolo bianco, scarpe”. 

E’ quasi un messaggio subliminale che non utilizza tecnologie avanzate ma funziona allo stesso modo. Il primo esperimento sui messaggi appunto al di sotto del limite della percezione raccolse un gruppo di persone alle quali fu fatto vedere semplicemente un film. In realtà nella pellicola erano stati inseriti alcuni fotogrammi, il cui passaggio rapidissimo non poteva arrivare alla coscienza: era al di sotto della soglia di percezione consapevole. I fotogrammi erano immagini di deserti assolati, di gente che soffriva d’arsura. Insomma evocavano la sete. Al gruppo di persone fu chiesto se era rimasto impresso nella loro mente qualcosa di quanto avevano visto e tutti riferirono aspetti della storia narrata nel film. Però poi al bar ci fu un grande consumo di bibite ghiacciate. 

Se interrogassimo quelli che hanno ascoltato il personaggio dell’aneddoto chiedendo loro che cosa ha riferito, la gran parte ripeterebbe la tragedia sull’autostrada, poi però interagendo con questo personaggio ci mostrerebbero chiaramente in qualche modo di tenerlo in grande considerazione. Sarebbero stati insomma condizionati dal racconto di quel tale allo stesso modo delle persone dell’esperimento che si affrettarono a calmare la sete.  

Questa è l’arma più subdola della comunicazione verbale: servirsi cioè di un messaggio come veicolo per un altro messaggio. Molta gente che non ama parlare direttamente la usa; i mafiosi per esempio, sono maestri, inviano messaggi celati o non trasparenti (almeno quelli di vecchio stampo), dicono e non dicono, usano metafore. 

Penso che alla base del messaggio nascosto ci sia un tentativo di “utilizzare” in qualche modo l’altro che ascolta, in quanto lo si vuole costringere a pensare (o a fare) qualcosa senza dargli la possibilità di opporsi. Infatti se chi ascolta comprende le intenzioni di chi parla in questo modo e rileva il messaggio nascosto, non è libero di agire e di rispondere perché se si trova in un gruppo di persone e di punto in bianco se ne allontana, rischia di apparire sgarbato. D’altra parte se risponde a tono nel tentativo di smascherare il vero significato delle cose dette, rischia di sentirsi dire: “Ma cosa hai capito!?”. Gli rimarrebbe la possibilità di usare anche lui i messaggi nascosti e rispondere in modo non trasparente, ma se è una modalità di comunicazione che rifiuta, avverte che il soggetto in questione lo costringe a fare ciò che non vuole. 

In conclusione stiamo alla larga da chi usa la comunicazione in modo  fraudolento, come quelli che sottolineano alcuni aspetti della frase con i tratti segmentali per i loro scopi o come coloro   che dicono “cose” per riferirci altro e vogliono così limitare la nostra libertà di risposta. 

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