IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Il fascino strabiliante del Parco di Torcito

Il Parco di Torcito

Il Parco di Torcito

di Paolo Protopapa

Qualche anno fa, dopo un’intensa frequentazione in pochi o in numerosa brigata di amanti del bello, ci interessammo di alcuni frammenti assai significativi dell’anima di Torcito. L’incipit – sgorgato spontaneamente da quelle irrefrenabili suggestioni – fu questo: “Di Torcito non bisogna parlare. A Torcito bisogna andare”. Il valore di una tale presentazione del sito appare oggi, dopo una diligente e accurata restaurazione del Parco di Cannole, assai limpido e piano. Si tratta della necessità di ‘toccare con mano’, tramite occhi, sentimenti e ragione, questa realtà geografica prismatica e multidimensionale. Nella quale la debordante naturalità si sposa con l’insieme complesso di storicità ed esteticità, diffuse sopra uno spettro di oltre 220 ettari di terra, proprietà della Provincia di Lecce.
E, dunque, ha senso riparlarne dopo anni semplicemente per un difetto (o virtù) di ridondanza ideologica e memoriale? Vale a dire, per un capriccio, tipicamente salentino (e in parte pleonastico) di imbrodarsi di una bellezza che potrebbe sembrare contemplativa e stantia?

Niente affatto. Ribadire dopo anni e tormenti di incresciose vicende ri-costruttive del sontuoso manufatto storico-naturalistico, ubicato nel cuore strategico dell’areale griko-idruntino, comporta la sottolineatura, narrativamente puntuale, di alcuni fattori performativi sul duplice piano della ricognizione storica e della prospettiva promozionale e culturale innovativa. Anzitutto il Percorso Storico-Culturale del Parco di Torcito lungo la Via Traiano-Calabra, pur dovendosi specificare dentro la particella catastale Masseria Torcito (per alcune mappe Tor Cito o Torceto, per via degli strumenti artigianeschi ivi utilizzati), deve includere l’intero tracciato della strada consolare romana da Brindisi a Lecce a Otranto. Specialmente nella articolazione delle tappe intermedie più rilevanti delle ‘Stazioni di cambio’, tra cui spiccano Martano, cittadina presso il Canalone in contrada Sinobbie-Llori (Cenobiti), e (Convento di) San Commà di Carpignano salentino, appena dopo la fascinosa Masseria Sciuscio. Subito dopo, ad appena cinque Km. di distanza, si scende nella periclitante ‘scisa’ di San Vito di Torcito. Più avanti, lambendo Monte Sant’Angelo (fonte del fiume Idro), ci si dirige verso Otranto e Vaste.
È dentro questa panoplìa di ricchezze topografiche e geografiche, lessicali e semantiche, rivelatrici di straordinarie sedimentazioni rurali e materiali, e quindi, esuberanti di memoria storica e antropologica, che esplode il miracolo di Torcito. Non già soltanto e semplicemente (si fa per dire!) vestita dei mille cromatismi delle sue piante o dei tappeti e virgulti in eterna fioritura, bensì di quanto in uomini e in vicende umane lo hanno attraversato, vissuto e tracciato. Se, infatti, pensiamo soltanto al poco raggio entro cui sono contenuti il gioiello bizantino di Santa Cristina di Carpignano, cripta scavata prima del Mille, la colta Grangia Cistercense benedettina di Martano, “Piccola capitale grika” (O. Parlangeli) e, ancora, l’Albero strepitoso di Pantaleone, dovizioso gigante di universale bellezza allegorica e letteraria idruntina, il panorama si fa ricco e completo. Perché è su questo sentiero narrativo che le culture e le risorse naturali di Torcito si fondono in una vocazione alta ed esaustiva di ordine etico ed intellettuale. E il godimento materiale dell’occhio si sposa con lo spirito della nostra ricerca e curiosità inesauribile. Sicché sarebbe erroneamente limitativo consumare un tale entusiasmo conoscitivo in parziali e angusti tesori localisticamente imprigionati e sfregiati.

Torcito occupa nel Salento, probabilmente nel panorama pur ricchissimo delle stesse Puglie, un posto privilegiato nell’ecosistema attrattivo e dell’industria culturale. Anche e soprattutto perché raramente uno scenario amplissimo di mare, laghi, serre, boschi, riserve, castelli, chiese, lingue, tradizioni, storie, culture, giacimenti letterari, tradizioni ecc. si inanellano in portentose reti di godibile visitabilità e fruizione attiva.
Ogni volta che ci interessiamo di Torcito, siamo coinvolti in un’iperbole di desiderio e in una comune, strepitosa avventura. Chi sa e chi non sa; chi scava, ha scavato e scaverà nel nostro immenso patrimonio di memorie e di scoperte future, deve annusare le ragioni di una sfida. Quella del tanto tempo perduto e dell’urgenza ereditata da chi ci ha preceduto e ha creato le premesse per una grande impresa collettiva. Guai se non comprendessimo che Torcito impone l’onere gigantesco, quasi inimmaginabile, di un lavoro senza posa in questo angolo difficile di Salento. Tanto periferico per riuscire ad elevarsi all’altezza dell’obbiettivo, quanto felicemente remoto per lasciarsi snaturare nella triste banalità di un letale consumo.


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