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Il mio pensiero libero: Mario Draghi tra il giudizio popolare e il richiamo delle istituzioni

banca-centrale-Europea

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di Pompeo Maritati

Mario Draghi è una delle figure più controverse della politica e della finanza europea. Da un lato, gli vengono riconosciuti meriti indiscutibili nella gestione della crisi dell’euro, con il celebre whatever it takes che salvò la moneta unica nel 2012. Dall’altro, è oggetto di una crescente sfiducia da parte dell’opinione pubblica, che lo identifica come simbolo di una tecnocrazia distante dalla volontà popolare.

Basta scorrere i commenti sui social media, nei forum e nelle discussioni politiche per cogliere un sentimento diffuso di ostilità nei suoi confronti. Lo si accusa di aver portato avanti politiche economiche che hanno favorito le élite finanziarie a discapito delle classi medie e lavoratrici. La sua esperienza da Presidente del Consiglio in Italia (2021-2022) ha lasciato un segno profondo: molti lo vedono come il fautore di scelte che hanno accentuato il divario sociale, mentre altri lodano il suo approccio pragmatico e la credibilità internazionale che ha garantito al Paese.

Eppure, nonostante questa crescente disillusione popolare, le istituzioni pubbliche – italiane ed europee – continuano a chiamarlo per risolvere le questioni più spinose. L’ultimo esempio è l’incarico ricevuto dall’Unione Europea per redigere un rapporto sul futuro della competitività del continente. Una scelta che appare in contraddizione con il malcontento popolare, come se le istituzioni ignorassero il giudizio della gente per affidarsi sempre agli stessi nomi, agli stessi schemi, agli stessi giochi di potere.

C’è un paradosso evidente: Draghi viene convocato nei momenti di crisi, ma poi le stesse politiche europee sembrano volerlo mettere all’angolo, riducendo il margine di manovra della sua tecnocrazia. La domanda è: si tratta di un tentativo di emancipazione delle istituzioni democratiche da figure come lui, o di un’illusione destinata a infrangersi ancora una volta di fronte alle esigenze del sistema finanziario? Nessuna delle due, perchè le politiche economiche non intendono assolutamente abbandonare la conduzione sovranista delle lobbie e la politica non ha ancora maturato i necessari anticorpi che possano finalmente farla avvicinare ai veri e reali interessi dei cittadini. Nessuna delle politiche poste in essere dalla BCE, in questi ultimi trent’anni ha prodotto margini di miglioramento sociale ed economico a favore dei cittadini, anzi è aumentata la povertà, dove i detentori del potere finanziario sono sempre più ricchi e forti, mentre anche la classe cosiddetta della “borghesia” sta scivolaando nella povertà.

Questa contraddizione evidenzia il più grande problema della politica contemporanea: l’enorme distanza tra il potere decisionale e la percezione popolare. E mentre Draghi continua a essere chiamato a “battere le carte” in una partita che sembra sempre più confusa, resta da chiedersi se il destino dell’Europa e dell’Italia sia davvero nelle mani dei cittadini o se sia ancora saldamente nelle mani di quei tecnocrati che, nonostante le critiche, vengono sempre richiamati in gioco.

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