IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Il PNRR e il ruolo della mediazione politica

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la Costituzione Italiana

la Costituzione Italiana

di Enrico Conte

Con il 12 febbraio sono passati due anni dall’approvazione del Dispositivo per la ripresa e la resilienza( RRF), quel meccanismo chiave del Fondo europeo per sostenere gli Stati dopo la pandemia, una sorta di legge-cornice contenente i principi fondamentali per l’elaborazione del PNRR, approvato nel luglio del 2021.

Con quel regolamento sono state poste le priorità rivolte a ciascun Paese, fissando le premesse per un “percorso a rime obbligate”, dettato dal livello sovranazionale. Gli spazi di manovra, in seguito, sono stati assai limitati, anche in ragione di tempistiche strettissime, imposte come condizioni per ricevere le rate del finanziamento. Un Piano guidato da un indirizzo politico costituzionale europeo”composito”, frutto di un intreccio tra ordinamento nazionale ed eurounitario ( cfr Andrea Conzutti, Il PNRR al crocevia. Quaderni Costituzionali n. 4/ 2022)), in ordine al quale ha assunto un ruolo determinante il Governo, rispetto a quello ricoperto dalle  Regioni e dagli enti locali, o al ruolo marginale del Parlamento.

Le possibili modifiche del Piano risentono, pertanto, di questa logica, che rende prevalente ciò che potrà fare l’organo esecutivo. Ne risulta un quadro di prescrittività in cui la stessa attività legislativa ordinaria tende a configurarsi come manifestazione dell’indirizzo governativo sotteso al Recovery plan, un’impostazione che è stata travasata nella struttura della governance del Piano, centrata sul Presidente del Consiglio, anche quando lo Stato dovesse intervenire in chiave di sussidiarietà verticale, in presenza di ritardi o inadempienze.

Foto di Elliott Erwitt

Fatte queste premesse per dire che, i vincoli gravanti sul futuro indirizzo di governo se. per un verso, vietano bruschi cambiamenti di rotta sulle annunciate riforme, dall’altra non escludono, anzi producono paradossalmente, come legge del contrappasso, un ruolo più accentuato degli organismi rappresentativi ( Parlamento, Consigli regionali e locali) ma nei compiti di indirizzo, di controllo e di coordinamento fuori dal formale perimetro del PNRR, in quel “residuo” di funzioni che qualifica questi organi e che ne fa quelli virtualmente più attenti a “collegare” orizzontalmente tra loro le ricadute degli investimenti, con una assunzione di responsabilità( accountability) e uno sguardo “lungo” rivolto alle future generazioni( art 9 Cost).

Se questo è il quadro nel quale si possono assumere le politiche del Paese, con un ruolo di catalizzatore svolto dal PNRR, resta tutta da esercitare una competenza potenzialmente molto vasta  fatta, per un verso da programmi complementari e trasversali nei tanti settori di intervento( si pensi, per tutte, ad una legge-quadro sulla rigenerazione urbana che coordini, in una medesima cornice, profili fiscali volti a valorizzare le aree da riqualificare, competenze di regioni e di comuni), per un altro dai compiti di vigilanza e controllo su come, partendo dai due anni di vigenza del Piano, siano stati realizzati gli obiettivi delle Missioni e sia stata effettuata la spesa sui territori(  dei 43,3 miliardi che dovevano essere impiegati entro il 2022, il Ministero dell’Economia ne attesta 20,5).

E’ in questo ambito che l’attuazione del PNRR registra la sua maggiore criticità, sia perchè la debolezza dei soggetti attuatori locali ( Ministeri, Regioni, Comuni) non sembra sia stata compensata dalle misure volte a sopperire ai vuoti di organico( profilo quantitativo), sia perchè non sono state predisposte quelle decisioni che( profilo qualitativo), accentrando le stazioni appaltanti( misura richiesta da Direttiva UE fin dal 2017) potrebbero consentire di dotare la PA di competente specialistiche adeguate, attrarre personale qualificato e ben retribuito, che altrimenti preferirà lavorare nel privato, svolgere attività di formazione e di ricerca-azione che solo un soggetto professionalmente attrezzato può fare, applicando la parte più innovativa e complessa del Codice Appalti e Concessioni ( partenariati pubblico-privato, co-progettazione con il terzo settore, contratti di efficienza energetica, project financing per mettere insieme, con capitali privati, opere e servizi pubblici), altrimenti destinato ad essere utilizzato “solo” per gli strumenti contrattuali ordinari(Appalti).

Controllare come sia stia attuando il PNRR non può costituire, allora, un problema esclusivamente tecnico, o “del” Governo, ma  dovrebbe rappresentare un punto di grande attenzione e un’opportunità per chi ( Parlamento e organi rappresentativi territoriali) svolge un ruolo decisivo nel definire il perimetro, la profondità e l’efficacia  delle politiche pubbliche, segnalando dove intervenire in chiave di sussidiarietà verticale o di coordinamento complessivo, tanto più necessario quanto più decentrato è il sistema organizzativo individuato ( con Regioni e Comuni soggetti attuatori) per spendere le risorse e ancor prima per programmarle, progettarle e tradurle nei bandi.

E ancora, per stimolare la realizzazione di economie di sistema, si pensi al fatto che le aree più deboli dove sono da recuperare i divari territoriali, in particolare dove si registrano robusti deficit di capacità amministrativa, potrebbero ragionevolmente beneficiare di Nidi d’infanzia, scuole, palestre, piscine, mense, dopo-scuola, su scala intercomunale, secondo logiche di integrazione tra bacini di utenza, che richiedono analisi e decisioni da parte di soggetti terzi attrezzati, e una supervisione in grado di sopperire alle “trappole dello sviluppo intermedio”( Gianfranco Viesti).

Il PNRR ha scommesso sulla PA in senso lato, e ha avviato il  rinnovamento delle risorse umane, ritenuto fattore indispensabile per il successo anche di altre strategie, con la finalità di disporre di servizi amministrativi efficienti a ogni livello, tanto più dove il sovrapporsi di povertà socio-economica, a inefficienza amministrativa e incapacità a riscuotere entrate, sembra essere la più autentica chiave di lettura dei divari territoriali, ancor prima della pur necessaria predisposizione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ( LEP) che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

Porto Vecchio con alcuni ragazzi. Foto di Enrico Conte

Ma l’assenza di “anelli” che creino una relazione generativa tra gli enti sub-statali e lo Stato mette in crisi questa finalità, che è difficilmente misurabile e che non può essere considerata realizzabile solo con misure di stampo burocratico. Criticità accentuata dal ridimensionamento, a partire dal 2014, delle funzioni su area vasta delle Province, da compiti di coordinamento svolti dalle Prefetture ma in chiave esclusivamente burocratica, da PA che hanno bisogno di un nuovo appeal per poter trattenere talenti, ma per il quale occorrerebbe agire con iniziative formative per costruire una visione, e non solo sul versante della comunicazione.

Circostanze che, volendo, e assumendo una postura di diffusa responsabilità, finiscono per attribuire un supplemento di legittimazione ai componenti degli organismi rappresentativi, o a quegli agenti territoriali che colgano l’importanza di lavorare in rete, di individuare, dove occorrano, investimenti aggiuntivi sul capitale umano, di selezionare priorità, di allenare alla cittadinanza attiva, di  stimolare sinergie e attenzione sulle ricadute della spesa, di fare leva sull’integrazione dei progetti. Aspetto, quest’ultimo, che costituisce, forse, il punto più carente nell’attuazione del più grande programma di investimenti pubblici del Paese negli ultimi 70 anni.

Il futuro, la scadenza del PNRR al 2026, si costruisce adesso: ma è già troppo tardi!?

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