Il politicamente corretto

di Riccardo Rescio
Una maschera di false virtù, la grande mistificazione del terzo millennio.
Il “politicamente corretto” è, senza mezzi termini, una delle più grandi strategie menzognere del nostro tempo.
Una costruzione linguistica e sociale che si erge come un monumento all’ipocrisia, un inganno collettivo che nasconde, sotto un velo di apparente buon senso, una profonda vuotezza morale e politica.
È l’emblema di quel vecchio adagio popolare che suona più o meno così: “Fate quel che dico, non quel che faccio”.
Un mantra che riassume perfettamente la doppiezza di un sistema che predica giustizia e inclusione, ma che, nei fatti, spesso si rivela un esercizio di potere, controllo e conformismo.
Il politicamente corretto è un’operazione terminologica di facciata, un tentativo maldestro di riscrivere la realtà attraverso le parole, senza però affrontare le vere questioni che affliggono la società.
È una vernice che copre le crepe di un edificio in rovina, ma non ne risolve le fondamenta marce.
Dietro questa patina di buone intenzioni si nasconde una politica trita e ritrita, fatta di opportunismo, manipolazione e, soprattutto, di una sostanziale mancanza di coraggio.
Ciò che più indigna è la pretesa di ergersi a paladino della giustizia e dell’equità, mentre in realtà si limita a imporre un linguaggio sterile, svuotato di significato, che serve solo a placare le coscienze e a evitare di affrontare i veri problemi.
Il politicamente corretto non è corretto, è falso, ingannevole e, in ultima analisi, profondamente ingiusto.
Perché mentre si preoccupa di come chiamare le cose, dimentica di agire per cambiarle.
Sono sempre e comunque i fatti che sono utili e necessari, giusti e corretti, la forma delle parole è importante solo se trasforma le buone intenzioni in sostanza.
Sono le azioni concrete, i gesti tangibili, le scelte coraggiose che fanno la differenza.
Il vero atto politico non risiede nella forma senza sostanza, nella retorica vuota o nella censura linguistica, ma nella capacità di trasformare la peggiore realtà in un mondo più equo e giusto.
Ovviamente, questo non si ottiene con il politicamente corretto, ma con il coraggio di guardare in faccia la verità, di chiamare le cose con il loro nome e di agire di conseguenza.
Il politicamente corretto è una forma di narcisismo collettivo che ci illude di essere migliori, una copertura del peggiore conformismo, un alibi per non agire, un modo per sentirsi virtuosi senza fare nulla di concreto, una scappatoia per nascondersi dietro una maschera di buonismo mentre si perpetua lo status quo.
Bisogna smascherare questa menzogna, denunciarne l’ipocrisia e riportare al centro del dibattito politico e sociale ciò che davvero conta, come le buone intenzioni che si trasformano in fatti.
Perché solo attraverso azioni concrete, scelte coraggiose e un impegno reale possiamo costruire una società più giusta e corretta; il resto è solo fumo negli occhi.
Il politicamente corretto non è altro che una grande bugia, un inganno che ci distrae dai veri problemi e ci impedisce di agire.
È giunto il tempo di liberarci da questa gabbia dorata e di tornare a fare ciò che davvero conta, la giustizia, l’equità e la verità.
Quella verità che, come diceva qualcuno, ci renderà liberi, quella verità che deve smascherare il nulla di corretto che ha il politicamente corretto.