Intervista a Milena Guarascio

Milena Guarascio, Incantamento, olio su tela
Delicatezza, Femminilità e Forza sono le parole che risuonano nelle opere di Milena Guarascio (Lecce, 1974), un’artista capace di unire l’apparente fragilità alla determinazione in una sintesi perfetta.
Mi piacerebbe paragonare la protagonista di questa intervista a una rosa raffinata e resistente, la quale, coi suoi petali sprigiona il profumo delicato. Infatti, così è Milena: dalle sue mani nascono opere dotate di un equilibrio sottile; storie di donne che suggeriscono una sensibilità delicata, sostenuti da uno stelo robusto e difeso da spine.
Lo stile e le tematiche
Certamente, il lavoro dell’artista leccese si inserisce in una tradizione artistica che esplora l’universo femminile con profondità, andando oltre l’estetica per addentrarsi in temi più complessi e universali. Nelle sue opere, la femminilità non è mai espressa come fragilità fine a se stessa, ma come energia che resiste e cresce, una forza silenziosa ma persistente. Ogni tratto, ogni colore sembra raccontare una storia di lotta interiore e di trasformazione, in cui Guarascio riversa frammenti della propria esperienza e della propria visione del mondo.

In questa intervista, Milena ci accompagnerà attraverso i temi cardine della sua arte, esplorando l’intersezione tra femminismo e creatività. Raccontando come le sue opere si facciano portavoce di un messaggio anche sociale, evocando immagini e simboli che parlano alle donne di ogni generazione. Discuteremo insieme di come il femminismo ha influenzato il suo percorso, il suo rapporto con la propria identità femminile, e delle sfide incontrate lungo il cammino, tra pregiudizi e stereotipi che l’artista ha saputo trasformare in spinta creativa.
L’intervista
Prepariamoci a scoprire la visione di una pittrice che ci invita a riconsiderare la nostra idea di forza e fragilità, di bellezza e resistenza. Tra pennellate decise e colori delicati, l’arte di Milena Guarascio ci insegna a osservare la realtà con occhi nuovi, ricordandoci che la vera forza è quella che sa celarsi dietro un’apparente delicatezza.

1. Come artista donna, in che modo il femminismo ha influenzato la tua carriera e la tua visione artistica?
La figura femminile è la protagonista quasi assoluta degli ultimi miei lavori, presenza costante conseguenziale alla scelta di una tematica molto particolare e a me molto cara, a cui lavoro ormai da tempo. Ho avuto occasione, alcuni anni fa, di entrare in contatto con l’opera letteraria di Maria Corti, e da quell’incontro è nato un interesse vivissimo per quella che lei definisce il potere della “seduzione intellettuale”, l’arte sottile di incantare le menti, affidata fin dai tempi antichi alla donna. Un tema molto complesso, con delle implicazioni che vanno molto al di là della semplice prima lettura. Da allora è iniziata una ricerca testuale ed iconografica nel mondo della mitologia, recuperando storie, racconti, leggende con figure femminili che hanno giocato un ruolo fondamentale nell’ambito di tale arte. Un viaggio affascinante che ancora oggi, a distanza di tempo, mi intriga molto e mi spinge a cercare sempre oltre, quasi come fossi io stessa soggiogata dal “canto” di eterne sirene
Rispondendo alla domanda, quindi, posso dire senza ombra di dubbio che la mia visione artistica è fortemente permeata e intrisa di una personale concezione di femminismo, inteso come desiderio di creare una dimensione alta, raffinata, forte, quasi aulica, in cui ri-collocare la figura femminile, cercando di restituirle quella preziosità che ogni giorno, nella vita reale, situazioni contingenti e attacchi mirati tendono sistematicamente a svilire.
2. Hai mai affrontato discriminazioni di genere nel mondo dell’arte? Se sì, come le hai superate?
Non ho mai subito discriminazioni di genere in campo artistico. Devo però specificare che ho sempre evitato, per convinzioni personali, di frequentare la dimensione più “commerciale” di questo mondo. Ho sempre voluto fortemente organizzare tutto da me, senza mai delegare a strutture o intermediari: non mi ha mai interessato la visione delle opere come oggetti da smerciare. Ogni quadro è una porzione di me e della mia storia, non un pezzo di arredamento.
3. Come vedi il ruolo dell’arte nel promuovere l’uguaglianza di genere?
L’arte sappiamo bene essere da sempre uno strumento straordinario, capace di veicolare messaggi molto forti anche nel campo della promozione dei diritti delle donne: basta guardare ad artiste eccezionali come Artemisia Gentileschi, Frida Khalo che sono riuscite ad imporre la propria arte nonostante il contesto socio-culturale in cui erano inserite, o come alla contemporanea Shamsia Hassani, che con le sue opere delicate e potentissime oggi dà voce alle donne afghane, a rischio della propria vita. Sulla parità di genere c’è tanto da lavorare in ogni ambito ed è frustrante assistere ogni giorno allo svilimento della donna da tutti i punti di vista. La politica, supportata da una società sempre più involuta, sta riportando indietro le lancette del tempo e forse sarebbe ora che la voce dell’arte e dell’intellighenzia in genere facesse sentire di nuovo forte il suo grido.
4. Quali tematiche femministe cerchi di esplorare attraverso le tue opere?
In epoca nazista, un piccolo libro intitolato L’inferiorità mentale della donna, influenzò tantissimo la cultura del ‘900: un libro che, cercava di dimostrare, su basi scientifiche, come la donna fosse per natura destinata ad essere solo ed esclusivamente quello che noi oggi definiremmo un oggetto sessuale, perché troppo istintiva, come gli animali, per poter agire in un contesto sociale; oppure perché dotata di atteggiamenti ripetitivi e stereotipati che non permettevano all’uomo di progredire e tante altre castronerie. Un essere, quindi, con un cervello piccolo (sì, è stata usata anche la craniometria per dimostrare l’inferiorità delle donne) da tenere in un angolino, sotto controllo con la teoria delle 3K : Kirke (chiesa), kucke (cucina), kinder (bambini). Ecco: questo succedeva 100 anni fa, ma, in alcuni Paesi è ancora realtà, basti pensare all’Afghanistan, dove è stato negato alle donne persino di parlare fuori dal contesto casalingo. E la direzione presa da molti governi illiberali in questi ultimi anni non fanno presagire nulla di buono, neanche in quelle che erano considerate le grandi democrazie e che pensavamo immuni da tutto ciò. E’ da qui che sono partita per le mie opere.
Quello che dicevo riguardo la mia concezione di femminismo trova qui la sua giustificazione: il mio obiettivo è quello di restituire alla donna la dignità mentale e la preziosità intellettiva che le è sempre appartenuta e che gli antichi le avevano sempre riconosciuto attraverso la costruzione di miti che ne decantavano la finezza, la complessità e la profondità di pensiero. Io vorrei riportare alla luce tutto ciò che parla di questo, rivestendolo di colori e restituendola allo spettatore. Né più né meno.
5. Ci sono artiste femministe o movimenti artistici che ti hanno ispirato particolarmente?
Tutte le artiste che ho studiato e conosciuto nella mia carriera universitaria mi hanno lasciato un grande pezzo della loro forza: tutte le artiste che noi oggi studiamo, le conosciamo solo perchè hanno una avuto una volontà straordinaria di combattere per imporre la propria esistenza umana ed artistica in un mondo prettamente maschile e discriminatorio. Quindi no, non ne ho una in particolare, tutte fanno parte del mio DNA, anche quelle di cui non si è mai scritto nei testi di storia dell’arte e che hanno vissuto all’ombra di mariti e compagni più celebri e più celebrati.
6. Pensi che oggi ci sia più spazio per le voci femminili nell’arte rispetto al passato?
Oggi sicuramente le donne hanno più spazio nel mondo dell’arte. Per quanto riguarda le artiste, la possibilità che i social media offrono a livello pubblicitario è sicuramente un volano importante per la loro affermazione rispetto ai canali tradizionali.
7. In quali aspetti il mondo dell’arte deve ancora fare progressi per garantire pari opportunità alle donne?
Per ciò che concerne gli altri ambiti, come quello dei musei, o delle gallerie o delle mostre, ci sarebbe ancora tanto tanto da lavorare. La meritocrazia è un’utopia per tutti, ma lo è tristemente ancora di più per le donne. Bisognerebbe fidarsi molto di più della preparazione, della sensibilità, della pragmaticità delle donne. Ma questo è un obiettivo che dovrebbe coinvolgere tutti i settori della vita economica e sociale, e da cui siamo purtroppo ben lontani, soprattutto nel nostro Paese.
8. Come pensi che il femminismo nell’arte si evolverà nei prossimi anni?
Spero possa diventare argomento permeante, pervasivo, invadente, scomodo. Vorrei che il femminismo puro divenisse la fonte primaria a cui attingere, a cui dissetarsi. Vorrei diventasse fondamentale come l’aria, che venisse proposto in ogni sua sfaccettatura, nella sua complessità, nella sua ricchezza. E vorrei, soprattutto, che non ce ne fosse più bisogno.
9. Quali consigli daresti alle giovani artiste che vogliono affrontare il tema del femminismo nelle loro opere?
Alle giovani artiste che volessero accostarsi al tema delicato del femminismo consiglierei di non essere mai banali, di studiare, di essere avide di conoscenza, di andare oltre, di non svendere i propri ideali, di assecondare la propria sensibilità (che è un dono prezioso, non una debolezza), di fare bene, di fare sempre meglio, di osare. Perché chi fa arte ha un compito importante e bisogna prepararsi per farlo al meglio.

Intervista a cura di Antonella Buttazzo