IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Italia – Europa – Meridione: in sintesi

sistema-italia

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di Franco Amarella

Povero meridione d’Italia. Per tanti anni il sud ha rappresentato l’anello debole della catena di sviluppo di un’Italia che continuava a crescere, ma non uniformemente appunto. Ed altresì da decenni, periodicamente, si riaffaccia alla ribalta la cosiddetta “questione meridionale”, per sviscerare analisi politiche, indagini socio-economiche e pianificazioni strategiche.

Tanto bla-bla. Tutto puntualmente inutile. Il meridione ha continuato a rimanere meridione, con tutto il suo bagaglio di penalizzazioni in parte autoctone, in parte alimentate in teatro da caratterizzazioni figurative “ignoranti”, o da cavalcate linguistiche caricaturali ed infine da un cinema gustosamente autocritico sì, ma inconsapevolmente complice nell’isolamento. Povero sud che per tanti anni ha reclamato un po’ di protagonismo sulla scena pubblica chiedendo infrastrutture, occasioni di crescita, pari opportunità di sviluppo! Ma dal punto di vista istituzionale ben poco si è visto riconoscere. Viceversa quei passi, a volte da gigante, che il meridione è stato capace di compiere sono dovuti ad autentici scatti di orgoglio di un valore individuale, peraltro mai incentivato, mai incoraggiato. E tutto ciò in decenni di politica economica e sociale nazionale.

L’UE al comando. Da più lustri, però, nell’equazione socio-economica italiana si è inserita un’altra variabile. C’è l’Unione Europea che detta l’agenda della programmazione economica e, quindi, implicitamente l’orientamento della politica nazionale. In particolare, proprio perché collegati strettamente gli uni agli altri, quasi bullonati economicamente, gli Stati europei in quest’ultimo periodo di forte crisi finanziaria, a livello mondiale, sono indaffarati nel rimanere a galla. E dunque l’Unione Europea, oggi impegnata tra l’altro anche in ambito bellico, è concentrata nel controllo del suo assetto, direi della sua stessa esistenza, quindi concentrata su una gestione di tipo “work in progress!

Tornando alle cose italiane in tempo di crisi va sottolineato che, per converso, anche il nostro ricco nord-Italia non se la passi così bene; anzi è noto come e quanto reclami, ribadendo l’esistenza di una “questione settentrionale”. Sicchè se prima è stato difficile livellare i piatti della bilancia nord-sud, insistendo sulle leve di manovra interne, ora è addirittura impossibile sperare di raggiungere la tanto inseguita parificazione.

€uro-contributi. E’ vero che molte risorse sono state messe a disposizione dall’UE per le cosiddette zone Obiettivo (e comunque con un saldo sempre negativo nei confronti dello Stivale rispetto ai suoi conferimenti all’UE ) tuttavia il nostro sud non sempre le ha sapute utilizzare; vuoi per difetto di progettazione, vuoi per gli obblighi di indirizzo, vuoi per una sorta di ghigliottina tecnica chiamata cofinanziamento. Ma è altrettanto vero che tante di quelle risorse europee sono state utilizzate da imprese “forestiere”, impiantate ad hoc nel mezzogiorno, giusto a fruire dei vantaggi europei per poi disfarsi di ogni impegno assunto e migrare. Dunque un mezzogiorno che ha conosciuto per lungo tempo uno stato nazionale “patrigno” e che ora è passato sotto le amorevoli cure di un’Europa “matrigna”. Troppo impegnata ad esistere in quanto istituzione monetaria, sempre attentissima ad adeguarsi ai mercati, con il sogno illusorio e poco convinto di conseguire una vera unità politica di là da venire. Chissà.

Gli sbarchi. Ciò nonostante è un meridione che è chiamato ad assorbire anche l’onda d’urto di un’immigrazione costante e impetuosa che, per la natura stessa della nostra geografia, ci vede facile sponda d’approdo per tanta umanità “straripante”: per voglia di benessere, per necessità di rifugio, per forte indigenza o in preda alla ricerca di un facile eldorado. Fenomeno di difficile gestione non fosse altro per i grandi numeri insieme con la delicatezza dei risvolti ad esso collegati, ovvero: allestimento dei luoghi di accoglienza, controlli sanitari, legalizzazione delle permanenze, assistenza, trasferimenti, ordine pubblico in genere. Un fenomeno che, essenzialmente, viene ammortizzato nelle sue problematiche dalla buona volontà dei residenti, perché anche in questo caso, il più delle volte, l’Europa si è mostrata distante matrigna, più che madre presente.

Come un franchising. E volendo lasciare uno spiraglio di luce aperto sul futuro di questo sud-Italia, non si può non considerare l’impossibilità di potersi affidare ad una nutrita ed indipendente programmazione interna. Il nostro Stato centrale ha mani e piedi legati rispetto ad azioni rivoluzionarie di politica economica, tali da lasciar sperare ad un cambio di prospettiva per il futuro del meridione. Ormai l’Italia, già apparentemente uno Stato sovrano dal dopoguerra, in verità oggi è una nazione franchiser anche di Bruxelles. L’UE impone il binario, mostra la direzione, indica la velocità e gli orari. L’Italia ci può mettere soltanto un trenino, magari verniciato di lusso ed in apparenza tricolore, ma obbediente per direzione, velocità e numero di fermate.

Una provocazione. A questo punto a che serve un Parlamento Italiano così numeroso? A che serve un Consiglio dei Ministri così articolato? Non basterebbe forse un Presidente premier che va in Europa prende le direttive, magari tenta di dire la sua, poi torna in Italia e le trasferisce a tre o quattro direttori generali che pensano a diramare in cascata le disposizioni operative?

Per chiudere concretamente e senza lamentazioni: Meridione d’Italia prendi coscienza delle tue risorse, alzati da solo e cammina, anzi svetta! I tuoi figli se si “uniscono” ne sono capaci.

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