“La Cultura dell’Accoglienza” I turisti sono ospiti graditi, non questuanti

Turisti a Firenze
di Riccardo Rescio
Un’analisi critica del modello attuale.
L’Ospite come valore, non come opportunità da fruttare. Il viaggiatore non chiede elemosina, ma porta doni, sta a noi saperli riconoscere e apprezzare.
Il turismo, oggi più che mai, è un fenomeno complesso che va oltre la semplice transazione economica, è una cosa molto seria che va trattata con serietà, competenze e professionalità, l’improvvisazione e l’approssimazione non possono e non devono avere più spazi operativi.
Questa riflessione parte da un principio fondamentale, l’ospitalità non è un atto di concessione, ma un rapporto di reciprocità.
Chi accoglie turisti non sta facendo un favore, ma sta partecipando a uno scambio culturale ed economico che arricchisce entrambe le parti.
Purtroppo, persistono ancora mentalità distorte che vedono il turista come un “supplicante”, un individuo che deve essere grato per il privilegio di visitare un luogo. Questa visione non solo è miope, ma è dannosa per il futuro del turismo stesso, perché trasforma l’esperienza di viaggio in una relazione sbilanciata, basata su un presunto senso di superiorità di chi ospita.
Il concetto chiave da tenere presente è che i turisti non chiedono l’elemosina, ma portano ricchezza, che spendano poco o tanto, sono comunque una fonte di reddito per le comunità che li accolgono, per tutta la comunità e non come si vuole unicamente per alberghi, ristoranti e bar, ma per un un enorme indotto che non è ancora colpevolmente ben identificato e comunicato.
Eppure, molti operatori turistici e spesso anche i residenti adottano un atteggiamento di sufficienza, come se stessero “concedendo” qualcosa anziché offrire un servizio in cambio di denaro.
Questa mentalità è particolarmente evidente in alcune destinazioni che, dopo aver raggiunto una certa fama, iniziano ad aumentare i prezzi in modo spropositato senza migliorare la qualità dei servizi, trattare i visitatori con supponenza, come se fossero fortunati a poter accedere a un “privilegio”.
Ignorare le esigenze dei turisti significa trascurare tutto ciò che anche noi, in prima persona, desideriamo e ci aspettiamo quando viaggiamo.
Che si tratti di una semplice gita fuori porta o di una meta dall’altra parte del mondo, dare per scontato che i visitatori debbano accontentarsi di standard scadenti è un errore che mina l’esperienza turistica e la reputazione di una destinazione
Un’esperienza deludente ricevuta o data allontana i viaggiatori e danneggia l’economia locale.
Un altro punto centrale della riflessione è la critica all’idea di “turismo di qualità”, espressione spesso reiterata suona unicamente come demagogica, priva di significato e di praticabilità, una soluzione terminologica per attrarre consenso.
All’epoca del “Gran Tour” quando solo nobili, ricchi borghesi o artisti sostenuti da mecenati potevano viaggiare è finita, forse quel tipo di viaggiatori si potevano definire con molti dubbi, tanta approssimazione e con beneficio di inventario, di qualità.
Oggi il turismo è dei grandi numeri e non può essere altrimenti.
La qualità dell’accoglienza non deve essere un lusso per pochi, ma uno standard per tutti. Invece, si usa questa definizione per giustificare prezzi esorbitanti senza offrire reali vantaggi.
L’elitismo turistico è controproducente, le destinazioni che cercano di selezionare solo “turisti ricchi” spesso finiscono per perdere anche quelli, perché il vero viaggiatore di oggi cerca autenticità, non snobismo.
L’Accoglienza di qualità deve divenire il mantra, la procedura, la praticabilità di una offerta che rispetti il viaggiatore, un processo culturale di rispetto, considerazione e gratitudine e non come business esasperato.
La vera sfida del turismo moderno è ricostruire una cultura dell’accoglienza che parta dal rispetto reciproco.
Questo significa riconoscere che il turista è un ospite, e come nella nostra tradizione popolare l’ospite è sacro che non possiamo trasformare in un portafoglio ambulante.
Diviene quindi condizione essenziale investire nella formazione della accoglienza, in servizi accessibili a tutti, senza discriminazioni basate sul potere d’acquisto.
Eliminare l’arroganza di chi pensa che la propria città, spiaggia o monumento sia un dono al mondo, quando invece è il mondo attraverso i viaggiatori a portare ricchezza.
Se vogliamo che il turismo sopravviva e prosperi, dobbiamo abbandonare l’approccio predatorio che lo vede solo come una miniera da sfruttare. È necessario e indispensabile ripensare l’ospitalità come scambio alla pari.
Smantellare il mito del “turismo di qualità” che non esiste e lavorare per un’offerta inclusiva e rispettosa.
Tenendo ben presente che gli ospiti sono persone, non numeri su un bilancio.
Il turismo del futuro sarà sostenibile solo se smetteremo di considerarlo un privilegio e inizieremo a vederlo come un incontro tra culture. Chi non lo capisce, è destinato a rimanere indietro.
Riccardo Rescio