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La Fame nel mondo: la separazione degli uomini dai loro mezzi di produzione

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Di Pompeo Maritati

Il fondo mondiale per l’alimentazione dell’ONU, la FAO, sostiene che sul pianeta c’è abbastanza cibo per saziare l’intera popolazione mondiale; e, naturalmente, in caso di necessità se ne potrebbero produrre molto di più. Si soffre la fame quindi solo dove manca il denaro per comprare gli alimenti disponibili. Lo stesso vale anche per tutte le altre forme di carenza che possono pregiudicare l’esistenza: la mancanza d’alloggi adeguati, d’assistenza medica, d’istruzione ed altri beni di consumo. La causa di quest’esclusione dalla ricchezza è la proprietà privata. Quest’istituto giuridico del capitalismo vale oggi perfino negli angoli più reconditi della terra. La ricchezza esistente in natura o prodotta dall’uomo appartiene in ogni sua singola parte a qualcuno. Ovunque esiste un potere statale che conferisce ad alcuni cittadini il diritto di disporre a piacimento della ricchezza materiale e che proibisce a tutti gli altri, che pure ne avrebbero bisogno, di accedervi. Il fatto che in Africa continuino ad avvenire saccheggi di provviste alimentari dimostra non solo che c’è qualcosa da prendere ma anche che alle persone affamate è proibito prendersi ciò di cui hanno bisogno.

L’esclusione legata alla proprietà privata viene acuita dal fatto che ai poveri non solo è negato l’accesso ai mezzi di consumo prodotti, che rimangono nelle mani degli altri, ma anche alle fonti stesse della ricchezza, ai mezzi di produzione e quindi agli strumenti di lavoro con i quali essi potrebbero produrre le cose di cui hanno bisogno. La terra come i mezzi di produzione – officine, macchine e materie prime – appartengono tutti ad altri, ai cosiddetti ricchi. La separazione degli uomini dai loro mezzi di produzione assume nei vari paesi del Sud del mondo aspetti differenti, ma il risultato finale è sempre lo stesso. I nomadi non possono continuare a praticare la loro tradizionale forma di vita, se i proprietari terrieri costruiscono recinti e gli stati tracciano confini, rendendo così impossibile alternare i pascoli delle greggi. Altrove piccoli contadini vengono cacciati da terreni più o meno fertili per fare posto ad industrie minerarie, dighe o piantagioni di grandi dimensioni.

Laddove non sussista nessun interesse economico potente, lo stato concede loro qualche terreno arido e non irrigato, dove essi combattono per il pane quotidiano senza le tecniche necessarie o addirittura senza utensili adeguati. Ancora, altrove, artigiani tradizionali, tessitori, sarti, lavoratori di pelli e metalli, per quanto possano essere disposti a lavorare a basso prezzo, non hanno nessuna possibilità di competere con i prodotti industriali importati dai grandi gruppi mondiali. Ciò che manca loro è l’accesso ai mezzi di produzione, al giorno d’oggi necessari per essere competitivi e poter così attrarre forza d’acquisto. Queste persone sono prive di mezzi e impotenti di fronte a questa situazione. Non possono né svolgere il lavoro necessario né procurarsi i mezzi per la sopravvivenza. Tutto ciò dimostra chiaramente che zelo o pigrizia non hanno niente a che vedere con le radici del problema.

Milioni di persone nel terzo mondo combattono disperatamente per una vita accettabile senza avere la possibilità di riuscirci veramente. Il fatto che molti lasciano la loro terra, il notorio problema dei profughi alla ricerca di una qualsiasi forma di sopravvivenza, approdano nelle baraccopoli delle grandi città non è certo indice di pigrizia. Rischiano la loro vita per cercare lavoro e se hanno fortuna vengono sfruttati senza pietà, mentre se hanno sfortuna vengono rimpatriati o peggio ancora giaceranno in fondo al mare. Altri rimangono in uno stato d’inattività forzata, non perché fare la fame sia una condizione di comodo, ma perché la separazione dai mezzi di lavoro rende inutile qualsiasi sforzo da cui possa risultare un vantaggio. I predicatori della morale pubblica li prendono ad esempio argomentando che la passività, l’intorpidimento e l’apatia che risultano dalla situazione economica disperata e da uno stato d’indigenza, senza via d’uscita sono la causa, da loro stessi provocata, della loro miseria. Contro questo tipo di cinismo basterebbe pensare per una volta, che quello che vale per noi, vale anche per gli altri: nessuno sarebbe così pigro da preferire la fame o addirittura la morte piuttosto di darsi da fare per procurarsi i mezzi di sostentamento, fintanto che esista la possibilità, lecita e accessibile, di guadagnarsi da vivere con il lavoro.

Il modo di produzione capitalistico, basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, ciclicamente vive la grande contraddizione della crisi dì sovrapproduzione di capitali e di merci, che dimostra il fallimento di questo sistema.

Nel passato, cioè nei precedenti modi di produzione, i lavoratori delle classi subalterne che costituivano il “popolo”, pativano la fame per effetto delle carestie e della mancanza di generi alimentari; oggi nel sistema capitalista, la fame è prodotta dalla troppa abbondanza, dalla troppa ricchezza in mano a pochissimi individui.

Nel capitalismo la sovrabbondanza diventa fonte di miseria perché ostacola la trasformazione dei mezzi di produzione e sussistenza in capitale. Quello che avviene e si ripete ogni anno, quando migliaia di tonnellate di frutta sono distrutte sotto i cingoli dei bulldozer per tenere alti i prezzi è lo stesso processo che avviene per tutte le merci. Quello che dovrebbe essere una benedizione, l’abbondanza, tale da realizzare il paradiso in terra, si trasforma per le classi sottomesse in fonte di miseria. La povertà aumenta in tutte le metropoli imperialiste.

Quello che segue è un elenco di 20 dati statistici che provano il continuo accentramento di ricchezza nelle mani dell’élite globale, lasciando la maggior parte del resto del mondo in povertà e miseria[1]:

  1. Secondo la UN Conference on Trade and Development (Conferenza dell’ONU su Commercio e Sviluppo), il numero di “paesi meno sviluppati” è raddoppiato negli ultimi 40 anni.
  2. I “paesi meno sviluppati” hanno speso 9 miliardi di dollari per importazioni di alimenti nel 2002. Nel 2008 questa cifra è salita a 23 miliardi di dollari.
  3. Il reddito medio pro-capite nei paesi più poveri dell’Africa è sceso a 1/4 negli ultimi 20 anni.
  4. Bill Gates ha un patrimonio netto dell’ordine dei 50 miliardi di dollari. Ci sono circa 140 paesi al mondo che hanno un PIL annuo inferiore alla ricchezza di Bill Gates.
  5. Uno studio del World Institute for Development Economics Research (Istituto Mondiale per la ricerca sull’economia dello sviluppo) evidenzia che la metà inferiore della popolazione mondiale detiene circa l’1% della ricchezza globale.
  6. Circa 1 miliardo di persone nel mondo va a dormire affamato ogni notte.
  7. Il 2% delle persone più ricche detiene più della metà di tutto il patrimonio immobiliare globale.
  8. Si stima che più dell’80% della popolazione mondiale vive in paesi dove il divario fra ricchi e poveri è in continuo aumento.
  9. Ogni 3,6 secondi qualcuno muore di fame, e 3/4 di essi sono bambini sotto i 5 anni.
  10. Secondo Gallup, il 33% della popolazione mondiale dice di non avere abbastanza soldi per comprarsi da mangiare.
  11. Mentre stai leggendo questo articolo, 2,6 miliardi di persone nel mondo stanno soffrendo per mancanza di servizi sanitari di base.
  12. Secondo il più recente “Global Wealth Report” di Credit Suisse, lo 0,5% di persone più ricche controlla più del 35% della ricchezza mondiale.
  13. Oltre 3 miliardi di persone, quasi la metà della popolazione mondiale, vive con meno di 2 dollari al giorno.
  14. Il fondatore della CNN, Ted Turner, è il più grande proprietario terriero privato negli Stati Uniti. Oggi, Turner possiede circa 2 milioni di acri [più di 8.000 Km quadrati – NdT] di terra. Questa quantità è maggiore dell’area del Delaware e di Rhode Island messe assieme [come l’intera superficie dell’Abruzzo – NdT]. Turner peraltro invoca restrizioni governative per limitare a 2 o meno figli per coppia nell’ottica di un controllo della crescita demografica.
  15. 400 milioni di bambini nel mondo non hanno accesso all’acqua potabile.
  16. Circa il 28% dei bambini dei paesi in via di sviluppo sono considerati malnutriti o hanno una crescita ridotta a causa della malnutrizione.
  17. Si stima che gli Stati Uniti detengano circa il 25% della ricchezza totale del mondo.
  18. Si stima che l’intero continente africano possegga solo l’1% della ricchezza totale del mondo.
  19. Nel 2008 circa 9 milioni di bambini sono morti prima di compiere i 5 anni. Circa 1/3 di tutte queste morti è dovuto direttamente o indirettamente a scarsità di cibo.
  20. La famiglia di banchieri più famosa al mondo, i Rothschild, ha accumulato montagne di ricchezza mentre il resto del mondo è stato intrappolato nella povertà. 

Dopo aver trattato (brevemente) della Fame nel mondo ci si rende conto di come l’agognata Felicità Interna Lorda di un popolo sia ancora annoverabile tra le “Utopie”.


[1] Fonte: The Economic Collapse

Stralcio dal libro: “La Felicità Interna Lorda di un popolo” di Pompeo Maritati

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