IL PENSIERO MEDITERRANEO

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La grande cantante israeliana Noha: per una Palestina libera e democratica

bandiera della pace

Bandiera della pace (Fonte: Bandiere.it)

di Paolo Protopapa

La grande cantante israeliana Noha ha lanciato un appello intenso, disperato, toccante e, a tratti, drammatico.
Chi è ebreo non può non soffrire più degli altri la spietatezza omicida di Nethaniau. Come restare muti e ciechi di fronte alla strage dei bambini e delle migliaia di indifesi e inermi di Gaza? Come non indignarsi per l’irresponsabilità delle istituzioni internazionali e per la codardia di Stati e nazioni che hanno rimosso e dimenticato di aver patito violenza e martirio, in primis la stessa nazione di Israele?

Accanto a noi vediamo che ci sono ebrei ‘cittadini normali’, ma anche ebrei fanatici e con forti venature razziali, che non sanno immedesimarsi minimamente con le loro vittime palestinesi. Pur essendo stati, infatti, vittime di genocidio, nicchiano e rimuovono e uccidono. Ci sono, inoltre, anche ebrei ragionevoli e talmente laici da non avere bisogno di una patria, né biblica, né particolare o cinicamente identitaria. Altri ebrei, poi, non sanno neppure di esserlo o di discendere da ebrei che lo sono stati, e dei cui avi conservano letargicamente qualche abitudine rituale e, talvolta, il segno di mestieri e di posture familiari remote e illanguidite.

Molti, tanti italiani non codificati sono ebrei, sia nelle grandi città, sia nei borghi e nei paesi di campagna. Tanti salentini sono ebrei, lo si capisce facilmente perché hanno nomi e cognomi di chiara origine giudaica.
A Lecce, Alessano, Gallipoli, Nardò, Martano, Carpignano ecc. le Giudecche (Sciutèche) attestano la presenza storica di antiche, radicate comunità ebraiche.
A Castrignano dei Greci, piccolo borgo in parte nato con l’apertura verso il Seicento del Ghetto di Martano, la loro cristianizzazione e cattolicizzazione fu più intensa che altrove. Noi stessi, difficilmente non abbiamo sangue ebraico, ereditato da uno o dall’altro ramo della linea genealogica.

Col termine ‘Abbrei’ spesso, anche a nostra memoria, si indicavano sprezzantemente persone ritenute malvage, quando non turpi e assassine.
Un sottile antisemitismo (che non sembra cancellato del tutto e nonostante tutto) fa spesso capolino anche tra persone perbene. È la storia triste dei conflitti e degli odii!

Popoli, linee genetiche, incroci che si ibridano da cento scaturigini e che rendono ridicolo e paradossale ogni falso orgoglio razziale. Ancora oggi. Questo perché – dice bene Mario Fistetti, intellettuale oritano autentico – quel ‘natus’ che produce ‘nazione’ è gretto nazionalismo; e finalmente attende di diventare “inter-nazione”. Quindi spazio comunitario aperto e inclusivo tra genti umane. Non capirlo, non essere educati a capirlo significa arruolarsi all’indifferenza degli ignavi e alla crudeltà dei malvagi. Complici degli assassini di popolazioni incolpevoli e di innocenti creature indifese.

Gaza è questa vittima di odio e di violenza razziale. Se e sino a quando razza rimane angustamente sinonimo di uno Stato che pretende riconoscimento, ma non riconosce; che pretende rispetto, ma non rispetta; che invoca solidarietà, ma non solidarizza con i propri simili e uguali.
La sorte dei popoli è iscritta nel valore intimo dei propri profondi valori identitari. Non ridondanti e settari, bensì universalistici ed essenziali. Tutti i nemici di un popolo sono negatori di ‘quel popolo’. Fingono di proteggerlo, simulano di amarlo, ma lo subornano e lo avvelenano senza ritegno. La Palestina non è terra senza popolo. E il popolo palestinese non è massa amorfa senza terra e senza diritto autonomo, aspirazione e capacità tenace di autogoverno.

Da Nethaniau a Hamas, dai confinanti ambigui ai ‘confratelli’ arabi cinicamente egoisti, Gaza non ha da guadagnare se non violenza e barbarie. Perciò l’ideale della democrazia è l’unica conquista di una Palestina libera, consegnata ad un destino di pace e di autodeterminazione coraggiosa.


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