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La Pineta Sacchetti: il FAI tutela un patrimonio di storia, natura e memoria

Pineta Sacchetti: il FAI tutela un patrimonio di storia, natura e memoria

La Pineta Sacchetti, recentemente eletta tra i “Luoghi del Cuore” del FAI, si avvia a rinascere come spazio di memoria, natura e civiltà, dove storia e paesaggio intrecciano il loro respiro contro l’oblio del tempo e della modernità

di Simona Mazza

Archeologia del paesaggio e custodia del futuro a Pineta Sacchetti

Scorcio della Pineta Sacchetti in direzione Monte Ciocci

La Pineta Sacchetti, parte integrante del Parco Regionale Urbano del Pineto, si estende come una verde arteria nel quartiere Aurelio. Seconda per ampiezza solo a Villa Doria Pamphili (all’interno del tessuto urbano di Roma), il parco rappresenta un raro esempio di pineta monumentale sopravvissuta ai vortici della speculazione edilizia. È grazie alla determinazione dei cittadini, che negli anni Settanta si opposero con fermezza alla cementificazione prevista dal piano regolatore, se oggi possiamo ancora calpestare questi sentieri ombrosi, ascoltare il fruscio antico dei suoi alberi secolari, respirare un’aria intrisa di storia e di poesia.

Non solo i profili solenni dei pini, allineati come antichi officianti in un rito senza tempo, affascinarono lo sguardo di Gabriele D’Annunzio, che ne celebrò la ieratica bellezza durante una caccia alla volpe; ma anche il grande architetto e pittore Pietro da Cortona, che, sedotto dalla suggestione del luogo, vi edificò una villa purtroppo destinata a crollare a causa della fragilità del terreno argilloso. Ma c’è di più.

Dai monti al cuore di Roma: il trionfo dell’ingegneria idraulica

Le colline erbose della Pineta, conservano ancora oggi i segni grandiosi dell’Acquedotto Traiano, edificato nel 109 d.C. per convogliare le sorgenti della zona di Bracciano fino alla Capitale. Nel XVII secolo, Papa Paolo V ne promosse il restauro, conferendogli nuova vita sotto il nome di Acquedotto dell’Acqua Paola. Questo straordinario manufatto culmina nel suggestivo Fontanone del Gianicolo, gioiello barocco che celebra la continuità della tradizione romana nel considerare l’acqua non solo risorsa vitale, ma fondamento stesso di civiltà e splendore urbano.

La foresta nascosta: un mosaico di vita tra le colline di Roma

L’importanza della Pineta Sacchetti travalica il mero valore paesaggistico o archeologico, custodendo, in appena 240 ettari, una biodiversità di straordinaria ricchezza: ben 685 specie botaniche censite, pari a una pianta ogni nove presenti sull’intero territorio nazionale. Questa enclave naturale, già oggetto di studio da parte del generale Giuliano Montelucci — eminente botanico che per primo ne auspicò la tutela come riserva naturale — ospita un mosaico di microambienti: dalla macchia mediterranea alle sugherete, dai noccioleti ai pendii muschiosi, dove sopravvivono piante vetuste come l’equiseto, testimone vivente dell’era dei dinosauri, accanto a specie di uso quotidiano nelle civiltà contadine quali il sambuco, il ranuncolo (naturale indicatore di ambienti umidi), le felci e la bardana.

Tra gli esemplari più rari si annovera il “mirto del Pineto”, pianta aromatica da cui si ricava una bevanda antica e profumata.

Non meno significativa è la fauna che anima questo lembo di natura: volpi, istrici, falchetti e gheppi compongono un ecosistema pulsante, a testimonianza della resilienza della vita selvatica anche alle soglie del tessuto urbano.

L’homo sapiens pinetensis

Ma la narrazione della Pineta si dipana anche nei millenni. Le scoperte archeologiche avvenute nel Parco del Pineto hanno infatti restituito strumenti litici riconducibili alla cosiddetta “industria Uluziana”, manifestazione materiale della cultura paleolitica dell’Homo sapiens (circa 40mila anni fa). In tal modo, la Pineta si fregia di essere il luogo del primo insediamento umano di quella che sarebbe divenuta Roma: un “homo sapiens pinetensis”, potremmo dire con affetto e orgoglio.

Se il Paleolitico ha lasciato le sue orme silenziose, la storia successiva ha innervato la Pineta di presenze e tracce ben più visibili. In epoca romana, la zona fu attraversata da importanti arterie viarie come la via Trionfale, l’Aurelia, la Cornelia, veri e propri assi vitali per il commercio (in primis i cereali macinati ai Molini del Gianicolo) e il transito delle legioni. Nelle vicinanze, fiorirono inoltre i “sette villaggi” fortificati menzionati da Tito Livio, che presidiavano il confine tra l’ager romanus e i territori della potente Veio.

Pineta Sacchetti meta di pellegrinaggio 

Durante il Medioevo e il Rinascimento, la Pineta si trasformò in un fulcro del pellegrinaggio cristiano, inserita nei circuiti devozionali che conducevano i fedeli alle catacombe dei primi martiri e alle chiese suburbane. Testimonianze come quelle di Sant’Agata o della Madonna del Riposo, o ancora il sistema delle catacombe di Calepodio, confermano il ruolo spirituale dell’area, un ruolo così intenso da indurre i pellegrini a compiere viaggi estenuanti, a rischio della vita, pur di toccare con mano i luoghi sacri della cristianità.

L’età moderna vide poi la Pineta passare sotto il controllo delle grandi famiglie aristocratiche. I Sacchetti, in particolare, trasformarono l’area in una tenuta agricola di pregio, coltivando pinoli destinati all’industria dolciaria romana e costruendo una sontuosa villa progettata da Pietro da Cortona, che tuttavia, a causa di errate valutazioni geologiche, franò miseramente pochi anni dopo la sua edificazione. Di quella dimora, che attirò viaggiatori e intellettuali del Grand Tour, tra cui Montesquieu, resta oggi il ricordo nell’immaginario storico e nei frammenti architettonici che punteggiano il territorio.

Nel XIX secolo, il paesaggio agricolo della Pineta si diversificò ulteriormente, accogliendo campi di cereali, vigneti pregiati di malvasia, frutteti, nonché una stazione zooprofilattica, testimonianza dell’incipiente attenzione positivista per la salute animale e pubblica. Le cave di epoca romana, sparse nel sottosuolo della Pineta, furono parzialmente sfruttate e, purtroppo, mai adeguatamente studiate.

Quando il mare abbracciava Roma: il racconto geologico della Pineta Sacchetti

Dal punto di vista geologico, la Pineta Sacchetti offre un palinsesto unico di stratificazioni naturali: in poche centinaia di metri si passa dalle argille plioceniche, testimonianza di un mare profondo (circa 800 metri, popolato da cetacei e altre creature) che lambiva Roma milioni di anni fa, alle sabbie gialle pleistoceniche, fino ai depositi fossili delle antiche dune costiere, che ancora oggi narrano la lenta ritirata del mare e l’emersione della terraferma.
Ogni pietra, ogni strato di terreno diventa così documento di un mutamento epocale, di un processo millenario che culmina nella complessa stratificazione paesaggistica visibile ancora oggi: un mosaico naturale e antropico che nessun progetto di urbanizzazione potrà mai replicare o sostituire.

Tra storia e leggenda 

Infine, tra le curiosità più affascinanti, il ricordo della Villa Sacchetti si intreccia a leggende come quella dell’asino Grillo, il cui legame affettivo con la famiglia Sacchetti fu tale da meritare una sepoltura celebrativa all’interno di un’antica pigna decorativa di travertino.

Testimonianze orali raccolte nel quartiere

«Tra le piante spontanee della Pineta, spiccava la bardana, dalle foglie larghe e vellutate. Anticamente, prima dell’invenzione della carta igienica, era considerata la più naturale fra le soluzioni igieniche: una risorsa umile, ma ingegnosa, offerta dalla generosità della natura», racconta un anziano affezionato del quartiere.

In un’altra narrazione, intrisa della drammaticità della guerra, il testimone svela che «Durante la guerra, da ragazzino, scoprimmo una grotta nascosta tra gli avvallamenti della pineta. All’interno trovammo resti di armi, vecchie scritte sulle pareti e, in un angolo, il corpo dimenticato di un soldato tedesco».

Una natura in bilico tra antico splendore e degrado urbano

Negli ultimi anni, la Pineta Sacchetti si offre allo sguardo come uno spazio duplice, quasi bifronte. Da una parte si estende l’area più curata, adiacente alle installazioni militari, che appare sorprendentemente ordinata e moderna, punteggiata da vialetti e nuove piantumazioni. Dall’altra, verso la Biblioteca “Casa nel Parco” e la zona dei ruderi, si apre una distesa più selvaggia e degradante: un mondo dove la vegetazione invade i percorsi, i ruderi si sgretolano sotto il peso del tempo, e la notte ospita raduni spontanei e feste improvvisate, testimonianza di una vitalità popolare, ma anche di un degrado non più controllato.

Ma veniamo ai percorsi più suggestivi.

Gli itinerari del cuore 

Tra questi due volti del parco si snodano antichi itinerari, ancora oggi percorribili:

  • Il sentiero che ricalca la vecchia ferrovia Vaticana, un tempo arteria nascosta tra la città e il Vaticano, conduce verso il Monte Ciocci, offrendo suggestioni paesaggistiche di struggente bellezza;
  • I resti della Villa Sacchetti riaffiorano come fantasmi di pietra, con frammenti di mura inghiottiti dalla vegetazione, testimoni muti di una Roma aristocratica che qui veniva a cercare ristoro e magnificenza;
  • Le colline di sabbia fossile — le antiche “dune” — emergono qua e là come lembi di una memoria geologica preistorica, in un susseguirsi di ambienti che alternano la macchia mediterranea, la sughereta e il noccioleto, fino agli ultimi boschetti di pioppi.

Il percorso principale si snoda tra pini, lecci e querce, attraversando i ruderi agricoli e i tracciati dell’acquedotto Traiano-Paolo, seguendo un filo invisibile che unisce natura, archeologia e storia umana.

Il progetto del FAI: tutela, rinascita, visione

Oggi, la Pineta Sacchetti rappresenta una delle ultime vestigia di quella “Città Eterna” che sapeva ancora dialogare armoniosamente con il suo paesaggio. Un bene collettivo inestimabile, che attende non solo tutela formale, ma rinnovata consapevolezza da parte della cittadinanza.

La sua recente inclusione tra i beni protetti dal FAI rappresenta dunque non solo un atto di salvaguardia, ma un riconoscimento tardivo e necessario di una ricchezza che appartiene non solo a Roma, ma all’intera umanità.

Il progetto prevede una serie di interventi mirati a salvaguardare e valorizzare questo straordinario patrimonio:

  • Pulizia e recupero delle aree degradate, con il risanamento dei ruderi e la messa in sicurezza dei percorsi naturalistici;
  • Creazione di itinerari tematici dedicati alla storia antica, alla botanica, e alla memoria della Seconda guerra mondiale;
  • Installazione di pannelli esplicativi e di strumenti di divulgazione che raccontino il valore storico, archeologico e naturalistico della Pineta;
  • Progetti educativi e didattici rivolti alle scuole e ai cittadini, per restituire il parco come luogo di formazione culturale e ambientale.

In prospettiva, il Parco del Pineto e la Pineta Sacchetti dovrebbero diventare un grande polmone verde culturale, dove la memoria storica, la tutela della biodiversità e la valorizzazione del paesaggio urbano convivano armoniosamente, restituendo a Roma non solo uno spazio di svago, ma una vera e propria oasi di civiltà.

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