IL PENSIERO MEDITERRANEO

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La scomparsa di un genio 

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Ettore Majorana

di Giorgio Mantovano

Ettore Majorana nacque a Catania il 5 agosto 1906. Fu un bimbo prodigio, rivelando un talento precoce per i numeri. Nel  ’28 abbandonò gli studi di ingegneria civile per dedicarsi alla fisica teorica, decisione mai approvata del tutto dalla famiglia. 

In quei tempi a Roma, in via Panisperna,  conviveva un gruppo di giovani e brillanti fisici guidati da Enrico Fermi che nel ’26 aveva vinto la cattedra di fisica teorica. 

Al gruppo di ricerca, il cui mentore e protettore era Orso Mario Corbino, direttore dell’Istituto di fisica, partecipavano Franco Rasetti, Emilio Segrè, Bruno Pontecorvo ed Edoardo Amaldi.

Discutevano e scommettevano animatamente sull’enigma del nucleo atomico, sfidandosi ad elaborare le teorie dell’universo più astruse. 

Quando Ettore si recò per la prima volta in via Panisperna, cercavano di risolvere un complesso problema teorico, la cui soluzione stentava ad essere raggiunta. 

Fermi spiegò ad Ettore quali fossero gli aspetti ancora insoluti dei suoi calcoli; il giovane ascoltò attento e poi se ne andò con fare enigmatico. 

Il giorno seguente, ritornato in istituto, eseguì alcuni rapidi calcoli prima su un foglio di carta e poi alla lavagna, illustrando ai presenti, interdetti, la soluzione dell’impenetrabile problema. 

Fu così che la sua genialità matematica gli confezionò un’aura di talento divino. Nel gruppo c’erano soprannomi ecclesiastici: Fermi era il “Papa”; Corbino il “Padreterno”; Rasetti, braccio destro di Fermi, era il “Cardinale Vicario” o il “Venerato Maestro”; Emilio Segrè e Edoardo Amaldi erano  gli “Abati”; Majorana, invece, era detto il “Grande Inquisitore” per il suo impareggiabile spirito critico. 

Amaldi ricorda che, una volta, Fermi e Majorana fecero una gara: dovevano calcolare un’espressione, forse un integrale che Fermi doveva risolvere facendo uso della lavagna e Majorana a memoria. 

Fermi scriveva passaggi a grande velocità, tanto da riempirne una lavagna di dimensioni normali; Majorana stava voltato da un’altra parte, con lo sguardo fisso a terra. Quando Fermi giunse al risultato e disse: “Ecco, ho fatto”, Ettore rispose: “Anch’io” e diede il risultato numerico. 

Majorana rifiutò la cattedra alle università di Cambridge, Yale e della Carnegie Foundation. Accettò quella di Fisica teorica dell’Università di Napoli. 

Il 25 marzo del 1938, chiuso nella sua stanza nell’albergo Bologna di Napoli, scrisse due biglietti molto strani, uno per il suo capo, il professor Antonio Carrelli, direttore dell’Istituto di Fisica dell’Università di Napoli, ed uno per la famiglia.  

L’indomani avrebbe dovuto tenere in università una lezione di meccanica quantistica che, invece, non tenne.

Alle 22.30 si imbarcò su un piroscafo diretto a Palermo.  Nel capoluogo siciliano alloggiò per mezza giornata all’albergo Sole e la sera fu di nuovo sul piroscafo dove fu visto sul ponte all’altezza di Capri. 

Ma a Napoli non arrivò mai. Il giovane scienziato scomparve nel nulla. 

Nella camera dell’albergo Bologna venne lasciato il biglietto indirizzato alla famiglia:

“ Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi.  Aff.mo Ettore.”

Nel 2015 la Procura di Roma, dopo aver aperto un fascicolo nel 2011 sulla scomparsa dello scienziato, ha chiesto l’archiviazione (fonte: https://www.rainews.it/archivio-rainews/articoli/Procura-di-Roma-Ettore-Majorana-vivo-tra-il-1955-e-il-59-Era-scomparso-nel-1938-fe2f7d19-529b-4594-8f4c-1d965d0a8f7f.html)

Nessuna scomparsa dovuta a omicidio o suicidio o riparo in un convento, come indicato da parenti e conoscenti. Più semplicemente, stando a quelle indagini, parrebbe che Majorana fosse vivo nel periodo 1955-1959 e si trovasse volontariamente nella città venezuelana di Valencia. 

Ma, a conferma del genio, malgrado le tante verosimili ipotesi, non si è  potuto accertare che fine avesse fatto. Oggi sarebbe stato interessante intervistare il grande Leonardo Sciascia che nel ’75 scrisse un  famoso saggio fondato sull’episodio di cronaca della presunta morte. 

Lo scrittore mise in luce, prima di altri, il principale nodo della questione, ossia il rifiuto di Majorana di utilizzare le sue capacità in modo potenzialmente dannoso per il pianeta con la conseguente, deliberata, scelta di scomparire dal proscenio della scienza.

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