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La Tradizione Salentina Racconta… Le Tavole di San Giuseppe

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Immagine di San Giuseppe

di Antonio Nahi

San Giuseppe

LE TAVOLE DI SAN GIUSEPPE

(Da: Genesi Emotiva – Poesie. A. NAHI)

Santificano preghiere il rito propiziatorio

e la taula s’imbandisce di massa e ciciri

tra un Pater Noster e 10 Ave

con lauti olocausti e profumi d’aspersorio.

Devote familias in astensione attendono

di cibarsi solo del superfluo

se, per grazia ricevuta, solo ai poveri

è concesso il piatto per le anime.

Tredici pietanze per 13 santi commensali

devoti tra l’effigie della Sagra Familias

e il Santo col bastone fiorito senza eguali

egli governa pietanze e libagioni

battendo austero 3 volte sul piatto.

Sicché i figuranti, austeri più che santi,

pregano il Santo “del silenzio”

che conceda loro desideri e aspirazioni.

Il giorno di San Giuseppe alcune famiglie devote preparano una tradizionale pasta (massa) e legumi (ciceri) per offrire, il piatto per le anime, a quanti, invitati o pellegrini, varcano la soglia di casa.

In questo antico rito, la preparazione della massa veniva scandita da preghiere, si lasciava cuocere con un Pater Noster e riposare il tempo di 10 Ave Maria prima di servirla ai poveri, i soli a cui era concesso consumare.

La tradizione imponeva alla famiglia devota di non mangiare di ciò che distribuiva accontentandosi delle sole possibili rimanenze, solo dopo aver dato con grande generosità.

La famiglia che per grazia ricevuta imbandiva la tavola, doveva attenersi a precise regole: scegliere i commensali tra i poveri del paese, da un minimo di tre, la sagra famiglia, aggiungendo altre coppie di santi fino ad un massimo di 13, come nell’ultima cena.

La taula la massa e ciciri, verdura lessa, pasta col miele, pesce fritto, crema di fave (le favenette) con pane fritto. Formava, l centro della tavolata, un’effigie di san Giuseppe o della Santa Famiglia. Il commensale che veste la “parte” di san Giuseppe, regge un bastone con alla cima dei fiori bianchi per ricordare che fiorì miracolosamente quando fu scelto come sposo di Maria.

E’ San Giuseppe a “governare“, in silenzio, e decidere quando mangiare pietanza per pietanza, battendo tre volte la forchetta sul bordo del suo piatto.

Alla fine del pranzo, dopo un breve momento di preghiera, i santi portano via con sé tutto ciò che è rimasto pregando Giuseppe, santo del silenzio, perché esaudisca i loro desideri e aspirazioni.

Il senso del rituale è la “condivisione” con gente meno fortunata di ciò che si ha, o si è avuto per grazia ricevuta, auspicando che anche i partecipanti alla Taula, ricordandosi che ciò che si ha occorre condividerlo con il prossimo, in letizi e preghiera almeno il giorno del “santo del silenzio”.

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