L’Elezione dei Papi e l’Istituzione del Conclave: Origine, Evoluzione e Significato Storico

Cappella Sistina
le curiosità di Zornas
L’elezione del Papa ha rappresentato, fin dalle origini del cristianesimo, un momento di fondamentale importanza religiosa, politica e sociale. Se nei primi secoli della Chiesa la scelta del Vescovo di Roma avveniva in forme piuttosto aperte e popolari, col tempo – e soprattutto con la progressiva affermazione del potere temporale e spirituale della Chiesa – si rese necessario istituire un sistema regolamentato, riservato e sicuro per l’elezione del Pontefice. Da questa esigenza nacque il Conclave, oggi considerato uno degli strumenti più emblematici e solenni della tradizione ecclesiastica. Il termine stesso, dal latino cum clave (“con chiave”), suggerisce l’idea di un’elezione effettuata in clausura, in condizioni di isolamento, per proteggere la libertà e l’autonomia della scelta papale.
Nei primi secoli del cristianesimo, il Papa veniva scelto da un’assemblea composta dal clero di Roma, con il concorso significativo del popolo. L’elezione avveniva per acclamazione o per consenso collettivo, in un processo relativamente fluido, riflesso di una comunità cristiana ancora in via di consolidamento. Non esisteva un corpo elettorale formalizzato né una procedura rigida: la scelta mirava principalmente a riconoscere la virtù, la sapienza e l’autorità morale di un candidato.
Dal IV secolo in poi, in seguito all’editto di Milano (313 d.C.) e alla crescente istituzionalizzazione della Chiesa, la selezione del Papa cominciò a essere influenzata da poteri esterni, specialmente dall’Imperatore romano, il quale si riservava spesso un diritto di veto o di intervento diretto sull’elezione.
Durante l’alto medioevo, l’elezione papale subì ulteriori trasformazioni. I vescovi suburbicari e l’aristocrazia romana esercitavano un controllo sempre maggiore, spesso degenerato in lotte di potere, corruzione e ingerenze politiche. Alcune elezioni, come quelle del X secolo (in piena “età saeculi obscuri”), furono teatro di scandali e simonie.
La riforma di Niccolò II (1059)
Un primo tentativo di regolamentazione sistematica si ebbe con il decreto “In Nomine Domini” emanato da Papa Niccolò II nel 1059. Tale provvedimento stabilì che il diritto di eleggere il Papa spettasse esclusivamente ai cardinali vescovi, con successiva approvazione da parte dei cardinali presbiteri e dei diaconi e, infine, con l’assenso formale del popolo romano.
Questa innovazione segnò un’importante svolta: per la prima volta si delimitava un corpo elettorale ristretto, riservato ai membri più eminenti del clero, sottraendo la scelta papale agli interessi immediati dell’aristocrazia laica e dei potentati politici. Tuttavia, le lotte tra Papato e Impero (culminate nella lotta per le investiture) continuarono a condizionare profondamente le elezioni papali per tutto il secolo successivo.
Le cause che portarono al Conclave
L’istituzione del Conclave fu una risposta a precise esigenze storiche:
- Evitare lunghe vacanze della Sede Apostolica, che paralizzavano la vita della Chiesa e provocavano instabilità politica;
- Sottrarre l’elezione papale alle pressioni esterne, in particolare delle monarchie europee e delle famiglie nobiliari romane;
- Assicurare maggiore rapidità e segretezza nel processo elettorale, riducendo il rischio di corruzione e violenze.
Le elezioni papali del XIII secolo rappresentano il contesto diretto in cui maturò la necessità del Conclave. Emblematico fu il caso della vacanza seguita alla morte di Papa Clemente IV (1268): i cardinali, riuniti a Viterbo, impiegarono quasi tre anni per eleggere il successore. L’impasse fu tale che i cittadini di Viterbo, esasperati, arrivarono a murare i cardinali nel palazzo dove si trovavano, scoperchiarono il tetto per esporli alle intemperie e razionarono cibo e acqua per forzarli a una decisione.
Questo episodio drammatico rese evidente che l’elezione papale non poteva più essere lasciata senza una disciplina stringente.
La formalizzazione del Conclave avvenne nel 1274 durante il Secondo Concilio di Lione, ad opera di Papa Gregorio X (Teobaldo Visconti). Attraverso la costituzione apostolica “Ubi Periculum” (“Dove c’è pericolo”), Gregorio X stabilì regole precise:
- Dopo la morte del Papa, i cardinali dovevano riunirsi nel luogo dove egli era deceduto;
- L’assemblea doveva essere chiusa ermeticamente al mondo esterno (clausura);
- Ai cardinali era consentito solo un ristretto numero di servitori;
- Se entro tre giorni non fosse stato eletto il Papa, le condizioni di vita dovevano progressivamente peggiorare: dal terzo giorno si riducevano i pasti a una sola portata, dal quinto giorno si passava a pane e acqua;
- Era vietato qualsiasi contatto con l’esterno;
- Il voto doveva avvenire in segreto e a scrutinio segreto;
- Era richiesto il quorum dei due terzi per l’elezione valida.
La Ubi Periculum segnò una svolta storica: per la prima volta l’elezione del Papa fu definita come un processo chiuso, normato, garantito da precisi obblighi procedurali, nella prospettiva di salvaguardare la libertà e la spiritualità della scelta.
Sviluppi successivi
Nonostante la Ubi Periculum, l’osservanza delle regole del Conclave fu irregolare nei decenni successivi. Diversi Pontefici sospesero o modificarono alcune disposizioni, anche in base alle circostanze politiche.
Nel XIV secolo, la situazione si complicò ulteriormente con la cosiddetta Cattività avignonese (1309–1377), quando la sede papale si trasferì ad Avignone sotto l’influenza della monarchia francese. Gli scismi e le contese politiche resero difficili e contestate diverse elezioni papali, ma il principio del Conclave rimase formalmente valido.
Con il ritorno della sede apostolica a Roma, e soprattutto dopo il Concilio di Costanza (1414-1418) – che pose fine al Grande Scisma d’Occidente – il Conclave si affermò definitivamente come il meccanismo legittimo e unico per l’elezione papale.
A partire dal XV secolo, l’elezione del Papa avvenne sempre attraverso il Conclave, salvo rare eccezioni.
Nel corso dei secoli, vari Papi introdussero modifiche procedurali al Conclave:
- Pio IV (In Elgidio) nel 1562 regolò ulteriormente il segreto del voto;
- Gregorio XV (Aeterni Patris Filius) nel 1621 codificò i metodi di votazione;
- Paolo VI (Romano Pontifici Eligendo) nel 1975 aggiornò molte regole;
- Giovanni Paolo II (Universi Dominici Gregis, 1996) riformò il sistema di ballottaggio, eliminando la possibilità di elezione per acclamazione o compromesso.
Significato storico del Conclave
Il Conclave non è soltanto una procedura amministrativa. Esso rappresenta:
- Un simbolo di autonomia della Chiesa dal potere secolare;
- Una manifestazione di unità dell’episcopato mondiale, concentrato nella figura del Successore di Pietro;
- Una garanzia spirituale che il Papa venga scelto nella preghiera e nella riflessione, sottraendo l’elezione alle pressioni profane;
- Un momento di rinnovamento per la Chiesa, in cui si cerca il leader più adatto ad affrontare le sfide del tempo presente.
Il Conclave, con la sua liturgia sobria ma solenne, i suoi riti millenari (come l’extra omnes, l’elezione a scrutinio segreto, la fumata bianca), testimonia il legame profondo della Chiesa cattolica con la sua storia, la sua tradizione giuridica e il suo senso di missione universale.
L’istituzione del Conclave, lungi dall’essere una mera formalità, si presenta come il frutto di un lungo e complesso processo storico, animato dalla tensione tra esigenze spirituali e contingenze politiche. Dalla spontaneità degli inizi, passando per i tentativi di regolamentazione medievali, fino alla sistematizzazione moderna, l’elezione del Papa ha cercato costantemente di proteggere il carattere sacro e indipendente della scelta del Pastore universale.
In un mondo in cui le istituzioni sono spesso esposte a pressioni e condizionamenti, il Conclave rappresenta ancora oggi uno degli esempi più significativi di autonomia e sacralità nella vita delle comunità religiose.