L’etica di Kant – L’imperativo categorico: agire moralmente è un dovere assoluto

Di Stefano Salierni
Nel cuore dell’etica moderna, tra il buio della legge arbitraria e la luce incerta del relativismo morale, si erge la figura solenne di Immanuel Kant, filosofo prussiano del XVIII secolo, che pose le basi per una concezione rigorosa e universale della moralità. L’etica kantiana si fonda sull’idea che la legge morale non nasce da convenzioni sociali, né da inclinazioni personali, ma da una ragione pura e autonoma, capace di dettare a se stessa le regole del giusto agire. In questo contesto si colloca il nucleo incandescente del suo pensiero: l’imperativo categorico.
Per Kant, agire moralmente non è un’opzione tra le tante, né una scelta dettata dall’interesse, ma un dovere assoluto. Il vero atto morale, infatti, non può basarsi su emozioni o desideri contingenti. Non è buono chi fa il bene perché ne trae vantaggio, ma chi lo compie per rispetto della legge morale. Questa legge non è imposta da fuori, ma è inscritta nella razionalità stessa dell’essere umano, come una stella interiore che brilla dentro ogni coscienza libera. “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”, scrive Kant, indicando che l’etica non è solo un fatto sociale o politico, ma una dimensione profondamente intima e insieme universale.
L’imperativo categorico è la formula suprema di questa moralità. Esso non dice: “se vuoi ottenere questo, devi fare quello” (come fanno gli imperativi ipotetici), ma afferma: “Agisci solo secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che diventi una legge universale.” Questa formula è un banco di prova per ogni azione: ciò che voglio fare può valere per tutti? Se rubare mi conviene oggi, potrei voler che tutti rubassero? Se mento per uscire da una difficoltà, potrei voler che la menzogna diventasse regola? La risposta è no: la generalizzazione del comportamento distruggerebbe la sua stessa efficacia. Così, Kant costruisce un’etica della coerenza logica e della dignità umana.
Un’altra formulazione dell’imperativo categorico, altrettanto centrale, è: “Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo.” Qui Kant pone al centro la dignità inalienabile di ogni essere razionale. Nessuno può essere usato, manipolato, strumentalizzato per scopi altrui, nemmeno in nome di un presunto bene maggiore. Questa concezione è la radice della moderna idea di diritti umani: ogni individuo vale in quanto tale, e non per ciò che produce o rappresenta.
L’etica di Kant è esigente, austera, quasi ascetica. Non concede spazio ai compromessi. Per lui, l’uomo morale è un legislatore universale in potenza, e la sua autonomia consiste nel darsi da sé la legge, seguendo la voce della ragione. La libertà non è fare ciò che si vuole, ma obbedire a una legge che si riconosce come giusta in quanto frutto della propria razionalità. Non c’è spazio per il calcolo delle conseguenze o per l’utile personale: ciò che conta è l’intenzione, la volontà buona, che agisce per dovere e non per convenienza.
Questa visione ha ispirato intere generazioni di pensatori, giuristi, politici e cittadini. Ha dato linfa alla concezione moderna della responsabilità, all’idea che ciascuno sia chiamato a rispondere delle proprie azioni non solo di fronte agli altri, ma di fronte alla propria coscienza razionale. In un’epoca in cui spesso l’etica è ridotta a opinione personale o a strategia di marketing, Kant ricorda che la moralità autentica è universale, necessaria e inderogabile.
Certo, la rigidità della morale kantiana può apparire a tratti disumana, incapace di comprendere le sfumature, gli affetti, le situazioni complesse della vita reale. Ma è proprio nella sua intransigenza che risiede il suo valore: essa ci chiede di essere migliori di quanto siamo, di elevarci sopra l’egoismo e il calcolo, di trattare ogni essere umano come fine e mai come strumento. Kant ci parla da un secolo in cui l’onore e la responsabilità avevano ancora un significato assoluto, ma il suo messaggio è più attuale che mai: la vera libertà nasce dal dovere, e la vera etica è quella che può valere per tutti.
Nel mondo frammentato di oggi, dove spesso l’individuo è ridotto a ingranaggio di meccanismi sociali, economici o digitali, l’imperativo categorico è un richiamo potente alla dignità e alla coerenza morale. Agire secondo Kant significa chiedersi, in ogni scelta: “Potrei voler che tutti facessero come me?”. È una domanda semplice, ma capace di trasformare radicalmente la nostra idea di giustizia, rispetto e umanità.