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Letteratura e società: Il potere della parola – “Se questo è un uomo” di Primo Levi

Il libro di Primo Levi - foto della Libreria antiquaria Gonnelli

Il libro di Primo Levi - foto della Libreria antiquaria Gonnelli

La letteratura non è mai solo un insieme di parole, ma una forza capace di plasmare la società, di denunciare le ingiustizie e di dare voce a chi non ne ha avuta. Tra i testi che meglio incarnano questo potere vi è Se questo è un uomo di Primo Levi, un’opera che trascende il racconto individuale per diventare una testimonianza universale sulla barbarie e sulla dignità umana. In queste pagine, Levi non solo descrive l’orrore del campo di sterminio di Auschwitz, ma pone anche una riflessione sulla natura dell’uomo, sul linguaggio come strumento di resistenza e sul ruolo della memoria nella costruzione di una coscienza collettiva.

Il potere della parola, nella scrittura di Levi, si manifesta innanzitutto nella volontà di testimoniare. La sua narrazione non è mossa da un intento meramente documentaristico, ma da un’urgenza etica: raccontare per impedire che l’orrore cada nell’oblio, per contrastare ogni forma di negazionismo e per ammonire le generazioni future. Nel celebre incipit dell’opera, Levi si rivolge direttamente al lettore con versi incisivi:

Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici:

Questi versi non sono solo un richiamo alla responsabilità, ma un invito a non distogliere lo sguardo. Il potere della parola qui risiede nella sua capacità di scuotere le coscienze, di creare un ponte tra chi ha vissuto l’orrore e chi ha il dovere di ascoltare.

Uno degli aspetti più inquietanti della narrazione di Levi è il modo in cui il linguaggio stesso subisce una distorsione nel campo di concentramento. Ad Auschwitz, la parola non è più veicolo di comunicazione, ma strumento di dominio e disumanizzazione. I prigionieri non hanno più un nome, ma un numero tatuato sulla pelle; i comandi sono urlati in una lingua straniera, incomprensibile per molti di loro, privandoli così di qualsiasi possibilità di orientarsi nel nuovo inferno in cui sono stati gettati. Il nazismo non si è limitato a sterminare fisicamente milioni di persone, ma ha cercato di annientarle anche nella loro identità linguistica e culturale. Levi descrive questa violenza simbolica con lucida precisione, mostrando come la perdita della parola coincida con la perdita dell’umanità. La comunicazione si riduce a ordini, minacce, bestemmie, lasciando sempre meno spazio alla condivisione e alla comprensione reciproca.

Ma se da un lato la parola può essere usata per annientare, dall’altro può anche diventare un atto di resistenza. Levi racconta come, nel campo, il ricordo della lingua madre, della poesia, della cultura, diventi un appiglio per non soccombere. Memorabile è il momento in cui, mentre si trova in condizioni disumane, ricorda e recita dentro di sé versi della Divina Commedia, in particolare l’episodio di Ulisse nel XXVI canto dell’Inferno.

“Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.”

Questi versi risuonano nella mente di Levi come un’ancora di salvezza: in un luogo che tenta di ridurre l’uomo a puro istinto di sopravvivenza, la cultura resta l’unico baluardo di umanità. In questo senso, il linguaggio non è solo uno strumento di comunicazione, ma una forma di resistenza interiore, un modo per non lasciarsi sopraffare dalla barbarie. L’eredità di Se questo è un uomo non si esaurisce nella sua dimensione di testimonianza storica. La parola di Levi diventa un monito universale: ricordare è un dovere morale, e la letteratura ha il compito di mantenere viva la memoria, affinché gli errori del passato non si ripetano.

In un mondo in cui la velocità dell’informazione spesso riduce la profondità della riflessione, opere come quella di Levi ci ricordano che la parola scritta può essere un’arma contro l’indifferenza. La lettura di Se questo è un uomo non è mai un’esperienza passiva: chi legge è chiamato a interrogarsi, a confrontarsi con il proprio ruolo nella società, a chiedersi cosa significhi essere davvero umani. Il potere della parola, nella letteratura come nella società, è quello di dare forma alla memoria, di creare ponti tra le epoche, di scuotere le coscienze e di opporsi all’oblio. Primo Levi ha trasformato la sua esperienza in un racconto che va oltre il dolore individuale, diventando una lezione universale sulla dignità umana e sul valore della testimonianza.

In un mondo che ancora oggi è attraversato da conflitti, discriminazioni e negazionismi, il messaggio di Se questo è un uomo rimane di sconvolgente attualità. Leggere e diffondere queste parole significa esercitare un atto di resistenza, perché solo attraverso la consapevolezza e la memoria possiamo sperare di costruire un futuro in cui l’orrore non si ripeta mai più. La letteratura, dunque, non è solo narrazione, ma un mezzo per comprendere il presente e per difendere l’umanità dalle sue derive più oscure.


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