Lilija Berzinska “Lo scheletro nell’armadio” Iperborea 2025, pag. 192, illustrazioni di Anna Vaivare

di Marisa Cecchetti
Si sente il bisogno di riscoprire un po’ di leggerezza ora che si tende a scrivere di violenza in ogni sua manifestazione, quella che si respira e si estende dentro e fuori dai nostri confini. Ma questo non significa che ce ne dimentichiamo. Il mondo di Lilija Berzinska, scrittrice lettone, ci regala questa leggerezza affrontando aspetti e comportamenti sociali in maniera indiretta, scegliendo come protagonisti gli animali, come nelle favole che ci hanno sempre invitato a riflettere. Sono animali dai nomi un po’ strani creati con tanta fantasia, che vivono vicino al mare e al bosco, che fanno le pulizie di primavera come Lollo Mollo, preoccupato di far prendere aria, ogni anno di nascosto, senza che gli altri se ne accorgano, allo scheletro che tiene nell’armadio.
C’è Leprotto che va a raccogliere lamponi ma gli manca lo zucchero per fare la marmellata e lo chiede ai vicini, fino a trovarlo da Lupo di mare, che ospita in casa sua, poi tiene legato perché gli faccia compagnia, finché non lo vede intristirsi, remissivo, e cambiare colore: “Vuoi tornare sulla nave? – gli chiese, senza permettere alla sua voce di spezzarsi e sparire nel silenzio.” E Lupo risponde con un guaito sottile guardandolo negli occhi. C’è Sperperina che sente il bisogno compulsivo di comprare, un bisogno che riempie le sue giornate senza un attimo di riflessione, condizionata da ogni osservazione degli altri sulle tendenze di moda, e si affanna sempre per tornare al mercato: “Forse già impazzavano le vendite di tessuti di quel meraviglioso blu scuro, ed era lei l’unica a non averli ancora comprati.”
C’è Stridulone, triste quando una luminosa giornata volge alla fine, perché vorrebbe fissare quella bellezza e fermare il tempo. Allora i suoi amici Occhiolungo e Gracchio salgono con lui su una barchetta e vanno a inseguire il sole verso occidente fino a trovarsi in una luce color lampone, con l’acqua luccicante come olio, un eterno presente che fa nascere il desiderio di tornare indietro: “Forse sta proprio lì la bellezza, nel fatto che i giorni sono sempre diversi, imprevedibili, e irripetibili. Altrimenti non potremmo vivere tante cose interessanti.”
C’è Farfalla che si vergogna di avere un’ala spezzata, ma ecco Polpo che la vede triste e sconsolata e vorrebbe regalarle un cuore, visto che ne ha tre, e ogni tanto lo offre a chi può averne bisogno. Nel confronto Farfalla arriva ad accettarsi per quella che è: “A me sembri una vera farfalla, in tutto e per tutto. […] Sei farfalla e non ti manca niente.”
Idrometra invece è assillato dall’urgenza di realizzarsi e diventare qualcuno, nella paura di rimanere una nullità, e Pigolino lo guarda senza capire. Poi, mentre passeggia con Goffofredo lungo la riva, Pigolino si domanda pensieroso se un animaletto a strisce come lui raggiungerà mai un traguardo importante, finché non scopre la serenità del mondo di Tardigrado, una minuscola creatura che vive in un angolo incantevole del bosco e non si sente affatto una nullità: “Tardigrado si trascinava lentamente sul muschio umido. Non sognava di diventare una rana o un ciaccolone. Gli bastava la sua vita, si godeva quello che aveva e non era per niente una nullità, anche se a causa della sua piccolezza passava spesso inosservato.” Con lui Pigolino ritrova la serenità.
Che dire poi dei nostri amici terrorizzati da una nebbia fitta? Qualcuno ha parlato a sproposito di fine del mondo, una falsa notizia che si ingrossa e si allarga insieme al terrore: per fortuna Occhiolungo li fa ragionare mentre passano la giornata tutti insieme a raccontarsi davanti al camino: “Mia nonna diceva sempre che un dolore condiviso è un dolore dimezzato”, è la riflessione di Gracchio già sollevato al pensiero del cibo che si sta preparando.
Riccio, guardiano del faro, illumina la stanza con la luce delle lucciole raccolta dentro un barattolo molti anni prima, il suo tesoro; pur amante della solitudine, accoglie un Pulcinella di mare che sogna di fare il pirata e lo asseconda nell’illusione, facendogli pirateggiare tutte le cianfrusaglie di cui si vuole liberare. Ma non la lampada di luce.
Poi c’è Talpazio, che ha costruito una casa lavorando da sottoterra in mezzo al bosco e ai rovi, e scrive e scrive, e mostra i suoi tesori: “Eccoli, i miei tesori. Non mi intendo di oro e gioielli, ma a ognuno di questi libri ho dedicato tempo e riflessioni.” Questa è come una firma di presenza della scrittrice a cui non sfuggono aspetti discutibili e anche condannabili della nostra società, e li dissemina in un mondo di creature che ispirano tenerezza: nelle loro fragilità, nelle false convinzioni, ossessioni, paure, errori, nel bisogno di conferme, nella ricerca faticosa della verità – che un poco rimanda a Winny Pooh – e nel loro risultare fondamentalmente umani, più degli umani stessi.