IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Luigi Latino l’impegno nell’arte

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Luigi-Latino-Opera

Luigi-Latino-Opera

Di Paolo Vincenti

Opera di Luigi latino

Luigi Latino, classe 1954, pittore e poeta, espone due sue opere (Limitatori di libertàTortura ) tolte ad una produzione ormai cospicua di una carriera pluridecennale  sempre in prima linea, orgogliosamente militante.

Studiare la semiotica della sua arte visiva vuol dire comprendere che cosa il segno di questi quadri voglia significarci e comunicarci, cogliere le relazioni di senso che essi cercano di instaurare. Ma trattandosi di arte informale ciò è più difficile, poiché la pittura di Latino non rientra né nel figurativo né nel puramente astratto. Vi è inoltre, in alcune opere di tecnica mista, una commistione fra pittura e scultura, secondo l’insegnamento delle avanguardie storiche e del loro messaggio fortemente provocatorio. In questo senso, Luigi Latino potrebbe essere considerato un epigono del grande Jackson Pollock che con la sua singolare tecnica ha influenzato fortemente tutto il movimento di questo tipo di pittura istintiva e impulsiva. 

Comunque, il processo di rinvio di questi segni mi porta ad una costante, palpitante, urgente voglia di libertà che Latino esprime non solo in queste tele ma in tutto il suo discorso pittorico. Anzi, le sue tele sembrano i singoli episodi di una narrazione artistica partita da anni e che non si sa se e come troverà uno sbocco compiuto, finito, nella continua ricerca dell’informale sua visione. Il riferimento più autorevole che mi viene in mente è all’arte di Alberto Burri, indiscusso maestro italiano dell’informale. Latino utilizza materiali dei più diversi, in quanto attraverso di essi l’artista esprime la propria concezione del mondo, e infatti non troviamo mai superfici lisce e morbide, che ci trasmetterebbero un senso di dolcezza e armonia, ma invece superfici rugose, crespe, ruvide, che danno un’idea di disordine, conflitto, disagio.

  Un’idea claustrofobica della società attuale, insomma, un empito di ribellione scuote Latino nei confronti di tutte le gabbie mentali e fisiche nelle quali chi è in alto vorrebbe rinchiudere il pensiero (che invece deve essere libero, secondo l’assioma “Libera arte Libero pensiero” di cui Latino ha fatto un manifesto), una voglia corsara di scardinare le porte del sistema e rompere tutti  i chiavistelli che impediscono, costringono, riducono.   Le opere limitatori di libertà e tortura vogliono descrivere la negletta condizione dell’essere umano, la sua oppressione,  ed essere invito a finalmente affrancarsi.  Esortazione a rompere “muri, recinti, staccionate”, limitazioni di sorta, sia reali che mentali, “costituzioni, leggi, religioni, tradizioni, procedimenti inconsistenti”, come scrive Latino. Sprone a coltivare “il sogno e l’utopia” che sono state, dice l’autore, la ragione della sua vita.

L’opera limitatori di libertà è di carta tela e acrilico su tavola. Da questa, come pure da altre tele, emergono delle figure umane, appena riconoscibili, tragiche e ironiche al tempo stesso, che vogliono forse dirci della precarietà e labilità della nostra esistenza, del nostro essere solo pallide, sfumate comparse, nel gran palcoscenico della vita metropolitana alienata e disaggregata. I colori usati sono il rosso, il grigio chiaro, grigio scuro e nero. Nei suoi grovigli di pittura infatti le sagome umane in lontananza e i volti sembra che si inseguano, e i paesaggi da era postatomica sembrano evocare un imminente giorno finale. La sua arte è urlo violento e lotta disperata contro quel grande Moloch degli affari e della finanza a cui sempre più spesso si sacrificano vittime umane, contro le nefandezze, come le guerre, la fame, il latrocinio, la violenza esercitata dal più forte sul più debole.

E’ lo stesso Latino a spiegare il proprio messaggio artistico e poetico facendosi esegeta di se stesso. Un invito alla società tecnologica degli anni Duemila affinché deponga la sua visone economicistica e strumentale del mondo. Un flebile richiamo, certo il suo, quasi giovannea “vox clamantis in deserto”, un audace quanto disperato ammonimento che pochi si sentono oggi in animo di condividere, una battaglia di retroguardia, quindi. L’opera tortura, che è costituita da carta bulloni, corteccia di albero e acrilico su tela, è una denuncia contro tutte le forme di violenza e di negazione dei diritti umani che si perpetrano in ogni parte del mondo. I colori sono il grigio chiaro, grigio piombo e il nero. Quest’opera mi fa venire in mente quella poesia di Salvatore Quasimodo che recita: “Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte, t’ho visto- dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura…” 

Le denunce di Latino attraverso le sue opere, esposte nella sua piccola bottega- atelier nel centro storico di Galatina, hanno valore nello stesso momento in cui noi spettatori entriamo nel suo mondo simbolico e comprendiamo l’apparente paradosso secondo cui, attraverso il suo pessimismo, egli vuole comunicarci l’incomunicabilità (che è poi l’arte informale) e intessiamo con lui un dialogo estetico, con un rispecchiamento nella sua arte. Potremo così condividere le sue ribellioni contro le menzogne, l’edonismo sfrenato di questi anni, lo sfruttamento sul lavoro, i camuffamenti del potere, tutte le misure di ingiusta contenzione.  Sebbene non ci sia speranza nei colori scuri delle sue tele, non ci sia trascendenza, nelle sue tele poco rassicuranti, l’artista persiste nel suo  sforzo espressivo che è del tutto apprezzabile e convincente.

PAOLO VINCENTI

Pubblicato col titolo Luigi Latino: “Tortura” in “Human Rights. A cura di Spazio Tempo Arte, dal 10 agosto al 10 settembre, Specchia”. Catalogo della mostra. 2013

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