Ma lo sai che sei proprio #bruttarello? Vabbè, vieni a casa con me!

di Serena Milisenna
Che il fascino della “perfezione” stia perdendo un po’ di smalto lo sappiamo da qualche tempo. O da sempre, visto che spesso ci siamo accollati “casi umani” perché semplicemente rinfocolavano il nostro senso di protezione.
E nel #marketing di oggi il “non perfetto” si prende un bel po’ di scena. E mettiamolo volentieri sotto i riflettori! 😉
Si chiama “effetto Pratfall” e ne ho parlato durante una sessione di consulenza aziendale tenuta a #Milano e fa parte di alcune strategie di marketing che sto pianificando con alcuni clienti: le persone diventano più attraenti quando mostrano i loro difetti. E questo funziona anche per i prodotti (e qui scatta sempre la vostra domanda corale: “Serena, e i servizi?”. Pure i servizi!).
Se prendiamo come riferimento gli studi sull’advertising, gli statunitensi sono sicuramente i più bravi: sostengono una tesi fondata su una serie di ricerche legate ai #bias #cognitivi, scoperti nel ’66 da Elliot Aronson, psicologo della Harvard University.
Aronson, per portare avanti un esperimento, riprese un attore impegnato in una serie di domande a quiz. Nel video realizzato, l’attore rispondeva correttamente al 92% delle domande e, finito il quiz, fingeva di versarsi addosso, per sbaglio, una tazza di caffè. La registrazione fu mostrata ad un numeroso campione di studenti, a cui poi fu chiesto di valutare quanto fosse simpatico il concorrente. Aronson aveva diviso gli studenti in aule e mostrato due versioni diverse della registrazione: una con la scena del caffè versato e una senza. Gli studenti avevano trovato più simpatico il concorrente nel video in cui si sporcava tra mille scuse…
Quell’incidente maldestro – evidentemente – ha aumentato il suo “fascino” e lo ha fatto apparire più umano…più vicino – direi io – alle sfighe che tutti noi affrontiamo ogni giorno 🙂
Shotton, che è anche il fondatore di Astroten, una società di consulenza, portò avanti ulteriori esperimenti in questa direzione per far si che questa scienza comportamentale fosse applicata al marketing, che – alla fine – è una disciplina che si incarica di comprendere come attivare efficacemente i meccanismi di adesione a brand, prodotti o servizi.
Se allora analizziamo i #trigger (gli inneschi alla base dei processi decisionali) che fanno scattare le azioni, è possibile imparare a comprendere meglio ciò che porta un consumatore ad acquistare o scegliere un certo tipo di prodotto o servizio e ad aderire a certi valori aziendali.
Per questa via, allora, il mandarino che vedete in foto (che nello storytelling potrebbe anche chiamarsi a questo punto “Rino, l’aspro conquistatore”) dovrebbe avere la possibilità di esercitare tutto il suo fascino! E, in effetti, al di là della scelte estetiche fatte negli ultimi anni dalla GDO, posso assicurarvi che…è ampiamente dimostrato che tra due biscotti simili, ma con qualche piccola differenza, vince sempre quello meno perfetto!
In un esperimento condotto da Adam Ferrier, psicologo dei consumi, è stato chiesto a poco più di 600 persone (distribuite su scala nazionale) quale tra due biscotti simili, ma con contorni differenti, preferissero. La risposta (66%) è stata: “ruvido, quello ruvido e non quello perfettamente liscio”.
Che la piccola imperfezione abbia potenziato il suo fascino? Che ne pensate?
Ma perché vi parlo di questa cosa oggi?
Sicuramente perché un elemento importante e determinante nelle tecniche di #differenziazione (insomma quelle che usiamo per stare meglio sul mercato – per competere) è racchiuso oggi nel #brutto e nell’#imperfetto (che poi brutto e imperfetto a chi…o per chi?).
E DEO GRATIAS E MAGNO GAUDIO! Ve lo dicevo io che abbiamo tutti grandi chance!