IL PENSIERO MEDITERRANEO

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“NELLA TANA DEL RICCIO. Nulla terrorizza più dell’ignoto” Recensione a cura Di IDA RAMPOLLA DEL TINDARO

Nella Tana del riccio un libro di Sandra Guddo

Nella Tana del riccio un libro di Sandra Guddo

  Con questo romanzo, Sandra Guddo rivela nuove qualità narrative e  nuove fonti di ispirazione, che si aggiungono alle già ricche capacità dimostrate nelle opere precedenti, tutte legate alla sua formazione culturale , alle sue esperienze lavorative  e a una sua particolare sensibilità, che la porta sempre ad esaminare i problemi storici, sociali e umani della nostra epoca.   

 Nei racconti della raccolta Tacco dodici aveva presentato un quadro quanto mai significativo della vita di studentesse e ragazze di periferia, conosciute durante la sua attività di docente ma soprattutto di psicopedagogista nei quartieri a rischio di Palermo. Si trattava quindi di squarci e esperienze di vita esaminati e descritti con l’attenzione della studiosa ma anche con una forte carica di umanità che, dal punto di vista letterario, raggiungeva toni di notevole efficacia realistica e lirica nello stesso tempo. 

Nel romanzo “Le Geôlier si era ispirata, per il titolo, a una lirica di Prévert, il poeta francese cantore soprattutto della malinconia delle periferie e degli ambienti popolari con versi di un realismo amaro e delicato ma improntati sempre a un profondo amore per i diseredati e gi oppressi.  Nella lirica di Prévert il ”beau geôlier”, il bel carceriere, rappresenta, con la stessa contrapposizione dei termini, l’antitesi tra bellezza e violenza, il fatale conflitto tra individuo, colpa e società e l’eterno conflitto tra il bene e il male reso in tutta la sua drammaticità.

 Nella raccolta “Ciciri Racconti di terra di Sicilia” questi temi sono inquadrati in episodi legati alla realtà siciliana, alla storia e alla tradizione, i cui diversi periodi appaiono i tasselli di un mosaico quanto mai variegato, da cui emerge la multiforme civiltà isolana. Questa ispira anche la raccolta “Gramigna Storie di gente di Sicilia” il cui titolo ricorda una pianta infestante che diventa qui il simbolo di una vita siciliana dalle mille sfaccettature e  di un universo di dolore legato a difficili realtà umane e sociali. Ma il fascino di questa isola dai mille volti è legato anche a un’angoscia esistenziale che si abbina alla rappresentazione di verità essenziali.

   Tutti questi elementi appaiono anche nel romanzo “Nella tana del riccio”, dove trame passionali, vasti quadri d’ambiente e di costume, indagini psicologiche e inquietudini esistenziali sono avvolte in un’atmosfera dai risvolti esoterici che dà alla narrazione un nuovo fascino, quello dell’occulto e del mistero. É da sottolineare anzitutto l’originalità della trama.  Si tratta della storia di tre donne molto diverse, le cui personalità sono descritte con stile fluido e incisivo, sempre molto accurato nella scelta dei particolari, resi con vivacità ed efficacia.

 Della prima protagonista, Nilla, è resa con magistrale potenza la doppia natura, una più profonda e sommersa, l’altra razionale e cosciente. I due diversi aspetti sono divisi dalla sottile linea che separa la realtà dal sogno, una linea che, quando si spezza, rischia di far precipitare i due mondi in un caos primordiale.   Queste caratteristiche del personaggio giustificano le vicende che caratterizzano la sua storia, a cominciare dalla passione per la musica, la più immateriale tra le arti, con cui riesce a dar corpo e sostanza ad ogni apparente mistero, tramutato in melodia. La musica diventa una panacea, uno specifico miracoloso per la sua inquietudine esistenziale.  Ma a questa si aggiunge un nuovo elemento, strettamente legato alla formazione culturale dell’Autrice: l’amore per la filosofia e soprattutto per i grandi pensatori greci, tutti mossi dall’amore per il sapere ma nello stesso tempo da appassionati interrogativi sulla vita. In particolare, Nilla è affascinata dall’uomo delle caverne descritto da Platone, che non sa nulla di quanto avviene fuori e che viene da lei identificato con il senso di limitazione che la protagonista prova di fronte alla realtà, una realtà che le appare una verità irraggiungibile finché l’essere umano è intrappolato all’interno del proprio corpo e della propria dimensione temporale.

Alla realtà si contrappone ciò che è al di là, cioè appunto le ombre della realtà proiettate dentro la caverna in cui, dice Platone, siamo costretti a vivere.  Ma occorre anche evidenziare la mirabile sintesi con cui l’A., sempre a proposito di Nilla, riassume le varie soluzioni date dai filosofi ai problemi riguardanti il trascendente, il trascendentale e l’immanente, con il continuo riferimento all’amore per il sapere, all’ interrogarsi su ogni cosa, al” conosci te stesso” .  Attraverso le riflessioni e le meditazioni di Nilla, riaffiorano dunque tutte le varie risposte date dai filosofi ai problemi della vita oltre le morte.

 Un secondo personaggio, Luisa, è legato durante la sua vita terrena a un mondo particolare, quello della nobiltà, che l’A. sa, come al solito rievocare, attraverso abili ricostruzioni ambientali che si accompagnano anche ad accurate indagini storiche e psicologiche relative alla particolare mentalità di quel ceto sociale.

 Rita, la terza donna del romanzo, rappresenta un’altra realtà, quella di una donna del popolo, legata per di più ad ambienti di vizi e di miseria, ma con una forte aspirazione a una vita familiare sana e normale che riesce in un primo tempo, sia pure con molte difficoltà, a realizzare.  In queste storie diverse, tra vicende varie e colpi di scena d’ogni genere, si inserisce a un certo momento il mistero, con fenomeni strani legati alla musica, che portano ad affacciarsi sul “baratro dell’ignoto”, ma si intrecciano con le vicende umane, con passioni improvvise, con desideri e sentimenti inconfessabili, con fantasie morbose, con laceranti scoperte sulle reali motivazioni di certe azioni umane. Si tratta, come sempre, di una meditazione equilibrata e sofferta su realtà variegate e complesse. E anche il riccio, che con i suoi aculei, quando si avvicina, sia pure a fin di bene, rende più acute le ferite, è un’immagine originale e significativa che può ispirare profonde considerazioni. Attraverso abili tocchi, che vanno naturalmente interpretati, l’A. offre le chiavi per sciogliere problemi ed enigmi. 

  A questo si aggiunge ancora una volta, come in Tacco dodici, l’eco di esperienze didattiche fatte dall’Autrice in scuole di periferia, con il ricordo di valutazioni basate su stereotipi da parte di insegnanti strettamente legate alla tradizione e refrattarie a qualsiasi innovazione. Anche la rievocazione del ’68, con i commenti sulle sue giuste rivendicazioni ma anche sui suoi effetti negativi è una pagina notevole che riflette l’acuto sguardo che Sandra Guddo rivolge sul mondo, sulla storia e sulla scuola. 

Ma alle vicende reali, perfettamente studiate e descritte, si contrappongono i fenomeni paranormali, con la presenza misteriosa che sconvolge l’esistenza della giovane Caterina, l’allieva di Nilla.

 Gli avvenimenti che collegano i vari personaggi si intrecciano in maniera imprevedibile e infine precipitano come in un autentico thriller. Lo stile, incalzante, si serve di tutte le risorse della letteratura poliziesca per tener desta la curiosità, dimostrando, come era già avvenuto in Le Geôlier, che un giallo può esprimere, con un’atmosfera di intima tensione, anche l’introspezione psicologica e l’analisi sociologica ma soprattutto la segreta interiorità dell’uomo e la sua aspirazione alla redenzione. 

Ancora una volta, come era avvenuto nelle precedenti opere di Sandra Guddo, lo studio dei caratteri si fonde con l’azione, e l’eterno conflitto tra il bene e il male è reso in tutta la sua drammaticità: qui, però, tutto è proiettato in una nuova atmosfera misteriosa a cui i fenomeni paranormali danno un fascino particolare.

Eros e Thanatos, vita e morte, peccato e redenzione, nel romanzo, si intrecciano continuamente, portando il lettore a riflettere su quei collegamenti tra vita terrena e ultraterrena a cui i filosofi, tante volte evocati, hanno cercato di dare una risposta. Anche la realtà siciliana, così sapientemente descritta nelle opere precedenti, fa da sfondo a vicende in cui la miseria e la ricchezza, il bello e l’orrido, il bene e il male convivono in perenne simbiosi.

E di questa realtà l’A. ancora una volta mette a fuoco con una forte carica di umanità tutti i problemi, tutti gli aspetti contraddittori, tutte le amare verità, alla luce di una forte analisi psicologica e sociologica.

 Si tratta dunque di un romanzo in cui realismo, capacità di sintesi, descrizioni paesaggistiche e urbane che, pur nella loro sobrietà di tocco, raggiungono toni di autentico lirismo, si abbinano a complessi e inquietanti interrogativi di carattere spirituale, a studi di carattere e ad acute analisi sociologiche. La delicata sensibilità di Sandra Guddo.  ispira la rievocazione di una realtà ricca di significati della quale, con uno stile scorrevole, limpido e accattivante e con grande chiarezza espositiva, viene colta tutta l’essenza.                                                                Ida Rampolla del Tindaro

Sandra Vita Guddo
Sandra Vita Guddo
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