Olivi secolari: Il super intensivo in crisi, un monito per la Puglia

Ulivi di Puglia
di Antonio Pistillo
In Portogallo, il modello super intensivo dell’olivicoltura sta mostrando i suoi limiti. Nella regione dell’Alentejo, migliaia di ettari sono stati riconvertiti in oliveti industriali, con impianti ad altissima densità, irrigazione costante e raccolta meccanica.
Questo modello, promosso da grandi gruppi internazionali per produrre olio a basso costo, si è rivelato insostenibile sotto molti aspetti, il consumo d’acqua ha messo a rischio le riserve idriche sotterranee, la biodiversità è stata compromessa dalla monocoltura, i piccoli produttori sono stati espulsi dal mercato e il paesaggio tradizionale è stato cancellato. Una crisi che rappresenta un campanello d’allarme anche per l’Italia, e in particolare per la Puglia, regione simbolo dell’olivicoltura mediterranea.
È vero che anche da noi la manodopera scarseggia e che molti olivicoltori ricorrono, per necessità, alla raccolta meccanizzata.
Ma è altrettanto vero che i nostri oliveti custodiscono un patrimonio unico; migliaia di alberi secolari, spesso monumentali, che raccontano la storia, la cultura e l’identità del territorio. Non possiamo permettere che questo tesoro venga sacrificato in nome della produttività a tutti i costi.
Le cultivar pugliesi, come la Coratina, l’Ogliarola, la Peranzana, sono espressione di biodiversità, adattamento climatico e qualità organolettiche inimitabili.
Il rischio, rincorrendo modelli industriali, è quello di perdere queste varietà millenarie e uniformare il gusto, la tecnica e persino il paesaggio.
La sfida oggi è coniugare innovazione e tutela. Meccanizzare, dove necessario, sì, ma senza snaturare gli impianti storici. Valorizzare gli oliveti secolari come risorsa economica e turistica. Puntare sulla filiera corta, sulla tracciabilità, sull’oleoturismo e sulle certificazioni di qualità. Non dobbiamo diventare la copia di un modello agricolo che, in altre aree d’Europa, sta già mostrando le sue crepe. Possiamo, invece, proporre un’alternativa: quella di un’olivicoltura mediterranea sostenibile, rigenerativa, capace di custodire la terra e insieme di generare valore. Difendere i nostri oliveti non è solo una questione agricola, ma una responsabilità culturale e paesaggistica. È un dovere verso chi ci ha preceduti e un impegno verso chi verrà.
Il Nostro impegno è quello di salvaguardare le nostre “Cultivar” riducendo l’impatto delle colture industriali che potrebbero distruggere anni di buone pratiche agricole!
Antonio Pistillo