Pablo Picasso e il chitarrista cieco 

di Anna Maria Nuzzo

Un mendicante cieco, vestito di abiti logori e consunti, appoggiato ad un angolo di strada, suona quello che forse è l’unico oggetto rimastogli: una chitarra. La forma tondeggiante e curvilinea di quest’ultima contrasta con il corpo longilineo, scavato e a tratti spigoloso del soggetto dipinto, che rimanda un senso di stanchezza, sofferenza e assenza di forza di vivere.

Queste le sensazioni che ho provato la prima volta che l’ho visto, unite a un interesse particolare suscitato non dalla fama del nome dell’artista ma proprio dalla composizione del dipinto: i suoi colori, le sue tonalità… Come ha fatto Picasso a dipingere in quel modo? Come è riuscito a rappresentare così dettagliatamente sia l’aspetto che l’essenza di quel vecchio suonatore?

Documentandomi ho scoperto che Picasso ha realizzato questo dipinto nel 1903, in un periodo triste della sua vita. Un caro amico, Carlos Casagemas, era morto suicida a Parigi per amore. Ossessionato da questa tragedia, Picasso compie un’importante svolta nella sua pittura: nelle sue tele iniziano a prevalere i toni del blu, coi quali si rivela un’inquietudine personale. Questo periodo, durato circa tre anni, è chiamato dagli storici dell’arte Periodo Blu.

A parte le motivazioni private e personali che lo spinsero a produrre un’opera del genere, non credo che Picasso fosse cosciente del fatto che avrebbe regalato al mondo un’opera dal forte valore sociale. Un invisibile, un dimenticato che si aggrappa alla sua unica àncora di salvezza, a quella chitarra che è il suo oggetto più caro, l’unica gioia della sua vita, nonché sua ultima speranza.

“Il vecchio chitarrista cieco” (dipinto su tela, 121×92 cm) è conservato presso l’Art Institute of Chicago.