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Papa Giovanni Paolo II e Papa Francesco: due visioni del papato a confronto

di Pompeo Maritati

Nel corso della storia della Chiesa cattolica, il papato ha rappresentato non solo una guida spirituale, ma anche un simbolo culturale e politico che ha influenzato profondamente il mondo occidentale e oltre. Due figure emblematiche e fortemente mediatiche che hanno segnato epoche distinte del pontificato contemporaneo sono Karol Wojtyla, Papa Giovanni Paolo II, e Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco. Entrambi i Pontefici hanno saputo incidere nel tessuto ecclesiale e sociale del proprio tempo, ma con modalità, approcci e contenuti profondamente differenti. La presente relazione intende offrire un’analisi comparativa, spogliata da quella narrazione agiografica e mediatica che soprattutto nel caso di Giovanni Paolo II ha contribuito a costruire un’immagine santificata, a tratti retorica, mettendo invece a fuoco le implicazioni concrete delle azioni, delle scelte politiche e delle battaglie sociali condotte dai due Papi.

  1. Il contesto storico e culturale

Karol Wojtyla viene eletto Papa nel 1978, nel pieno della Guerra Fredda, in un’epoca in cui la Chiesa cattolica si ritrovava a dover ridefinire il proprio ruolo nel mondo globalizzato, dopo il Concilio Vaticano II. La sua figura, proveniente da un Paese comunista, fu percepita immediatamente come un simbolo di resistenza spirituale contro i regimi totalitari dell’Est Europa. Al contrario, Jorge Bergoglio, salito al soglio pontificio nel 2013, si trova ad operare in un contesto profondamente diverso: crisi economiche mondiali, diseguaglianze crescenti, emergenze ambientali, e un diffuso senso di disillusione verso le istituzioni religiose.

  • Immagine mediatica e carisma personale

Giovanni Paolo II è stato definito “il Papa delle folle”. Abile comunicatore, grande oratore, Wojtyla ha saputo utilizzare i media come strumento di evangelizzazione e di costruzione della propria immagine. La sua figura atletica, la teatralità dei gesti, la partecipazione agli eventi mondiali (come le Giornate Mondiali della Gioventù) hanno costruito intorno a lui una figura quasi mitologica, rendendo talvolta difficile distinguere tra carisma personale e reale impatto sociale.

Papa Francesco, al contrario, ha abbracciato fin da subito una comunicazione più sobria, più diretta, a tratti dissonante rispetto alla tradizione vaticana. Il rifiuto del palazzo apostolico, l’utilizzo di mezzi di trasporto semplici, la scelta di parlare a braccio, di mostrarsi umano e vulnerabile, hanno costruito un’immagine diametralmente opposta a quella del predecessore. Bergoglio ha preferito un approccio che privilegia la sostanza alla forma.

  • Il rapporto con la politica e il potere

Il suo sostegno a Solidarnosc in Polonia, la sua insistenza sulla libertà religiosa e la sua influenza sugli equilibri internazionali hanno fatto di lui una figura politica a tutti gli effetti. Tuttavia, questa posizione lo ha anche portato a mantenere una vicinanza, non sempre critica, con poteri conservatori e con ambienti politici e finanziari poco trasparenti. Il suo silenzio su alcune questioni spinose, come le dittature in America Latina, le relazioni con le banche vaticane e il mancato ascolto delle vittime di abusi, hanno sollevato più di una perplessità.

Papa Francesco ha invece collocato il suo papato su un asse dichiaratamente opposto: ha denunciato con forza l’idolatria del denaro, ha preso posizioni radicali contro le mafie, contro la tratta di esseri umani, contro l’inquinamento e la distruzione del pianeta. Ha criticato apertamente il capitalismo sfrenato, la finanza speculativa e le diseguaglianze economiche. Ha cercato il dialogo con i movimenti popolari, con gli emarginati, con i poveri. In tal senso, il suo pontificato si configura come una vera e propria rivoluzione sociale.

  • I disagi sociali e la Chiesa dei poveri

Giovanni Paolo II ha promosso un’immagine spirituale della sofferenza, spesso legata alla croce, alla redenzione, alla preghiera. Il suo messaggio era più orientato alla sopportazione cristiana del dolore che a una lotta politica contro le sue cause. Questo approccio, per quanto coerente con la sua visione teologica, ha lasciato spesso inascoltate le grida degli ultimi.

Papa Francesco ha invece voluto incarnare il concetto di una “Chiesa in uscita”, che va incontro alle periferie esistenziali, sociali e geografiche del mondo. La sua attenzione per i migranti, i senzatetto, i rifugiati, non è stata solo retorica, ma ha trovato traduzione concreta in iniziative, strutture, risorse economiche. La sua enciclica Laudato si’ ha rivoluzionato il modo in cui la Chiesa affronta le questioni ecologiche, legandole indissolubilmente alla giustizia sociale.

  • Rapporti con la Curia e le resistenze interne

Giovanni Paolo II ha avuto un rapporto ambivalente con la Curia romana. Da un lato ne ha consolidato il potere, dall’altro non ha promosso una riforma strutturale. Ha nominato numerosi cardinali conservatori, rafforzando una visione ecclesiale rigida, spesso ostile al cambiamento. La gestione delle crisi interne (come quella legata a Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo) ha mostrato una certa tendenza a coprire, più che a denunciare.

Francesco ha cercato fin dall’inizio di riformare la Curia, trovandosi però davanti a resistenze fortissime. Ha denunciato pubblicamente le malattie spirituali dei funzionari vaticani, ha riorganizzato dicasteri, ha voluto una maggiore trasparenza nelle finanze vaticane. Ma il suo cammino è stato ostacolato, lento, segnato da sabotaggi interni e da forti opposizioni anche tra cardinali.

  • Dottrina e pastorale

Giovanni Paolo II ha mantenuto una visione tradizionale della dottrina cattolica. Ha ribadito il no al sacerdozio femminile, ha confermato l’opposizione alla contraccezione, ha difeso la famiglia tradizionale, opponendosi apertamente al riconoscimento delle unioni omosessuali. La sua teologia del corpo ha avuto un forte impatto, ma è stata anche criticata per la sua idealizzazione del rapporto sessuale e della famiglia cristiana.

Francesco pur non modificando formalmente la dottrina, ha invitato a un atteggiamento di misericordia, di ascolto, di accoglienza. Ha aperto la porta alla comunione per i divorziati risposati, ha promosso una riflessione inclusiva sui temi LGBTQ+, ha incentivato un approccio meno giudicante e più umano. Questo cambio di prospettiva ha attirato consensi e critiche, ma ha segnato un punto di svolta.

  • Conclusioni: due visioni inconciliabili?

A uno sguardo spoglio di retorica e mitologia, Giovanni Paolo II e Papa Francesco rappresentano due modelli opposti di Chiesa: uno fortemente identitario, conservatore, radicato nella tradizione e nell’immagine, l’altro inclusivo, pastorale, attento al sociale e alla realtà concreta delle persone. Se Wojtyla ha saputo risvegliare l’orgoglio cattolico in un’epoca di smarrimento ideologico, Francesco ha invece posto la Chiesa davanti alle sue responsabilità storiche, abbandonando l’autoreferenzialità per abbracciare la povertà del mondo. Il primo ha affascinato le masse; il secondo ha cercato di ascoltarle davvero.

In definitiva, il giudizio storico su questi due Pontefici non potrà che tener conto del loro impatto reale sulla vita delle persone e non solo della loro capacità di occupare la scena pubblica. La santità non si misura con il numero di folle radunate o di viaggi compiuti, ma nella fedeltà concreta al Vangelo vissuto. E in questa luce, forse, l’umile passo di Francesco tra i baraccati del mondo pesa più, spiritualmente e storicamente, della maestosa presenza di Wojtyla tra le ovazioni planetarie.


Papa Francesco