IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Pensiero Europa

Karl Marx

di Paolo Protopapa

Conoscere dei giganti come Croce o, nelle fasi cruciali della formazione, Hegel ( che definì la storia “mattatoio dell’umanità”) e, ancora, specialmente Marx o Heidegger e, soprattutto e più di recente, Kelsen e Schmitt, significa, probabilmente, non potersene liberare più. Le loro spire avvolgenti e sinuose, labirintiche e insidiose, avvinghiano Biagio de Giovanni, che vedeva Benedetto Croce di primo mattino a Napoli e non si limitava a studiarlo, chiosarlo e immaginarlo. Toccava – l’autore del bellissimo (tra gli ultimi saggi) ‘Marx filosofo’ – con lo sguardo avido di curiosità la figura più importante del dopoguerra repubblicano e laico di un’Italia civile e speranzosa. E penetrava, col pensiero critico, tipico del ventenne voglioso di conoscenza, lo stratega maturo del liberalismo difficile nell’Italia referendaria e democratica del ’48. L’Idea di Europa – ecco il tèlos che si dipana dal pre-crocianesimo al post-crocianesimo – domina dall’ultimo Ottocento sino a questo drammatico scorcio storico contemporaneo.
Ne scrisse, tra i tanti, Luigi Salvatorelli, mentre oggi “L’euforia dei diritti”, il “panorama sconfortante” e “la crisi aperta della democrazia rappresentativa in agonia” per de Giovanni accreditano Croce “oggi più che mai” pensatore d’Europa. “Non siamo guerrafondai ma abbiamo rigettato il mito della impossibile pace perpetua” scrive Biagio de Giovanni su ‘Il Riformista’ del 23 Ottobre del 2024.

Una posizione limpida e quasi ai limiti della spietatezza, quella di de Giovanni. Entro le cui coordinate teoriche e argomentative trovano presenza legittimattice sia Vico, di cui assume quale causa del periclitante genere umano i tre ‘vizi capitali’ della “ferocia, l’avarizia, l’ambizione”. Ai quali aggiunge nell’agone della supremazia il dominio della “violenza creativa” dell’Occidente. La peculiarità di queste riflessioni degiovannee non riguarda tanto la robustezza e acutezza del suo ben noto pensiero filosofico, quanto la confessione a cuore aperto di una rinuncia, giudicat mitica e impossibile, della pace perpetua.
Non sappiamo dire, sinceramente, se un tale realismo – già originariamente, programmaticamente e realisticamente kantiano, aggiunga o sottragga nulla al desiderio insopprimibile della pace per gli uomini. Può darsi che al pessimismo inquieto di de Giovanni (e di numerosissimi pensatori pensanti) sia preferibile “l’utopia positiva” del mai studiato abbastanza Karl Mannheim di oltre un sessantennio fa. Sta di fatto che il momento drammatico che stiamo vivendo esige, accanto al fondamentale ottimismo della volontà degli uomini buoni e giusti, anche e immancabilmente il pessimismo dell’intelligenza critica dei filosofi, ricchi di valori e di misura ragionevole contro l’ “Euforia dei diritti”.

Paolo Protopapa

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