di Paolo Protopapa
Il problema di una scuola educativa, e non prevalentemente istruttiva, resta al centro di ogni società aperta e democratica. Tanto più in questa fase di agitazione politica da parte di un governo di Destra incline a confondere l’egemonia con la propaganda. A tal proposito mi sembra interessante ricordare che qualche anno fa, tra i tanti studiosi, Il nostro collega, professore di Filosofia, Storia e Educazione Civica del Liceo Scientifico ‘Giulio Cesare Vanini’ di Casarano, Luigi Marrella, lavorò ‘sul campo’ di quella pedagogia del ventennio mussoliniano-gentiliano che oggi, da vari soggetti istituzionali, è tristemente e pericolosamente in corso di rivalutazione. Studiando le carte e le procedure didattiche della scuola fascista, confluite in una pregevole ed organica elaborazione critica e, tra gli altri, nel bel saggio ‘I quaderni del duce’, il prof. Marrella ha tracciato il quadro incontestabile di quel sistema scolastico per fortuna desueto e felicemente obsoleto.
La nostra cultura post-totalitaria, sia sul piano cronologico, sia sul piano teoretico, ci immette, invece, in un orizzonte affatto antagonista e alternativo a quelle pratiche di plagio e di imbonimento autoritario. Autoritario, dunque, perché totalitario; e totalitario perché palesemente autoritario. Un modello – se vogliamo essere giusti e severi sino in fondo – di evidente anti-pedagogia, fondata sul verticismo gerarchico dell’insegnamento, sul burocratismo apicale dell’organizzazione e dell’ ideologizzazione dei contenuti disciplinari.
Noi stessi, scolari ancora nella metà degli anni Cinquanta del ‘900 e alunni liceali sino ai salutari e liberatori conati rigenerativi del ’68-69, sperimentammo quel triste retaggio di natura conservativa e con forti tratti reazionari. Si pensi soltanto allo jato (non ancora colmato) tra cultura umanistica e saperi tecnico-scientifici, scissi dal rango di una supponente licealità, più declamata che realizzata in una società in intensa trasformazione e europeizzazione. Vera Paidèia è, invece, quella che si fonda sulla costruzione difficile, duratura e permanente (senza pause durante l’intera esistenza) di un pensiero critico e di costante auto-educazione.
Laica e, soprattutto, illuminata da valori fondativi e per nulla retrogradi, ogni autentico processo di formazione culturale è attraversato dalla fecondità del dubbio e dal virus, utilmente contagioso, della solidarietà inter-umana, indirizzata verso i fini etici della giustizia sociale che costituzionalmente ci proponiamo. E senza i quali l’uguaglianza e il rispetto sacro e inderogabile della e delle libertà individuali (e comunitarie) stingerebbero a meri ‘Flatus vocis’. Insegniamolo pertanto,ai nostri giovani, assorbendo con il dialogo – e con la reciprocità responsabile dei doveri – l’imperativo della lotta per gli ideali di un destino democratico difficile quanto inesorabile nel mestiere educativo.
Paolo Protopapa

