Pietra Barrasso: il “Maestro della luce” e la sua odissea artistica tra sacro e profano

Il "Maestro di Luce", Pietra Barrasso
di Simona Mazza
Pietra Barrasso incarna una delle voci più singolari e riconoscibili del panorama artistico contemporaneo. La sua opera si articola come un cammino visionario, in cui la luce non assume soltanto un valore estetico, ma si configura come principio rivelatore, soglia simbolica tra mondi interiori e dimensioni trascendenti. Acclamata come “Maestro della Luce”, Barrasso esplora la tensione tra sacro e profano attraverso un lessico pittorico denso di stratificazioni emotive e richiami spirituali, dando forma a un’odissea artistica che affonda le radici nella contemplazione e si apre all’estasi del visibile trasfigurato
Intervista all’artista Pietra Barrasso
Maestro Barrasso, la critica l’ha insignita del titolo di “Maestro della Luce”. Come è nata questa sua peculiare fascinazione per la luce e in che modo essa si manifesta nel suo linguaggio pittorico?
La luce per me è sempre stata più di un semplice elemento visivo: è emozione, energia, vita. Fin da bambina ero incantata dai giochi di luce che si riflettevano sulle superfici, dalle sfumature che cambiavano con il passare delle ore. Questa fascinazione si è poi trasformata in una vera e propria ricerca artistica.
Nel mio linguaggio pittorico, la luce non è solo un dettaglio, ma la protagonista. Attraverso il colore, la materia e il movimento cerco di catturare la sua essenza, di farla vibrare sulla tela. Voglio che chi guarda le mie opere possa sentire quella luminosità interiore, quella sensazione di armonia e speranza che la luce sa trasmettere.
Nata a Venticano (provincia di Avellino) e formatasi all’Accademia di Belle Arti di Napoli, la sua carriera è costellata di incontri con figure emblematiche dell’arte contemporanea, come Antonio Corpora. In che misura queste esperienze hanno influenzato la sua evoluzione artistica?
Ogni incontro importante nella mia vita artistica è stato come una scintilla, un’occasione per crescere e vedere l’arte con occhi nuovi. Studiare all’Accademia di Belle Arti di Napoli mi ha dato una solida base, ma sono stati gli incontri con grandi maestri, come Antonio Corpora, a farmi comprendere davvero la libertà del segno, del colore, della luce.
Corpora, in particolare, mi ha trasmesso la passione per la pittura intesa come energia pura, come vibrazione cromatica. Osservare il suo lavoro e dialogare con lui mi ha spinta a esplorare nuove strade, a osare di più, a dare sempre più spazio alla luce come elemento vivo e pulsante nelle mie opere. Ogni esperienza, ogni confronto, ha lasciato un segno nella mia evoluzione artistica, e ancora oggi continuo a nutrirmi di nuove suggestioni e incontri.
La sua produzione vanta oltre quattrocento mostre personali e numerosi riconoscimenti internazionali. Quali tra questi momenti considera pietre miliari nel suo percorso artistico e umano?
Ogni mostra, ogni riconoscimento ha rappresentato un tassello fondamentale del mio percorso, ma ci sono sicuramente momenti che porto nel cuore in modo particolare. Tra le pietre miliari della mia carriera artistica, ricordo con grande emozione alcune esposizioni in luoghi simbolici dell’arte internazionale, dove ho avuto l’opportunità di condividere il mio linguaggio con un pubblico sempre più vasto.
Ricevere premi e riconoscimenti è gratificante, ma ciò che mi emoziona di più è il contatto con le persone, le loro reazioni davanti alle mie opere, le storie e le emozioni che nascono da questi incontri. L’arte per me è prima di tutto comunicazione, un ponte tra anime. E ogni volta che vedo negli occhi di qualcuno quella scintilla, quella connessione con la luce che cerco di trasmettere, sento di aver raggiunto qualcosa di davvero importante, sia come artista che come essere umano.

La collezione “La Luce di Papa Francesco” rappresenta un ponte tra arte e spiritualità. Qual è stata la genesi di questo progetto e quale messaggio intende trasmettere attraverso le sue opere dedicate al Santo Padre?
La collezione “La Luce di Papa Francesco” è nata da un’esigenza interiore, da un’ispirazione profonda. La figura di Bergoglio mi ha sempre colpita per la sua umiltà, il suo messaggio di speranza e il suo modo di avvicinarsi alle persone con autenticità. Ho sentito il bisogno di tradurre in arte questa luce spirituale, quella stessa luce che cerco di esprimere nelle mie opere.
Attraverso questa collezione, voglio trasmettere un messaggio di pace, amore e rinnovamento. Ogni pennellata è un invito alla riflessione, un modo per raccontare la spiritualità non solo come concetto religioso, ma come energia che illumina il nostro cammino. La luce, per me, è simbolo di fede e di speranza, ed è questo che desidero donare a chi osserva queste opere: un momento di contemplazione, un’emozione profonda che parli direttamente al cuore.
Una delle sue opere raffiguranti Papa Francesco è esposta nella Basilica di Santa Maria in Portico a Roma. Può raccontarci il significato di questa collocazione e l’interazione tra l’opera e lo spazio sacro che la ospita?
Vedere una mia opera dedicata a Papa Francesco esposta nella Basilica di Santa Maria in Portico a Roma è stata un’emozione immensa. Questo luogo ha una storia e una spiritualità profonde, e sapere che il mio lavoro dialoga con quello spazio sacro mi riempie di gratitudine.
La luce, che è il cuore della mia arte, trova in una basilica un contesto perfetto per esprimersi: si fonde con l’atmosfera del luogo, con la preghiera, con il silenzio carico di significato. La mia opera dedicata al Santo Padre vuole essere un simbolo di speranza e di amore universale, valori che lui stesso incarna e trasmette con ogni gesto.
Credo che l’arte abbia il potere di amplificare la spiritualità di un ambiente, di avvicinare le persone al sacro in un modo visivo ed emozionale. E sapere che il mio dipinto può accompagnare chi entra in quel luogo, regalando un momento di riflessione e di luce interiore, è per me un dono prezioso.
Il suo stile, caratterizzato da una sinfonia cromatica e luministica, sembra evocare una dimensione trascendente. Quali sono le sue fonti di ispirazione e come riesce a tradurre l’ineffabile sulla tela?
La mia ispirazione nasce dall’osservazione della luce in tutte le sue forme: quella della natura, che cambia con il passare del giorno, quella interiore, che illumina l’anima, e quella spirituale, che si manifesta in modi spesso impalpabili ma profondamente percepibili. Ogni colore, ogni sfumatura che uso sulla tela è un tentativo di catturare questa essenza, di rendere visibile l’invisibile.
L’arte, per me, è un ponte tra il tangibile e il trascendente. Non si tratta solo di dipingere, ma di sentire, di lasciarsi guidare dalle emozioni e dall’energia che prende forma attraverso il colore e la materia. Uso la luce come linguaggio per esprimere ciò che le parole non possono dire, per evocare sensazioni profonde e universali. Il mio obiettivo è che chi osserva le mie opere possa percepire questa vibrazione, entrando in contatto con qualcosa di più grande, di spirituale, di infinito.
Guardando al futuro, quali progetti ha in serbo? Ci sono nuove tematiche o tecniche che desidera esplorare nel suo incessante dialogo con la luce?
Il mio percorso artistico è in continua evoluzione, perché la luce stessa è inafferrabile, mutevole, sempre nuova. Guardando al futuro, sento il desiderio di esplorare ancora più a fondo il legame tra luce, materia ed emozione. Sto lavorando su nuove opere in cui la luce non è solo rappresentata, ma diventa quasi tangibile, grazie a tecniche che esaltano la tridimensionalità e la profondità del colore.
Mi affascina anche l’idea di sperimentare con nuovi materiali, magari combinando la pittura con elementi che possano riflettere e diffondere la luce in modi inaspettati. Inoltre, sto sviluppando progetti che uniscono arte e tecnologia, per creare esperienze immersive capaci di coinvolgere lo spettatore in modo ancora più diretto e sensoriale.
L’arte, per me, è un dialogo senza fine con la luce e con chi la osserva. Ogni opera è una nuova scoperta, un viaggio in cui cerco di portare sempre più persone a condividere questa emozione luminosa.
In un’epoca in cui l’arte è spesso veicolo di denuncia sociale, come vede il ruolo dell’artista nel contesto contemporaneo? Ritiene che la bellezza e la spiritualità possano ancora fungere da catalizzatori per il cambiamento?
Oggi l’arte ha molte voci, molti linguaggi, e credo che ogni artista abbia il compito di esprimere la propria verità. In un’epoca segnata da incertezze e conflitti, l’arte può essere un grido di denuncia, ma può anche essere un rifugio, un ponte verso qualcosa di più grande. Io ho scelto di portare avanti un messaggio di luce, bellezza e spiritualità, perché credo fermamente che questi elementi abbiano ancora il potere di trasformare le persone e, di conseguenza, il mondo.
La bellezza non è evasione, ma rivelazione. Ci aiuta a vedere oltre l’oscurità, a riscoprire valori profondi e universali. La spiritualità, nella sua accezione più ampia, non è solo fede, ma anche consapevolezza, connessione con noi stessi e con gli altri.
Ritengo che un’opera d’arte possa essere un catalizzatore di cambiamento proprio perché risveglia emozioni, pensieri, sensibilità sopite. È un seme che si posa nell’anima di chi la osserva, e che può dare frutti in modi inaspettati. Per questo continuo a dipingere la luce: perché abbiamo bisogno di ricordarci che, anche nei momenti più difficili, esiste sempre un orizzonte di speranza.
La sua arte ha attraversato confini geografici e culturali, trovando risonanza in contesti diversi. Come percepisce la ricezione delle sue opere all’estero e quali differenze ha riscontrato nell’approccio all’arte tra l’Italia e gli altri Paesi?
È sempre affascinante vedere come l’arte possa superare confini geografici e culturali, parlando una lingua universale fatta di emozioni e luce. Ogni Paese ha una sensibilità diversa nell’approccio all’arte, ma quello che ho notato ovunque è la capacità delle persone di lasciarsi toccare dalla luce e dai colori, indipendentemente dalle loro origini o esperienze.
All’estero, spesso ho trovato un pubblico molto aperto alla sperimentazione e all’innovazione, con una grande curiosità per il messaggio che un’opera trasmette. In Italia, invece, c’è un legame profondo con la tradizione e con la storia dell’arte, e questo crea un dialogo affascinante tra passato e presente.
Ciò che mi emoziona di più è vedere come la mia arte possa accendere emozioni diverse in ogni parte del mondo. Alcuni percepiscono subito la componente spirituale, altri si lasciano catturare dalla pura energia cromatica, ma in ogni caso si crea sempre un ponte, una connessione. E questo è il vero potere dell’arte: unire, comunicare, illuminare.
Infine, Maestro Barrasso, se dovesse lasciare un messaggio ai giovani artisti che si affacciano oggi nel panorama dell’arte contemporanea, quale sarebbe il suo consiglio per mantenere viva la ricerca della luce, sia interiore che artistica?
Ai giovani artisti direi di non smettere mai di cercare la propria luce, dentro e fuori di sé. L’arte non è solo tecnica o estetica, ma un viaggio profondo nell’anima, un dialogo continuo con il mondo e con le proprie emozioni.
È importante studiare, sperimentare, ma soprattutto essere autentici. Non abbiate paura di osare, di sbagliare, di seguire la vostra intuizione anche quando sembra andare controcorrente. La luce non è solo qualcosa che si dipinge, è un modo di vedere e di sentire la realtà.
E poi, non dimenticate che l’arte è condivisione: ogni opera è un ponte verso gli altri, un dono che può illuminare, emozionare, far riflettere. Se riuscite a trasmettere qualcosa di vero, di profondo, allora la vostra arte avrà già trovato la sua strada nel mondo.
