IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Racconti di Halloween: la leggenda del Castello di Sirmione

Ebengardo, Arice ed Elaberto

di Laura De Vita

Sul promontorio che digrada dolcemente verso le acque silenziose del Lago di Garda, si erge il Castello Scaligero di Sirmione, guardiano immobile di storie sopite e segreti sussurrati dal vento.

Nelle notti in cui il lago giace immobile sotto la luce pallida della luna, il Castello pare sussurrare tra le sue mura antiche una tragica storia d’amore e sangue: quella di Ebengardo e Arice.

Arice era una giovane donna di rara bellezza, giunta a Sirmione in fuga dalla guerra e dai saccheggi. Accolta con generosità nel maniero, trovò rifugio tra le sue torri. Ebengardo, il cavaliere signore del castello, rimase colpito dalla sua grazia e dolcezza, e presto se ne innamorò perdutamente. I due si sposarono e vissero un breve periodo di intensa felicità.

L’armonia venne spezzata da un’ombra venuta da lontano … un ospite inaspettato: Elaberto, cavaliere veneziano. Giunse al castello in una notte tempestosa e senza luna per trovare riparo e rifugio, ma trovò la bellezza straordinaria di Arice … e così, il suo cuore si riempì di desiderio e brama.

Posseduto da un’ossessione incontenibile e inarrestabile, Elaberto infranse l’ospitalità e durante la notte si introdusse nella camera di Arice per rapirla. La giovane, oppressa dal terrore, si ribellò, tentò di fuggire e iniziò a urlare disperatamente. Le sue grida squarciarono l’oscurità e il cavaliere, per paura di essere scoperto, pugnalò a morte la donna.

Ma Ebengardo aveva sentito le urla e si precipitò nella stanza dove trovò la moglie priva di vita sul pavimento, con la veste intrisa di sangue e gli occhi ancora spalancati dal terrore. Accecato dal dolore, afferrò la spada e si scagliò come una furia su Elaberto e, alla luce tremula di una candela, lo trafisse al petto.

Si dice che Ebengardo morì poco tempo dopo, consumato dall’angoscia e dalla solitudine, e che il suo spirito erri ancora fra le torri del castello cercando Arice, la sua sposa, e che il suo lamento s’innalzi ogni notte come un canto muto tra le pietre antiche.

Ma durante le notti tempestose, quando le fondamenta stesse del castello sembrano tremare, nei corridoi umidi e tra le mura avvolte dalla nebbia, anche l’ombra del cavaliere traditore appare. Con passo solenne e lo sguardo perso nel ricordo della promessa infranta, non riesce a trovare riposo, divorato dal rimorso.

Nel silenzio dell’alba, quel che resta è solo la memoria sbiadita dell’antica leggenda.
Le acque del lago, al mattino, si tingono ancora di rosso, come a ricordare l’eterno dolore di un amore spezzato dalla crudeltà, di un patto infranto e di anime che non trovano pace.

castello di Sirmione

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