Racconti di Halloween: Lucida Mansi e il patto col diavolo
di Laura De Vita
Nel cuore antico di Lucca, dove le mura sembrano respirare i segreti del tempo, aleggia ancora il nome di Lucida Mansi, una nobildonna bella come un angelo… e crudele come un demone.
Nata nel 1606 nella nobile famiglia Samminiati, la sua bellezza era tale che, quando attraversava le strade in carrozza, le donne si voltavano per invidia e gli uomini trattenevano il respiro come davanti a un’apparizione. Si diceva che il sole stesso, quando sfiorava la sua pelle, perdesse un raggio, e che nessuno specchio osasse rifletterla senza incrinarsi di desiderio.
Dopo un primo matrimonio fugace, la giovane Lucida divenne la moglie del ricco mercante Gaspare Mansi. La loro villa, tra i cipressi di Segromigno, divenne un palazzo di sfarzo e perdizione. Affreschi dorati, saloni illuminati da cento candele, musiche che non tacevano mai: tutto ruotava intorno a lei, alla sua bellezza, che pareva non sfiorire mai.
Ma dietro la grazia dei suoi sorrisi si nascondeva un’ombra: Lucida amava solo se stessa.
Gli specchi erano la sua compagnia più fedele … ne fece disporre in ogni stanza, su ogni muro, persino accanto al letto e dentro una Bibbia d’argento, così da poter guardare il proprio volto anche durante la preghiera. Le pareti riflettevano l’immagine di Lucida da ogni angolo: cento, mille volte il suo volto, la sua pelle, il suo desiderio di non svanire mai.
Ma una notte, mentre si pettinava i capelli davanti a uno specchio veneziano, notò qualcosa che non avrebbe mai dovuto apparire: una ruga sottile, impercettibile, come una crepa in un vetro perfetto. Fu allora che la paura le gelò il sangue.
Non poteva sopportare l’idea di invecchiare. Non lei, che credeva d’essere nata per essere eterna.
Si racconta che, in quella stessa notte, un uomo misterioso si presentò ai cancelli della villa. Alto, elegante, con un sorriso che pareva scolpito nel buio. Lucida lo fece entrare, attratta da un fascino che non sapeva spiegare.
Egli le promise ciò che desiderava: trent’anni di giovinezza immutata.
In cambio, chiese solo una piccola cosa: la sua anima, alla scadenza del termine.
Lucida rise … rise con quella leggerezza che solo chi non crede nel male sa concedersi … e accettò.
Il patto fu suggellato da un bacio che le bruciò le labbra come fuoco.
Passarono gli anni. Trenta, precisi come le perle di una collana. Lucida non mutò.
I suoi amanti si consumavano, le sue dame diventavano madri e poi vedove, ma lei rimaneva identica, splendida e crudele.
Nel cuore della villa, oltre un arco di pietra e una porta decorata con putti dorati, si apriva una camera ovale, la stanza degli amanti. Si diceva che, dopo le feste, la donna scegliesse un giovane ospite tra i più belli, lo conducesse in quella stanza e, con voce carezzevole, gli promettesse un amore eterno.
Nessuno, tuttavia, la rivedeva più con lo stesso uomo due volte.
Le serve mormoravano che, all’alba, dopo una notte di selvaggio piacere, una botola nascosta si aprisse sotto il letto di seta cremisi.
L’amante, ebbro di vino e lusinghe, precipitava in un pozzo profondo, dove lame lucenti attendevano nel buio come petali d’acciaio.
La botola si richiudeva e Lucida si specchiava ancora, immacolata, come se nulla fosse accaduto.
«La giovinezza ha un prezzo,» soleva dire, «e il sangue è il più fedele degli specchi.»
Poi venne la fatidica notte.
Il tempo era scaduto.
Lucida si svegliò con un sussurro nell’orecchio: “È l’ora, mia bella.”
L’oscuro Signore era venuto a riscuotere il debito!
Cercò di fuggire. Scalza, vestita solo di un velo, salì i gradini della Torre delle Ore nel cuore di Lucca, decisa a fermare le lancette dell’orologio.
“Solo un minuto in più” mormorava, salendo, “solo un minuto!”
Ma quando la campana batté la mezzanotte, l’aria si fece di brace.
Dalle tenebre apparve una carrozza di fuoco, trainata da cavalli neri.
Il misterioso uomo la attendeva, sorridente come trent’anni prima.
Lucida urlò, ma non vi fu pietà.
La carrozza la risucchiò e poi sfrecciò tra le vie di Lucca, attraversò le mura senza lasciare traccia e, infine, si inabissò nelle acque scure del laghetto dell’Orto Botanico.
Da allora, nelle notti di luna piena, Lucca tace.
Qualcuno giura di vedere una donna splendida emergere dal lago, con il volto perfetto, che si specchia nell’acqua cercando disperatamente la propria immagine.
Ma nell’acqua non si riflette nulla … perché il Diavolo, quando prende un’anima, porta via anche la sua ombra.
E ancora oggi, chi si ferma a guardare troppo a lungo il proprio riflesso nelle acque del laghetto, sente un sussurro gelido dietro di sé: «Vuoi anche tu restare giovane per sempre?»
E chiunque osi specchiarsi nel lago potrebbe sentirsi osservato.
Si dice che due occhi – freddi, disperati e ingordi – fissino ancora dal fondo, pronti a tornare.
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