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Ragazze e ragazzi della generazione now: Pier Lorenzo Pisano (seconda puntata)

Pier Lorenzo Pisano

Pier Lorenzo Pisano

di Enrico Conte

Dopo la tappa di Roma, dove è scesa Ginevra Leganza, il mio viaggio in treno continua verso Venezia dove incontro Pier Lorenzo Pisano, regista e autore di cinema, teatro, narrativa. Ha 34 anni, e gli algoritmi non lo collocano nella  generazione di Ginevra, ha la stessa età di mio figlio Danilo e di quella dei suoi amici, che mi sembrano, e non certo per loro colpa, proiettati perlopiù sul  presente. Ma, forse, “non c’è né passato, né futuro, ma solo presenti che si susseguono, un percorso, di continuo distrutto e ininterrotto, in cui tutti avanziamo”( Marguerite Yourcenar, ”Il tempo grande scultore”).

Si diploma in regia presso il Centro Sperimentale di Roma (Scuola Nazionale di Cinema). Esordisce col cortometraggio Così in terra, presentato in concorso al 71° Festival di Cannes, selezione ufficiale Nastri d’Argento, cinquina Globi d’Oro e selezionato in più di 50 festival internazionali. Il suo secondo cortometraggio Antiorario è prodotto e presentato dal 72° Festival di Locarno. Per il Teatro è stato autore in residenza presso il New York Theater Workshop e il Royal Court Theatre. Ha ricevuto i maggiori riconoscimenti per la nuova sceneggiatura e drammaturgia, tra cui i premi Riccione, Solinas, Tondelli, Hystrio. Ha pubblicato Il buio non fa paura (NN), Carbonio (Il Saggiatore), Per il tuo bene, Semidei (Einaudi). È attualmente artista associato presso il Piccolo Teatro di Milano. I suoi testi teatrali sono tradotti in 14 lingue e rappresentati in teatri e festival internazionali.

Al momento è in scena con “Semidei”, spettacolo di cui ha curato regia e testo, al Piccolo teatro di Milano dal 6 al 23 febbraio.

 Pier Lorenzo, gli chiedo, qual è il tuo demone, se ce ne fosse solo uno, che ti ispira e dal quale trai la forza drammatica dei tuoi testi?

Credo che scrivere sia molto simile a una pratica sportiva. Nel senso che è un muscolo che si può allenare, e che può atrofizzarsi se non è praticato con costanza. Ed è anche qualcosa che si fa in movimento. Ho letto moltissime interviste di scrittori che camminano per sbloccare il flusso delle idee. È una cosa in cui mi ritrovo molto. Anche quando si sta seduti, c’è sempre un movimento. Nel dialogo questa esigenza è ancora più forte. Ti viene da spingere fuori le parole, agitarle.

Viviamo un tempo fatto da castelli digitali e di sabbia, tenuti in piedi da altri castelli di rabbia: ti ritrovi in questo panorama?

I castelli di sabbia, in particolare, sono anche nel mio nuovo spettacolo. Mi piacciono molto, sono una manifestazione della volontà, dell’istinto umano di costruire senso e forme dal nulla. Anche una manciata di sabbia può essere modellata e trasformata in una sagoma riconoscibile, che sia un castello o una coda di sirena. Poi dalla sabbia proviene il silicio, che è la base della rivoluzione digitale. E il deserto è quello che potrebbe restare della nostra epoca, dal momento che i supporti che usiamo al giorno d’oggi hanno una durata breve, una decina di anni.

Una canzone di Francesco Guccini, dal titolo “Dio è morto”, fu inizialmente censurata prima che si accorgessero che, alla fine, diceva”se Dio muore è per tre giorni, poi risorge”. Quali sono le più grandi differenze tra gli anni ‘70 del secolo scorso e adesso?

Ricordo la prima volta che ho sentito questa canzone. Quando è arrivato quel verso inaspettato ho pensato che ci fosse una grande scrittura dietro. La prima cosa che mi viene in mente se penso agli anni ‘70 sono i film di Cassavetes e quella libertà formale. Ma hanno anche censurato la canzone di Guccini, come dici tu. Oggi ci sono anche tantissime modalità nuove, credo che sia un periodo molto fertile.

Se dovessi promuovere i tuoi lavori con uno spot pubblicitario, su cosa punteresti?

Sono molto diversi tra loro. Per “Carbonio” (andato in scena al Piccolo teatro nella stagione 23 e 24) abbiamo immaginato una campagna social che è esplosa e alcuni video sono diventati virali su Instagram e sono stati visti in tutto il mondo. Il più seguito credo abbia raggiunto più di venti milioni di persone.

Il gioco “Squid Game” è pensato secondo logiche darwiniane, è un gioco per la sopravvivenza, un mondo distopico che rappresenta le forme estreme del capitalismo. Quale spazio ha l’arte tradizionale in questo nostro tempo di  video giochi, dove si cerca di far partecipare l’utente e si creano ambienti emozionali?

Non credo che esistano categorie così nette. Ci sono molti videogiochi che rientrano a pieno nell’arte contemporanea. Credo che la molteplicità dei mezzi possa solo fare bene alla creatività.

Dall’Italia, e non solo dal Mezzogiorno, vanno all’estero molti ragazzi: cosa cercano che non trovano a casa? E cosa faresti per trattenerli, o attrarli sul  territorio?

Nel mio piccolo una cosa che faccio, e a cui tengo molto, è un bando di drammaturgia per under 30 che ho creato e che portiamo avanti da due anni. Si chiama “P.S. Prima Stesura”. Selezioniamo idee di testi teatrali di meno di 4000 battute. E poi ogni step successivo per i selezionati, fino alla prima stesura, è seguito da tutoraggio e retribuito. Questo meccanismo riprende la commissione a step che è la prassi nel Regno Unito e anche per la scrittura cinematografica. Servono occasioni, e retribuzione, per creare un terreno fertile per chi scrive, e per l’arte in generale. Al momento il bando è aperto, scade il 27 gennaio.

https://www.teatrobasilica.com/p-s-pagina-seguente

Se avessi la possibilità di organizzare una mostra di arte contemporanea  da cosa partiresti?

Sceglierei un concetto molto preciso. Per esempio, il cibo. E raccoglierei le varie rappresentazioni del cibo che sono state fatte dai primordi a oggi, dalle prime raffigurazioni di bovini rupestri, passando per “Il Mangiafagioli”, e “I mangiatori di patate”, ecc.

Uso spesso immagini, sculture, o opere d’arte nei miei spettacoli, ad esempio in “Semidei” ci sono molte rappresentazioni della guerra di Troia (uno schizzo di Rubens, “Ettore e Andromaca” di De Chirico, una statua di Mitoraj, i disegni di Schliemann dei reperti che ha trovato, e altre). Compaiono stampate su delle vele di nave, vengono issate su, in vari momenti dello spettacolo, una alla volta. Un coro ne fa l’ecfrasi concentrandosi su cose che spesso non si notano e mettendo in evidenza con ironia alcune contraddizioni, e poi le vele vengono tirate giù.

Se potessi collaborare con un Sindaco cosa gli proporresti di fare?

Mi piacciono molto le manifestazioni site-specific. Ad esempio si potrebbe mettere in scena qualcosa, se immaginiamo Trieste, nei bagni (ndr I Topolini, l’Ausonia, anni ’30). Le famiglie achee che guardano il mare e aspettano il ritorno a casa degli eroi? Oppure, pensando a un lavoro di più lungo periodo, una serie di laboratori di scrittura incentrati sulla storia della città, un qualcosa che possa restare per la comunità.

Finito di parlare con Pier Lorenzo, alterno la vista della campagna con l’ascolto delle notizie sulla guerra a Gaza, oggi firmano la tregua Israele e Hamas, e arriverà   anche il momento di quella in Ucraina.

Guardando fuori dal finestrino ho avuto la sensazione di intravedere il Casale di Malborghetto, lungo la via Flaminia, il luogo dove si sarebbe accampato Costantino prima di sconfiggere Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio e mi tornano in mente le parole che usava Dante quando, in un passo della  Commedia, descrive la terra vista da lontano come…”l’aiuola che ci fa tanto feroci” e nella quale, penso, indugia Pier Lorenzo cercando di dare voce a cose altrimenti indicibili.

 Trieste-Lecce 20 gennaio 2025

    Enrico Conte

Redazione di Trieste

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